Le farine in macrobiotica: quali usare e come usarle
Pubblicato
4 anni fa
Dealma Franceschetti
Foodblogger, autrice, insegnante di cucina e consulente macrobiotica
Quali utilizzare e le loro caratteristiche
La scelta della farina è molto importante per chi desidera curare la propria alimentazione.
Proviamo a individuare le differenze tra i vari tipi in commercio ed energetico del loro utilizzo dal punto di vista della macrobiotica.
In questo articolo ti consigliamo...
Integrale, semi integrale e raffinata
Queste definizioni indicano il tipo di lavorazione che è stato fatto sul chicco, quindi quanta parte esterna è stata asportata, ma anche quanto il seme è rimasto intatto oppure no, dal punto di vista nutrizionale.
Più la farina è raffinata e meno nutrienti ha conservato, come vitamine, sali minerali, omega 3 e fibre. Quindi è sempre meglio scegliere una farina poco raffinata oppure integrale.
La farina 00, la più raffinata di tutte, ha perso non solo la parte esterna ricca di fibre, di sali minerali e di vitamina B, ma anche il germe, che è ricco di vitamine del gruppo B, grassi polinsaturi e antiossidanti. Restano solo amidi e proteine, con pochissimi sali minerali.
Vediamo le diciture che troviamo in commercio per le farine di grano e di farro:
- Farina tipo 00 (detta anche “bianca”): la più raffinata, ha uno scarto del 50% e si perdono soprattutto vitamine, sali minerali, fibre e grassi preziosi.
- Farina tipo 0: molto raffinata, ma con uno scarto inferiore, del 28%.
- Farina tipo 1: un po’ meno raffinata della 0; lo scarto scende al 20%. È considerata una farina semi integrale, ma è più vicina al tipo 0 che al tipo 2.
- Farina tipo 2: è un’ottima farina semi integrale, un perfetto compromesso tra quelle più raffinate e quella integrale. Perfetta per i dolci che devono lievitare, perché meno pesante dell’integrale, ma ricca di nutrienti. Si scarta solamente il 15% della parte più esterna del chicco. Adatta per tutte le preparazioni.
- Farina integrale: si ottiene macinando il chicco intero, quindi con uno scarto dello 0%. È un’ottima farina, ma non sempre adatta, ad esempio per i dolci lievitati oppure per chi soffre di infiammazioni intestinali o per i bambini sotto i 3-4 anni. Inoltre, conservando il germe, quindi anche gli acidi grassi polinsaturi, irrancidisce se conservata a lungo. Sarebbe meglio farla in casa e usarla al momento, macinando il chicco in un piccolo mulino casalingo, che oggi è possibile acquistare e tenere in cucina.
Quale tipo di grano?
Oggi stiamo riscoprendo le varietà più antiche dei grani, che sono considerate migliori soprattutto per la tipologia del glutine che contengono, che sembra essere più digeribile e quindi più adatto a prevenire o gestire l’intolleranza al glutine.
Con la definizione di “grani antichi” si intende quelle varietà di grano precedenti alla mutazione indotta nel 1974 con cobalto radioattivo. Il grano ottenuto in seguito a questa mutazione, a cui sono seguite poi ibridazioni varie, è il grano che oggi è diffuso e più usato. Ma si ipotizza che proprio quella mutazione abbia creato un glutine più difficile da digerire.
Chi soffre infatti di gonfiore addominale e altri sintomi associati, a causa del glutine, vede ridurre i sintomi quando consuma grani antichi.
I cosiddetti “grani antichi” sono precedenti a questa mutazione e molti agricoltori stanno riprendendo a coltivarli. Ad esempio, possiamo trovare in commercio le varietà antiche Senatore Cappelli, Maiorca, Timilia, Gentil Rosso e tante altre.
Le troviamo in farina, ma anche sotto forma di pasta.
Farine di altri cereali diverse dal grano
Farina di orzo, di avena, di farro, sono ottime farine da sperimentare.
Nel caso del farro troviamo anche varietà molto antiche: monococco in particolare, ma anche dicocco e spelta.
Farine senza glutine
Farina di riso, di mais, di grano saraceno, di miglio, di quinoa, di amaranto.
La farina di mais è ottima non solo per la polenta, ma anche per le impanature.
Farine di legumi
Farina di ceci, di lenticchie e di piselli. Sono farine facili da trovare in commercio, con cui preparare ottime farinate, finte frittate, ma anche pancake, crepes, pastelle per friggere e tanto altro.
La macrobiotica sconsiglia invece la farina di soia, perché la soia gialla da cui è ottenuta è un legume poco digeribile. La soia gialla andrebbe usata nelle sue forme più digeribili che appartengono alla tradizione asiatica: tempeh, miso, salsa di soia, natto, tofu.
Le differenze energetiche nell’uso delle farine
La macrobiotica è una filosofia di vita che interpreta il mondo attraverso il Principio unico, basato su Yin e Yang. Da questo punto di vista, è bene conoscere innanzitutto la differenza energetica tra il chicco intero e la farina.
La farina è considerata più yin (quindi più debole) del cereale da cui è ottenuta, che è invece più yang (forte), perché solido, compatto, resistente.
La farina è una forma dispersa, debole, quindi usata in eccesso, può portare a debolezza.
La macrobiotica consiglia quindi di basare l’alimentazione soprattutto sull’uso del cereale nella forma in chicco e usare le farine in misura minore.
Anche nell’utilizzo, quindi nei metodi di cottura, ci sono differenze importanti da conoscere, in particolare nel caso delle farine dei cereali. Le farine del cereale cotte in forno diventano secche e dure, quindi possono creare nel corpo indurimento, tensione, secchezza, se usate in eccesso ovviamente. Parliamo di pane, pizza, fette biscottate, crackers, grissini, muffins, biscotti ecc.
Per evitare questo problema possiamo cuocere al vapore, ad esempio il pane e i muffins. La cottura al vapore è una cottura meno yanghizzante ed è umida, non secca come la cottura in forno.
Un altro modo per cuocere le farine senza il forno è in padella: crepes, pancake, piadine, chapati.
In un’ottica energetica yin-yang sono più adatti per un consumo più frequente rispetto alle farine al forno.