Perché ingrassiamo?
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4 anni fa
Il tasso di obesità e sovrappeso nella nostra penisola è in aumento. Secondo dati ISS (Istituto Superiore di Sanità), 4 adulti su 10 sono in eccesso ponderale.
Le cause sono spesso da ricercare nelle cattive abitudini alimentari ed uno stile di vita piuttosto sedentario.
Abbiamo, da una parte un introito eccessivo di calorie (troppo cibo e spesso di pessima qualità, con ingredienti che possono ingannare i meccanismi regolatori di fame e sazietà), dall’altra una ridotta attività fisica.
L’obesità, oltretutto, è correlata ad una serie di patologie, quali diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, ipertensione, apnee del sonno, scarsa autostima, depressione e persino tumori.
Quali sono i cibi che fanno più ingrassare?
In uno studio comparso sul New England Journal of Medicine, i principali fattori di rischio per il sovrappeso, risultano in seguenti (in ordine decrescente):
- patatine in busta
- patate
- bevande zuccherate
- carni processate
- carne rossa non processata
Poi abbiamo anche:
- burro
- dolci
- cereali raffinati
Risulta invece protettiva un’alimentazione ricca di verdura, frutta secca, cereali integrali, frutta, yogurt (leggi l'approfondimento "Prebiotici e probiotici: riequilibriamo il microbiota").
Dunque, ai primi posti ci sono le patatine fritte che, come lo zucchero, il riso bianco e il pane bianco, fanno schizzare la glicemia; e le bevande zuccherate che generalmente contengono sciroppo di glucosio fruttosio.
Questi cibi instaurano oltretutto dei meccanismi perversi che ci portano ad avere continuamente fame, dunque a mangiare sempre di più e ad ingrassare.
I meccanismi di fame e sazietà
Sono due gli ormoni che ricoprono un ruolo fondamentale nella regolazione dell’appetito e della sazietà: la leptina e la grelina.
La leptina aumenta il senso di sazietà (diminuendo quindi l’assunzione del cibo). È un ormone secreto dagli adipociti: se aumentano i depositi di grasso, le cellule adipose secernono più leptina per segnalare all’ipotalamo che è necessario ridurre l’assunzione di cibo. La leptina concorre anche a ridurre il peso e la massa grassa.
Abbiamo accennato al fatto che le bevande zuccherate (così come molti prodotti industriali) oggigiorno contengono sciroppo di glucosio e fruttosio.
Quindi, abbiamo, da una parte il glucosio che impatta sulla glicemia: questa sale e poi scende rapidamente a causa di un’eccessiva produzione di insulina da parte del nostro pancreas con conseguente condizione di ipoglicemia in cui non ci vediamo più dalla fame. Ed ecco che ciò ci porta a mangiare a più non posso.
Nel mentre, il fruttosio gioca un ruolo piuttosto rilevante nel ridurre il senso di sazietà. Infatti, un eccesso di assunzione di fruttosio nella dieta può interferire con il funzionamento della leptina. Se il funzionamento di questo ormone viene interdetto, il messaggio di sazietà non viene percepito e noi continueremo ad avere fame. Dunque, ad ingrassare.
Probabilmente lo sa bene l’industria alimentare che ha inserito lo sciroppo di glucosio fruttosio un po’ ovunque nei prodotti.
Un eccesso di fruttosio può, inoltre, ostacolare anche il corretto funzionamento dell’insulina, aumentando il rischio di resistenza insulinica e di sindrome metabolica.
La grelina, prodotta dal nostro stomaco, invia la sensazione di fame e riduce il dispendio energetico: quindi, ci fa ingrassare.
Da notare che la carenza di sonno fa aumentare la grelina e ridurre la leptina. Dormire meno di 6 ore al giorno incrementa del 30% la probabilità di aumentare di peso.
Attenzione anche allo stress!
In condizione di stress, il nostro cervello produce il neuropeptide Y (un neurotrasmettitore cerebrale), per segnalare alle cellule adipose di immagazzinare più grasso (come forma di protezione).
Consideriamo che anche l’essere a “dieta” (nell’accezione odierna di rigore e privazione) causa stress. Così come tutte quelle limitazioni che ci autoimponiamo: “Questo no, questo sì. Quanti grammi? Ma posso?”, e il pensiero sempre fisso sul quesito “Mi farà ingrassare?”.
Molto probabilmente sarà proprio il pensiero, generando stress, a giocare un ruolo decisivo nell’accumulare peso.
La dieta mediterranea
Nei soggetti normopeso, comunque, la leptina inibisce l’azione del neuropeptide Y. Sarebbe, quindi, ottimale non ostacolare il funzionamento della leptina, tornando a una alimentazione su base mediterranea (quella vera), incentrata prevalentemente su cereali non raffinati, legumi, verdura e frutta (compresa quella oleosa).
Ovvero, una dieta in cui non mancano i carboidrati (a lento rilascio) e i grassi (quelli buoni, come quelli presenti in legumi, olio extravergine d’oliva, frutta secca oleosa).
In questo modo, aumenteremo il senso di sazietà grazie a:
- colecistochinina (CCK), un peptide rilasciato dall’intestino tenue durante il pasto. La sua produzione è stimolata in particolare da un pasto ricco di grassi, per l’appunto
- peptide glucagone-simile 1 (GLP-1), anche questo rilasciato dall’intestino durante un pasto. Secreto in risposta all’assunzione di carboidrati.
Certo, è anche vero che la fame non è di solo cibo, possiamo quindi riempire i nostri vuoti anche trascendendo la materia e coltivando il nostro spirito.
Non dimentichiamo il contributo del microbiota
Abbiamo visto che il senso di sazietà aumenta a fronte dei rilascio del Peptide Glucagone-simile 1. Ebbene, questo viene prodotto dai batteri del nostro microbiota. Da cui, l’importanza di mantenere una condizione di eubiosi intestinale.
Oltretutto, i nostri amici lattobacilli e bifidobatteri, producendo acidi grassi a catena corta, contribuiscono ad aumentare il senso di sazietà, riducendo il rischio di assumere cibo in eccesso.
Possiamo mantenere un microbiota in eubiosi (equilibrio) grazie al nostro stile di vita e alimentazione mediterranea ed antinfiammatoria.
E ricordiamoci di masticare
Masticare a lungo aiuta a mangiare meno, in quanto offre l’opportunità di percepire il senso di sazietà ed interrompere l’assunzione di cibo in tempo utile.
Infatti, fornirà il tempo agli ormoni dell’appetito (colecistochinina, leptina e peptide glucagone-simile 1) di comunicare al cervello il messaggio: “Sono sazio!”: ci vogliono circa 20 minuti affinché questo feedback biologico giunga.
Una ricetta per ritrovare l’equilibrio: zuppa di miso con maitake e topinambur
Ingredienti per 4 persone
- 3-4 cm alga Wakame
- 6 funghi maitake
- 1 cipolla
- 1 carota
- 1 gambo di sedano
- 1 rizoma di topinambur
- acqua (1 lt)
- sale marino integrale
- 1 cucchiaino di miso a testa
Procedimento
Riempiamo una pentola di acqua e mettiamola sul fuoco. Quando l’acqua è calda (a 75° C circa si possono osservare delle bollicine sul fondo) aggiungiamo il sale (un pizzico). Portiamo ad ebollizione ed aggiungiamo l’alga ed i funghi, con l’acqua di ammollo.
Nel mentre, avremo tagliato le cipolle a mezzaluna che aggiungeremo all’acqua. Quindi le altre verdure, tagliate a dadini.
Cuociamo per circa 30 minuti. Trascorso questo tempo, preleviamo un mestolo di acqua di cottura e versiamolo in una coppetta. Uniamo il miso e sciogliamolo con un cucchiaio.
Serviamo la zuppa con un po’ di miso sciolto. Aggiungiamo, eventualmente, un po’ di succo di zenzero. Ed assaporiamo questa magnifica zuppa, masticando accuratamente ogni boccone.
Focus sugli ingredienti
Il miso è un magnifico ingrediente che non dovrebbe mai mancare nella nostra dispensa: arricchisce la flora batterica intestinale di lactobacilli, migliorando in tal modo l’assimilazione dei cibi e potenziando le difese contro le malattie intestinali.
I funghi maitake sono brucia grassi: abbassano la glicemia e riducono l’accumulo dei grassi nel fegato e nei tessuti in generale. Possono contribuire a ridurre l’adiposità addominale, anche del 24,9%. Andrebbero ammollati per una notte, quindi tagliati (senza buttare l’acqua).
Le alghe sono ricche di omega-3 (ad azione antinfiammatoria) e contengono iodio che favorisce l’attività della tiroide, regolando il nostro metabolismo.
Per approfondire puoi leggere: