Shio koji, la marinatura enzimatica
Pubblicato
4 anni fa
Flavio Sacco
Biologo, fermentatore, autore e divulgatore
Il condimento umami dell’Asia
Quando mangiamo cerchiamo sempre delle sensazioni che soddisfino il nostro palato. Fra i diversi gusti che possiamo provare, l’umami, ovvero il saporito per eccellenza, è sicuramente quello che ci da maggiori soddisfazioni.
Il koji è un ingrediente molto particolare che permette di liberare grandi quantità di sapore grazie alla carica di enzimi presenti. Abbiamo affrontato in maniera approfondita il discorso del gusto umami e il koji in un precedente articolo che puoi leggere cliccando qui: Koji: il fungo che sta rivoluzionando la nostra cucina
In questo articolo parliamo di:
Trasformazioni lente e veloci del koji
Il koji viene sfruttato in molti alimenti che vanno incontro a trasformazioni molto lente e prolungate. Basti pensare alla salsa di soia o al miso, che sono alimenti che spesso necessitano di mesi se non anni di attesa per essere pronti.
In questo caso è sempre meglio affidarsi ad aziende e persone che producono il miso per lavoro. Replicare questi alimenti in casa è assai difficile.
Esistono tuttavia una serie di applicazioni del koji che definirò arbitrariamente Miglioramenti a Breve Termine (MBT) dall’inglese Short-Term Enhancement. Queste applicazioni sfruttano il koji in tempi brevi.
Fra queste MBT troviamo lo shio koji e amazake. Queste due preparazioni sono in metodo rapido per sviluppare sapore attraverso l’uso del koji, ma in direzioni diametralmente opposte. L’amasake è dolce, mentre lo shio koji è salato e saporito (shio significa sale in giapponese).
Dal punto di vista biochimico, è sufficiente aggiungere acqua perché si attivino gli enzimi presenti nel koji e portino avanti le loro trasformazioni.
Nella foto: carote marinate con shio koji. L’attività fermentativa è evidente.
Shio koji
Lo Shio koji è un alimento incredibile che sviluppa aromi simili a quelli di una salsa di soia o un miso, ma con sapori più vicini a quelli del koji fresco. Come detto sopra, il sale è l’ingrediente che contraddistingue lo shio koji.
Lo shio koji è un esaltatore di sapidità, simile al nostro dado in cucina come concetto. La maggior parte degli shio koji possono essere anche utilizzati immediatamente come potente marinatura ma se lo si lascia fermentare per alcuni giorni, sviluppa note uniche.
Questo insaporitore riuscirà a dare una marcia in più a qualunque alimento, grazie alla sua carica di sapidità e gli enzimi presenti. Lo si può usare al posto del sale praticamente ovunque. Lo shio koji farà emergere deliziosi sapori fermentati a cui non siamo abituati, che possono spaziare dall'essenza del riso salato, al saporito puro che per la nostra cultura è rappresentato al meglio dal formaggio parmigiano.
Il sapore ottenuto dipenderà non solo dall’alimento con cui lo mettiamo in contatto, ma anche il cereale scelto per preparare il koji di partenza.
Potremo poi giocare sulla salinità dello shio koji così come la quantità di acqua e la temperatura alla quale far lavorare gli enzimi. Ad esempio, come accennato nell’articolo sull’amasake, in quel caso la temperatura ideale era 55-60°C per far lavorare al meglio le amilasi e liberare zuccheri semplici e amplificare gusto dolce. In questo caso invece non è necessario arrivare a quelle temperature.
Partendo dal parametro salinità, non c’è un valore definitivo a cui far riferimento. Io, personalmente preparo lo shio koji a una salinità compresa fra il 5 e il 10%. Maggiore è il tempo che voglio far fermentare lo shio koji e conservare successivamente, maggiore sarà la quantità di sale.
Ovviamente è possibile scendere sotto al 5%, arrivando anche al 2-3%, tuttavia, tieni sempre presente che gli alimenti fermentati con concentrazioni di sale inferiori al 2% possono diventare un ambiente accogliente per microrganismi indesiderati come i patogeni. Anche nella fermentazione lattica delle verdure, di cui abbiamo ampiamente discusso in questo articolo, ci eravamo dati un limite inferiore fra il 2 e 2,5%.
Dall’altra parte, una volta superato il 7% e arrivando al 10% la presenza di microrganismi è via via sempre meno presente, lasciando spazio quasi esclusivamente all’attività enzimatica.
La proporzione di acqua è sicuramente importante nella preparazione dello shio koji, ma in generale è più una questione di gusto personale. Si parte da uno shio koji in rapporto koji:acqua 1:1, che è praticamente una crema, per arrivare anche a rapporti molto più sbilanciati verso l’acqua. Bisogna solo tenere presente che maggiore è l’acqua presente, più veloce sarà la fermentazione e le trasformazioni.
Il tempo di fermentazione invece sarà maggiormente influenzato dall’applicazione. Se vogliamo usare questa preparazione come marinatura enzimatica per marinare altri alimenti, allora sarà opportuno usare lo shio koji appena preparato. Se invece preferiamo usarlo come condimento, allora sarà opportuno lasciarlo fermentare almeno per una settimana e lasciare che gli enzimi del koji lavorino sul koji stesso.
Infine, anche il pH, quindi l’acidità, ricopre un ruolo fondamentale nel lavoro degli enzimi. Con una fermentazione prolungata i batteri lattici che proliferano porteranno a un pH acido che denaturerà e inattiverà gli enzimi.
Come detto in precedenza, anche la preparazione del koji determina il tipo di shio koji che otterremo. Un koji di orzo fatto proliferare a una temperatura più bassa ci darà un koji maggiormente ricco di proteasi, ma questi sono aspetti che riguardano la preparazione del koji e non dello shio koji.
Come fare lo Shio Koji
- Unisci 1 parte di koji e 1 parte di acqua.
- Calcolare e pesare il 5% di sale sul peso totale.
- Frullare il tutto per aumentare la superficie di contatto fra acqua e koji.
- Trasferire gli ingredienti in un contenitore, preferibilmente non di plastica.
- Tenere a temperatura ambiente senza chiudere ermeticamente il tappo.
- Mescolare lo shio koji una o due volte al giorno per circa 5-7 giorni. Più fa caldo, meno giorni sono necessari.
- Dopo 5-7 giorni lo shio koji è pronto. Conservare in frigorifero e usare come condimento.
Buona fermentazione.
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