Pelle a pelle. Così nasce un legame
Pubblicato
3 anni fa
Noemi Zucchi
Consulente alla pari in Allattamento e Dottoressa in Comunicazione
Importanza del contatto alla nascita e nei primi anni di vita
Studi provenienti da diversi settori oggi dimostrano quanto sia importante il contatto per la crescita e lo sviluppo dei bambini a partire dai primissimi istanti di vita e poi nel corso dell’infanzia. Questo tema, sottovalutato per decenni per motivi culturali, ha ritrovato spazio e ora si è tornati a parlare di cure prossimali, anche se il rischio di essere considerati “cattivi genitori” che “viziano i figli” se si decide di adottare uno stile di accudimento che prevede di rispondere in maniera sollecita ai bisogni del neonato è sempre dietro l’angolo.
Nuovi protocolli ospedalieri
Negli ultimi anni si è finalmente (ri)preso coscienza dell’importanza che il contatto pelle a pelle ha negli istanti immediatamente successivi alla nascita, tanto che molti ospedali sono arrivati a definire dei protocolli che prevedono espressamente che un bambino venga messo vicino alla sua mamma subito dopo essere nato e che poi rimanga in stanza con lei senza venire collocato in una nursery separata (il cosiddetto rooming-in).
Non ci si è però limitati a questo: nelle terapie intensive neonatali di alcuni ospedali, dove vengono ricoverati i bambini nati prematuramente o che hanno problemi, se le condizioni mediche lo consentono, vengono previsti momenti in cui ai genitori si chiede proprio di tenere il bambino in braccio, pelle contro pelle, per potergli assicurare i preziosi vantaggi dati da questo contatto. Si tratta della cosiddetta “marsupioterapia” (in inglese kangoroo mother care oppure skin to skin).
Benefici di una pratica “universalmente disponibile e biologicamente sana”
Negli Stati Uniti sono stati condotti molti studi sui risultati ottenuti con la marsupioterapia sui bambini prematuri e si è scoperto che il contatto pelle a pelle:
- stabilizza la respirazione e l'ossigenazione
- regolarizza la pressione sanguigna e il battito cardiaco
- diminuisce il rischio di ipoglicemia
- aiuta la termoregolazione diminuendo il rischio di ipotermia (si è visto che addirittura il corpo materno regola autonomamente la propria temperatura per mantenere costante quella del bambino)
- permette un corretto sviluppo cerebrale perché favorisce l’attivazione e lo sviluppo dell’amigdala
- riduce gli ormoni dello stress
- diminuisce il pianto
- consente la contaminazione del neonato con batteri materni fondamentali per la formazione di un sano microbiota
- facilita il primo attacco al seno e ne aumenta la durata
- aiuta il legame con la madre stimolando in lei comportamenti di accudimento (in gergo spesso si usa l’espressione inglese bonding).
In poche parole è stato dimostrato che, nelle prime ore dopo il parto, per un neonato il contatto è più importante del cibo.
Gli effetti di questa pratica, però, non si esauriscono nelle prime ore di vita, ma anzi possono essere osservati anche nel corso delle settimane e dei mesi successivi, per cui è molto importante che i genitori siano consapevoli di quanto sia importante continuare a tenere il proprio bambino pelle a pelle, abbandonando l’idea che le sue uniche esigenze siano quelle di essere nutrito e pulito.
Il contatto come bisogno primario
Secondo la legge fondamentale dell’embriologia, una funzione vitale è tanto più importante quanto più precocemente si sviluppa. Ebbene, nel feto, la pelle è il primo organo ad essere creato, oltre ad essere il più esteso, e il senso del tatto è fra i primissimi a formarsi: sappiamo che un embrione della lunghezza di 3 cm è in grado di rispondere a sollecitazioni tattili. E’ dunque facile intuire come, dal punto di vista neurofisiologico, la funzione del contatto rappresenti un bisogno primario dell’essere umano.
Oggi si tende a sottovalutare moltissimo questo aspetto e ancora troppe persone - anche fra gli operatori sanitari che si occupano di nascita, purtroppo - pensano che occuparsi di un neonato significhi semplicemente dargli da mangiare, tenerlo asciutto e pulito e insegnargli il prima possibile a dormire da solo per essere indipendente.
Non appena si diventa genitori, si ricevono consigli (richiesti o meno) su come ci si debba comportare col proprio bambino e molto spesso le raccomandazioni riguardano la necessità di “non viziarlo”. Comportamenti come tenerlo in braccio, dormire vicino a lui, accorrere non appena chiama, portarlo in fascia, allattarlo a richiesta vengono di solito giudicati come inappropriati e coloro che decidono di adottare questo stile di accudimento considerati “cattivi genitori”.
In realtà, se consultiamo gli studi esistenti sulla fisiologia dei primi mesi di vita così come quelli che fanno riferimento alla teoria dell’attaccamento elaborata da John Bowlby, non potremo ignorare il fatto che i bisogni fondamentali dei bambini sono strettamente legati alla ricerca del contatto fisico coi caregiver, le persone che si occupano di loro, notte e giorno.
Tenerli in braccio, cullarli, accarezzarli, baciarli non possono, quindi, essere considerati come vizi: al contrario sono gesti che rispondono a vere e proprie esigenze fisiologiche e che consentono loro di crescere in salute e nella convinzione di essere amati e considerati.
Norma biologica e pregiudizi culturali
Solamente negli ultimi decenni tutto questo è stato messo in discussione: con l’avvento dell’industrializzazione e l’accresciuta occupazione delle donne nel mondo del lavoro, si è sentita la necessità di separare precocemente le mamme dai neonati, ai quali veniva quindi richiesto di diventare indipendenti il prima possibile.
Prima di allora, per millenni, la madre e il bambino erano considerati quasi una cosa unica, due esseri che vivevano in simbiosi, in costante prossimità fisica. Tutt’oggi le cose funzionano in questo modo in alcune zone del mondo che tendiamo a considerare “arretrate” appunto perché non hanno seguito il nostro stesso processo di sviluppo; si pensi ad esempio alle popolazioni africane in cui le donne portano i bambini in fascia per i primi anni, anche mentre lavorano nei campi, li allattano molto spesso e a lungo e, naturalmente, dormono con loro.
Oggi è la scienza a dimostrare, senza che possano esserci dubbi, i benefici del contatto pelle a pelle e l’importanza delle cure prossimali: in realtà – per fortuna! - l’istinto dei genitori li ha sempre portati ad accarezzare i loro bambini fin dai primi istanti di vita e spesso anche ad ignorare i consigli inopportuni, dando ascolto alla memoria atavica che risiede nel profondo di ogni essere umano, a quella saggezza che negli ultimi decenni è stata troppo spesso sopita e poi dimenticata ma che per fortuna in alcuni momenti fa di nuovo capolino e ci fa scoprire che alcune cose non hanno bisogno di essere imparate o spiegate ma fanno già parte del nostro bagaglio culturale primordiale.
Pretendere che un bambino di poche settimane - ma anche a 6 mesi come ad un anno o due - sia “indipendente” è, se ci si pensa, assurdo, un controsenso vero e proprio. A differenza di quanto accade in larga parte del mondo animale in cui i cuccioli, appena nascono, sono in grado di espletare da soli molte funzioni, l’uomo, alla nascita, è intrinsecamente immaturo, ha un cervello relativamente poco sviluppato, ed è quindi assolutamente, senza ombra di dubbio, “dipendente” dalle cure di qualcun altro.
Attraverso le cure prossimali, un neonato ha l'opportunità di svilupparsi appieno e crescere in maniera armonica non solo dal punto di vista prettamente fisico - come abbiamo visto - ma anche da quello psicologico ed emozionale, poiché comprende fin da subito che può contare sulla presenza costante di qualcuno che si prende cura di lui, che accorre se dimostra di avere bisogno: impara in definitiva a fidarsi degli altri e della propria capacità di comunicare.
Coloro che, diventati genitori, decidono di adottare uno stile di accudimento cosiddetto "ad alto contatto" non dovrebbero quindi sentirsi in colpa (tale è il potere dei condizionamenti culturali!) ma anzi dovrebbero essere consapevoli di ripetere gesti e abitudini le cui tracce si perdono nella notte dei tempi e fanno indissolubilmente parte della nostra natura di esseri umani.
“E’ attraverso la pelle che diventiamo esseri in grado di amare”
Ashley Montagu, antropologo e saggista inglese
Per approfondire puoi leggere...
Bibliografia
Kangaroo mother care: a practical guide, World Health Organization, 2003.
Baby-friendly hospital initiative: revised, updated and expanded for integrated care, World Health Organization, 2009.
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