Impara a perdonare per liberarti da dolore, stress e risentimento
Pubblicato
2 anni fa
Romina Rossi
Giornalista e naturopata
Scopriamo perché perdonare è uno degli atti più benefici prima di tutto verso noi stessi e come possiamo metterlo in pratica
È successo a tutti: ognuno di noi è stato ferito da un’altra persona. Più ci fidavamo dell’altro, più la ferita del tradimento è stata profonda e il dolore sordo, furioso. Di fronte a una ferita da tradimento – che qui non è inteso come tradimento all’interno di una coppia, ma come un atto compiuto, anche in maniera inconsapevole, da un’altra persona che ci ha fatto stare male, fino a causare la fine del rapporto – è sempre difficile passare oltre. Per alcuni il perdono è una cosa impensabile: ci sono persone che non si parlano da vent’anni, e se si chiedesse loro il perché, probabilmente non lo ricorderebbero nemmeno più. Per altre il perdono è un atto obbligato, soprattutto se si tratta di persone molto religiose o con una forte morale. Il perdono, in realtà, è qualcosa che va al di là di moralismi e religioni: è un percorso personale che permette di imboccare il sentiero della salute fisica, emotiva e spirituale. Tale percorso è la chiave che aiuta a placare amarezza, rancore, odio, desiderio di vendetta e aiuta ad alleggerire il fardello che ci siamo caricati sulle spalle, vivendo in maniera più libera e leggera.
Il veleno della vendetta
Quando le ferite non vengono affrontate, o vengono semplicemente ignorate, rimangono con noi e crescono, infettandosi e infettandoci. È facile che in quei casi emergano rimuginio, rabbia, rancore e desiderio di vendetta. Si tratta di sentimenti che, seppur possano dare una qualche illusoria soddisfazione (soprattutto all’ego) possono far star peggio.
Più un atto è grave, più difficoltà c’è a perdonare, perché si crea il malinteso che perdonare sia un modo per giustificare gli atti sbagliati o scorretti subiti, o un modo per permettere al colpevole di farla franca, perché significherebbe giustificare il suo comportamento o approvarlo. Allo stesso modo, può essere la paura di dover riallacciare il rapporto con una persona con la quale non vogliamo più avere niente a che fare che ci frena. Infine, il rifiuto di perdonare può essere anche un modo per poter continuare a incolpare gli altri o le circostanze per tutto ciò che non va nella nostra vita.
Così facendo, però, si ingrossa il mare di sentimenti negativi nel quale rischiamo di annegare. Un proverbio recita che “serbare rancore è come bere veleno e aspettarsi che l’altra persona muoia”. Il rancore può essere descritto come un fuoco che divampa sempre di più, fino a diventare talmente incontrollato da bruciare non solo ciò che tocca ma anche la persona che lo serba. Quante relazioni, amicizie, rapporti familiari si sono incrinati e sono stati distrutti a causa del rancore? E quanto dolore ha provocato in chi per anni si trincera dietro a tale pesante sentimento?
Invece, il perdono è una liberazione: dal dolore, dallo stress, dal risentimento e da tutti i sentimenti negativi che si creano quando pensiamo a chi ci ha ferito; è lo strumento che permette di togliere l’immenso potere che abbiamo dato inconsciamente alla persona che ci ha ferito, che ci tiene prigionieri in sentimenti ed emozioni stagnanti e negative e che ci impediscono di stare bene con noi e con gli altri. È, infine, un modo per non dover più rivivere il dolore della situazione che abbiamo sperimentato, perché finalmente la ferita smette di sanguinare e si cicatrizza, anche se il segno, come per le ferite fisiche, può restare visibile.
Perdonare non significa dover riammettere la persona nella nostra vita, se non lo vogliamo, così come non è nemmeno indispensabile che l’altro sappia che lo abbiamo perdonato: non abbiamo la necessità di spiattellare ai quattro venti che abbiamo perdonato la tal persona – che potrebbe essere un atto egoistico dettato dalla sensazione di superiorità – appunto perché è un processo intimo e personale. È un lavoro su noi stessi, sui nostri pensieri, le nostre ferite, le nostre emozioni e la nostra evoluzione personale. Riguarda noi, in primis, e l’altro come soggetto che ha provocato la ferita, ma l’unico attore al centro del nostro palcoscenico siamo noi.
La persona più difficile da perdonare
Quando subiamo un torto ci sono due persone da perdonare: chi ha effettivamente commesso il torto nei nostri confronti e noi stessi.
Se ci fermassimo ad analizzare i sentimenti negativi che sperimentiamo, ci renderemmo conto che la rabbia che stiamo provando non è solo nei confronti dell’altro, ma anche nei nostri. Sotto alla rabbia e al rancore cova un grande dolore: per esserci fidati dell’altro e avergli permesso di ferirci o farci del male e di trattarci come se non valessimo niente e di esserci fidati della persona sbagliata.
Nell’incapacità di gestire tale dolore, di accoglierlo e incorporarlo in noi, lo abbiamo cristallizzato in rabbia. Se la rabbia non viene controllata, rischia di divampare in rancore e voglia di vendetta.
Ma quando perdoniamo noi stessi, ci sentiamo meglio, più leggeri. Il mondo sembra un posto un po’ più bello. Torniamo a volerci bene, metterci al primo posto e ad accettare le nostre sconfitte così come le nostre vittorie, i difetti e i pregi, la parte in luce e quella in ombra. Abbracciando il perdono, abbracciamo la pace e la speranza.
Perdonare noi stessi è dunque il primo passo che permetterà di perdonare le altre persone, ed è quello che dobbiamo necessariamente compiere in questo processo trasformativo.
Un lungo lavoro interiore
Il perdono non arriva in cinque minuti. Spesso è necessario un lungo lavoro di introspezione per poter perdonare davvero. È doloroso e profondo, ma nonostante ciò necessario alla nostra evoluzione. A seconda della o delle ferite che ci portiamo dietro, possono essere necessari anni prima di fare anche un solo passo verso il processo del perdono. E non è nemmeno un percorso lineare, ma può succedere che fatto un passo avanti se ne facciano quattro indietro. Allo stesso modo, può essere necessario l’aiuto di professionisti che aiutino a comprendere le emozioni nascoste che nutrono la ferita.
Pensa al perdono più come a uno strumento che può cambiare la tua vita portandoti pace, felicità e guarigione emotiva e spirituale, che può persino permetterti di sviluppare sentimenti di comprensione, empatia e compassione per l’altro.
Infine, e non meno importante, praticare il perdono può avere potenti benefici per la salute. Studi osservazionali, e persino alcuni studi randomizzati1, suggeriscono che il perdono è associato a:
- livelli più bassi di depressione2;
- minor ansia, stress e rabbia3;
- ridotto abuso di sostanze;
- maggiore autostima;
- maggiore soddisfazione nei confronti della vita;
- migliori relazioni interpersonali.
Come mettere in pratica il perdono
Non ci sono regole precise, proprio perché è un lavoro personale e introspettivo sul proprio vissuto, le proprie ferite e le emozioni.
Partire tenendo un diario (fare journaling) in cui elencare i sentimenti che provi nei confronti della persona da perdonare è un primo possibile passo, senza vergogna dei sentimenti forti che provi.
Prova a lasciare andare tali sentimenti attraverso la meditazione e la visualizzazione (sono pratiche che chiunque può fare, perché non sono legate a una specifica religione). Un buon esercizio di visualizzazione consiste nell’immaginare di avere la persona che ti ha fatto del male davanti a te e dirle tutto ciò che vorresti, parlandole di come ti senti. In questo modo la visualizzazione aiuta a rimuovere le emozioni negative e a focalizzare è attenzione su cose positive che possono creare cambiamenti nella nostra vita.
Scrivi una lettera senza inviarla: scrivi tutto quello che vorresti dire, confessando anche i sentimenti più negativi. Sfogati sulla pagina: svuota il cuore e la mente. Quando hai finito, puoi tenere la lettera da parte qualche giorno e rileggerla, aggiungendo eventualmente altre emozioni. Quando pensi che la lettera sia completa, distruggila, dandole fuoco, facendola a pezzi o sotterrandola. È come un messaggio per il subconscio, al quale comunichi che, dopo aver espresso tutti i sentimenti, sei pronto per lasciare andare.
Un ulteriore esercizio consiste nel prendere una fotografia della persona che ti ha ferito e urlarle tutta la rabbia che senti. Per farlo hai necessità di trovare un posto appartato e tranquillo, in modo da non venire interrotto o preso per matto. È possibile che dopo questi esercizi, la tua reazione sia di piangere: anche questo fa parte del processo del perdono ed è un potente atto liberatorio che porta pace.
NOTE
1. Loren L. Toussaint, PhD, Grant S. Shields, MA, George M. Slavich, PhD, Forgiveness, Stress, and Health: a 5-Week Dynamic Parallel Process Study, Annals of Behavioral Medicine, Volume 50, Issue 5, October 2016, Pages 727–735, https://doi.org/10.1007/s12160-016-9796-6
2. Kaleta K, Mróz J. The Relationship between Basic Hope and Depression: Forgiveness as a Mediator. Psychiatr Q. 2020 Sep;91(3):877-886. doi: 10.1007/s11126-020-09759-w. PMID: 32361795; PMCID: PMC7395009.
3. Circulating cortisol and cognitive and structural brain measures, The Framingham Heart Study, Justin B. Echouffo-Tcheugui, Sarah C. Conner, Jayandra J. Himali, Pauline Maillard, Charles S. DeCarli, Alexa S. Beiser, Ramachandran S. Vasan, Sudha Seshadri Neurology Nov 2018, 91 (21) e1961-e1970; DOI: 10.1212/WNL.0000000000006549