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Abbiamo bisogno dello spumeggiante potere di trasformazione della fermentazione

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto da "L'Arte della Fermentazione" di Sandor Katz

Viviamo davvero tempi incerti e carichi di preoccupazione.

Basta lo spettro del cambiamento climatico a mettere in discussione tutto ciò che sappiamo:

  • l'aumento delle temperature;
  • lo scioglimento dei ghiacciai;
  • l'innalzamento del livello dei mari e il mutare delle correnti;
  • condizioni climatiche sempre più estreme, con uragani sempre più potenti e pericolosi, che costringono sempre più persone a cercare una nuova casa;
  • l'agricoltura sempre meno prevedibile, che dà cattivi raccolti;
  • nuove vulnerabilità a parassiti e malattie;
  • e una cascata di effetti non ancora riconosciuti né immaginabili.

Si stanno già verificando estinzioni di massa e gli equilibri ecologici sono destabilizzati. Il nostro appetito insaziabile per le risorse non solo accelera il cambiamento climatico, ma porta anche a pratiche di estrazione più profonde e distruttive.

La disuguaglianza di reddito cresce sempre di più man mano che la tecnologia e la manodopera globalizzata a basso costo prendono il sopravvento. Il razzismo e il sessismo persistono nelle strutture del sistema, e vengono diffusi e strumentalizzati da una crescente politica basata sull'odio.

Lo sconvolgente terremoto della pandemia da Covid-19 su tutta la vita sociale, pubblica ed economica, mostra quanto tutta la nostra società di massa sia vulnerabile alle interruzioni. In questo caso, un virus ha inviato onde d'urto che sono state avvertite ovunque, soprattutto nelle città densamente popolate.

In altri, la società è sconvolta da fenomeni più localizzati, come incendi, inondazioni, tornado o terremoti. Per non parlare delle guerre in certe aree del mondo, tuttora in corso o che si sono protratte a lungo.

Per tutte queste ragioni e altre ancora, l'umanità è alla disperata ricerca di una trasformazione. Il nostro modo di vivere si sta rivelando insostenibile. Dobbiamo ripensare a come viviamo.


Ora più che mai abbiamo bisogno dello spumeggiante potere di trasformazione della fermentazione.


Non voglio certo suggerire che il semplice atto di mettervi a fermentare nella vostra cucina salverà il mondo. Nel mio libro precedente ho definito la fermentazione «una forma di attivismo». Ne sono convinto non perché ci sia qualcosa di intrinsecamente politico nella fermentazione.

Le persone possono avere un obiettivo mirato, e spesso infatti fermentiamo per motivi precisi, per esempio conservare le verdure dell'orto, desiderare di migliorare la propria salute o ricercare sapori irresistibili.

L'unica cosa che rende radicale la fermentazione «fai da te» è il contesto: il nostro attuale sistema di produzione di massa del cibo è insostenibile da molti punti di vista.

Il modo in cui la maggior parte di noi mangia inquina, impoverisce le nostre risorse, porta a enormi sprechi, dà prodotti poveri dal punto di vista nutrizionale e causa malattie diffuse.

Forse, a un livello ancora più profondo, priva le persone delle proprie conoscenze e capacità, allontanandole dal mondo naturale e rendendole in tutto e per tutto dipendenti dai sistemi di produzione e distribuzione di massa, che vanno bene finché funzionano, ma sono vulnerabili a molte interruzioni potenziali, come pandemie virali, carenza di combustibile, impennata dei prezzi, guerre e disastri naturali.

Possiamo trovare l'unica vera sicurezza alimentare nello sviluppo della produzione alimentare locale e regionale, e nel processo di trasformazione dell'economia che la accompagna.


Il cibo e la produzione alimentare hanno un ruolo chiave nel tentativo di cambiare la nostra relazione con la Terra e tra di noi.


Il cibo può essere un mezzo per costruire e rafforzare la comunità. Produrselo da sé è un modo etico per canalizzare la propria energia. Facciamo qualcosa di produttivo e allo stesso tempo diamo sostentamento a noi e agli altri.

La localizzazione della produzione alimentare è uno stimolo maggiore per le economie locali, perché rimette in circolo le risorse anziché esaurirle. Essere coinvolti nella produzione del cibo inoltre ci può aiutare a sentirci più forti e più connessi al mondo che ci circonda.

Dobbiamo trovare modi per riorganizzare la nostra società, per passare dall'esaurire le risorse al dedicarci alla loro rigenerazione.

Non voglio mettermi a fare la predica. Non incarno al cento percento ciò di cui parlo, quindi mi si può considerare un ipocrita. Questo perché prendo più aerei di chiunque altro conosca, perché sono infervorato dal voler condividere la fermentazione.

Ammiro molto le persone che incarnano la propria filosofia ed evitano del tutto gli aerei o i mezzi di trasporto alimentati da combustibili fossili, ma per quanto mi riguarda dipendo dalla mobilità, come la maggior parte delle persone.

Noi tutti, me compreso, dobbiamo diminuire drasticamente la nostra mobilità, insieme alle nostre aspettative di crescita. Ciò di cui abbiamo bisogno è una contrazione: meno persone, ciascuna con un'impronta più leggera, e una distribuzione più equa delle risorse. Dobbiamo anche passare dall'essere focalizzati sull'individualismo alla collaborazione e all'aiuto reciproco.

Non ho un piano eccezionale e nel nostro attuale sistema politico, dominato dalle multinazionali, sono diventato scettico nei confronti dei progetti di questo tipo.

Ma muoversi in questa direzione ha sicuramente come conseguenza che più persone siano collegate alla terra e alla vita intorno a noi, alle piante, agli animali, ai funghi e persino ai batteri.

Produrre il cibo ci obbliga a sintonizzarci maggiormente con il nostro ambiente. Di certo vale anche per la fermentazione.

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