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Un nuovo paradigma nella cura della tiroide

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto da "La Tiroide Felice" di Salvatore Simeone e scopri come guarire la tua tiroide senza farmaci con la medicina biologica

La fisica quantistica ha cambiato la nostra visione del mondo, e tale cambiamento non riguarda solo la fisica, ma tutte le scienze. Si usa spesso l'espressione "fare un salto quantico", proprio per rappresentare un radicale cambio di prospettiva che illumina nuove aree di conoscenza fino a quel momento non accessibili alla mente umana.

Anche in medicina va facendosi strada la necessità di sintonizzarsi su un nuovo paradigma. Tuttavia, il termine "paradigma" tende a restringere, per definizione, a un modello rappresentativo, e per non rimanere intrappolato in una logica scientista, ricordo a chi legge che la medicina è, e rimarrà sempre, l'arte della cura.

Il medico, per questa ragione, è colui che si prende cura e aiuta a ritrovare la perduta omeostasi o, se vogliamo, il perduto ben-essere, e a cercare la soluzione più opportuna al problema di una persona, attingendo a un bagaglio di conoscenza tradizionale e di ricerca avanzata che integri con mente aperta quanto utile per la cura di quella specifica persona.

Certo, il percorso è lungo e non privo di ostacoli, non solo di ordine culturale e di conoscenza: vi basti pensare al potere che attualmente hanno le case farmaceutiche, il cui maggiore - e talvolta unico - interesse è creare un numero sempre più ampio di "clienti" a vita.

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Indice dei contenuti:

Differenza tra visione convenzionale e visione sistemica

Come si configura questo nuovo paradigma nelle patologie della tiroide?

È semplice: con il passaggio a una visione sistemica che integra la medicina scolastica, le antiche medicine tradizionali (per esempio, la mediterranea, la cinese, l'ayurvedica ecc.) e le medicine più moderne (medicina biologica, medicina funzionale, medicina quantica).

In sintesi, una medicina sistemica integrata che guarda la persona nella sua unicità, nella sua interezza, nel suo ambiente e in relazione a tutto ciò che accade nella sua vita. Non si considera solo l'organo: per curare "davvero" la tiroide è necessario prendersi cura dell'intera persona. Questo paradigma, nella mia esperienza, ha ampiamente dimostrato di essere l'unico possibile per arrivare a risultati ottimali e duraturi nel tempo.

Un esempio riguardante l'ipotiroidismo, la patologia tiroidea più frequente, dimostra come l'approccio convenzionale e quello sistemico siano profondamente diversi.

La diagnostica scolastica si basa sulla semplice valutazione dei parametri biochimici, in particolare TSH, FT3, FT4, senza un'anamnesi approfondita.

La diagnostica sistemica, invece, va molto oltre e non si ferma alle sole analisi cliniche, come spiegheremo più avanti nel Capitolo 9 dedicato all'ipotiroidismo: non esistono, infatti, solo parametri ematici; ci sono anche quelli funzionali, metabolici, energetici, nutrizionali e costituzionali, grazie ai quali è possibile evidenziare eventuali squilibri che le analisi del sangue non sono in grado di palesare.

Senza contare l'aspetto psico-emotivo, che pure ha una grandissima importanza.

Anche l'anamnesi sarà molto più approfondita, poiché s'indagherà a 360 gradi riguardo allo stile di vita della persona, chiedendo che lavoro fa, se quel lavoro è molto stressante, se dorme abbastanza, se patisce il freddo o meno, se vive o ha vissuto in ambienti umidi, quanta e quale tipo di acqua beve, qual è la sua alimentazione, se sono presenti eventuali conflitti psico-emotivi, e molte altre cose.

Di conseguenza, anche la fase terapeutica sarà diversa: mentre nella medicina convenzionale non si potrà fare altro che prescrivere un ormone sostitutivo, l'approccio sistemico avrà l'obiettivo di correggere tutti gli eventuali squilibri rilevati nella fase diagnostica e nell'anamnesi.

Curare la tiroide prendendosi cura della persona in modo globale

L'obiettivo della medicina è curare, sostenendo e ripristinando le capacità di guarigione insite nella persona, rispettandone l'equilibrio e l'integrità. Del resto, anche il padre della medicina, Ippocrate, affermava che la cura migliore è la vis medicatrix naturae, cioè la forza guaritrice della natura.

Certo, bisogna saperla innescare e, purtroppo, oggi la medicina ha dimenticato questa verità universale, relegando il medico al tristissimo e poco onorevole ruolo di "medico prescrittore"; in questo modo, infatti, il Ministero della Salute chiama spesso noi medici nel Bollettino bimestrale di informazione ai farmaci che ci arriva a cadenza regolare.

Ben diversa è la filosofia della medicina biologica, "conforme alla natura", ossia conforme alle basi, ai rapporti e alle connessioni delle leggi naturali, distante anni luce da quella imperante nella nostra epoca, finalizzata semplicemente alla prescrizione di farmaci.

Medicina biologica o ecomedicina: un paradigma universale

Avrete notato che a livello semantico ho utilizzato diversi sinonimi per spiegare un certo tipo di medicina: biologica, quantica, sistemica, ecomedicina.

Nel libro Il digiuno felice mi sono ampiamente soffermato sulla medicina del Terzo millennio, spiegando che la medicina, ovvero "la scienza delle malattie e l'arte del guarire", solo recentemente è stata interpretata come scienza biologica e non come scienza esatta: l'uomo, da una somma di elementi materiali misurabili e classificabili, è promosso a individuo con la propria complessità biologica e un destino comune con il proprio ambiente,

Nel fare ciò, la medicina biologica integra tutte le discipline di cui dispone con gli strumenti diagnostici convenzionali: in quest'ottica, la distinzione tra medicina convenzionale e non convenzionale non ha più senso, in quanto la vera differenza è rappresentata dall'approccio al paziente, non più considerato come un "caso" clinico, ma come una "persona" i cui sintomi vanno capiti, interpretati e curati alla radice, più che soppressi.

La medicina scolastica (che io considero "case farmaceutiche-dipendente") ha da tempo abbandonato il necessario approccio olistico e si focalizza su isolati sintomi patologici, che altro non sono che segnali d'allarme nell'organizzazione armoniosa del biosistema uomo. Di conseguenza, la terapia convenzionale è diventata in gran parte una terapia sintomatica, limitata prevalentemente all'eliminazione dei singoli sintomi: quanto più elementari e lineari sono i rapporti tra farmaco ed effetto, tanto più agevolmente possono essere misurati; quanto più facile è la misurazione, tanto più scientifica è dichiarata la terapia.

Nella medicina biologica noi sottolineiamo la nozione che i sintomi patologici sono in gran parte segnali d'allarme dell'organismo, anelli terminali di una lunga catena patogenetica i cui anelli iniziali risiedono in dimensioni più profonde e sono spesso molto lontani dall'anello terminale definito sintomo (catene causali).

Per questo la medicina biologica è una scienza medica che, in fase sia di diagnosi sia di terapia, si focalizza sulle funzioni vitali e attua gli interventi curativi in sintonia con le capacità naturali di rigenerazione, adattamento e autoguarigione dell'organismo.


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