Vai al contenuto principale Vai al footer

  +39 0547 346317
Assistenza dal Lunedì al Venerdì dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18, Sabato dalle 8 alle 12

Smartphone: perché vietarlo prima dei 14 anni

Pubblicato 2 anni fa

Intervista ad Alberto Pellai, medico e ricercatore presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano che si occupa di prevenzione in età evolutiva

Ce lo chiedono sempre più precocemente. Anzi molto spesso non sono neppure loro a chiedercelo, semplicemente siamo noi a regalarglielo: anche tutti gli altri ce l’hanno e la preoccupazione che i nostri figli siano diversi (abbiano meno) è la prima a muovere il nostro orgoglio genitoriale.

Il momento in cui diamo ai nostri figli un dispositivo personale collegato alla rete – uno smartphone – coincide quasi sempre con la fine delle elementari e l’ingresso alla scuola media, ed è spesso preceduto da un tempo in cui hanno avuto modo di trascorrere diverse ore al giorno giocando online alle più svariate console.
Cosa accade dopo lo sappiamo tutti: nonostante i buoni propositi e le regole, il tempo che i nostri figli trascorrono davanti agli schermi si dilata sempre più, e noi facciamo fatica a porre limiti. Che fare? Ne abbiamo parlato con Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, autore insieme a Barbara Tamborini del recentissimo libro Vietato ai minori di 14 anni. Sai davvero quando è il momento giusto per dare lo smartphone ai tuoi figli?

 

Proprio questa mattina – ma si leggono tante notizie simili in questo periodo sui giornali – ho letto la testimonianza di alcuni operatori che riferivano di un aumento di casi di disagio e di disturbi psichiatrici in età sia pediatrica che adolescenziale collegati alla pandemia. Le chiedo se può darci una fotografia di questa situazione e di che tipo di disagi e di disturbi stiamo parlando.

Il disagio è derivato dal fatto che i minori in età evolutiva sono stati privati degli elementi chiave, degli ingredienti che rappresentano i fattori di protezione e di successo per la crescita, ovvero la socializzazione, la relazione all’interno del gruppo dei pari e la possibilità di vivere esperienze in ambito extra domestico. Anche la dimensione delle esperienze che coinvolgono in modo attivo la corporeità, come le attività sportive, le attività di esplorazione della natura, ad esempio tipiche dei gruppi scoutistici, è venuta a mancare.

Se noi togliamo tutti questi elementi al percorso di crescita, è un po’ come togliere l’acqua a una pianta: se non stiamo innaffiando il vaso, la pianta rischia di non avere quel nutrimento e tutti quegli elementi che sono sostanziali per il suo sviluppo e la sua crescita. C’è stata, in concreto, una forte riduzione di tutta l’attività nel “fuori” e sono aumentati i tempi di permanenza nello spazio domestico, uno spazio che fornisce molta protezione, ma poca esplorazione.
Tenendo conto delle tre dimensioni della salute, abbiamo certamente avuto un impatto anche sulla salute organica, ne sono un esempio l’aumento di peso e l’obesità. Un aspetto interessante è il fatto che vengano rilevati maggiori disturbi della vista in età evolutiva: i bambini guardano lo schermo da vicino senza alzare lo sguardo tanto da compromettere la visione prospettica da lontano. Questo genere di problematiche ha fatto parlare molto i pediatri. Ci sono stati inoltre più evidenti disturbi del sonno.

Per quel che riguarda gli aspetti relazionali, è aumentato l’isolamento e, per gli adolescenti, si è parlato tanto di ritiro sociale, ovvero di una ridotta motivazione e desiderio di ricoinvolgersi nelle attività in esterno. A fronte di questa dimensione sociale, invece, rispetto alla dimensione emotiva, il disagio sì è poi tradotto in una maggiore rilevazione di aspetti di tristezza e depressione, oppure di aggressività e rabbia, quindi una forte instabilità dell’umore con più frequenti crisi esplosive di rabbia, fino a patologie conclamate come i disturbi autolesivi e i disturbi del comportamento alimentare.

Diciamo che non è stata tanto la pandemia la causa, ma la pandemia – e tutto quello che ha comportato – ha fatto sì che i soggetti che comunque avessero una vulnerabilità anche prima, nella pandemia hanno poi trovato questi fattori di rischio, che sono diventati fattori precipitanti.

Quali sono le conseguenze di un accesso sempre più precoce e prolungato ad attività mediate dallo schermo sulla salute di bambini e adolescenti?

Il fatto che per molti bambini si sia intensificata e precocizzata l’abitudine a trascorrere un tempo significativo della loro giornata in attività schermo- mediate, rimane una cosa in correlazione, ad esempio, con l’obesità. Se il bambino non lo si fa giocare, non lo si fa muovere, non gli si fornisce quell’attività motoria per lui di importanza vitale, proprio anche a tutela della sua salute, gli effetti si potranno vedere velocemente.

Per quanto riguarda, invece, gli effetti relativi alla costruzione del modello di mente del bambino, gli schermi passivizzano, proponendo tutta una serie di attività che sono di natura dipendentigena. Per esempio, i maschi giocano molto di più ai videogiochi, che non sono semplicemente un modo per trascorrere il tempo: si tratta di una modalità che uncina in modo potente tutta una serie di meccanismi del funzionamento mentale del bambino e del ragazzo, per cui poi diventa una sorta di pensiero fisso, una delle motivazioni per cui io sto al mondo. Questi giochi diventano, nella lista delle priorità che il bambino vuole assolvere nel corso della giornata, la cosa più importante. Non sono semplicemente un parco divertimenti dove il bambino e il ragazzino stanno e si parcheggiano quando non può fare altro. Diventano, invece, un’attrattiva che, in qualche modo, genera tutta una tensione desiderante che distoglie dal desiderio di fare altre attività nella vita reale.

Ho letto con grande interesse il suo libro, Vietato ai minori di 14 anni: ho una figlia di 13 anni, quindi a un certo punto ci siamo interrogati in famiglia sul possesso e sull’uso, da parte sua, di un dispositivo personale collegato alla rete. Il suo messaggio, già dal titolo in copertina, è molto forte, e non lascia spazio a mediazioni. Perché vietare completamente, prima dei 14 anni, il possesso di uno smartphone?

Abbiamo usato, oggettivamente, una parola fortissima, che è stata considerata antipatica e che magari ha anche distanziato dal messaggio del libro. Su questo però non abbiamo assolutamente negoziato con l’editore. Abbiamo scelto una parola forte che, eventualmente, sia anche respingente, ma che almeno faccia chiedere al genitore il motivo per cui siamo considerati esagerati.

Parto dall’idea che noi genitori otteniamo da alcuni divieti un grande vantaggio protettivo per i nostri figli. Faccio un esempio: se nostro figlio minorenne entra in un bar e chiede una bevanda alcolica il barista non gliela vende, perché c’è un divieto per legge. Questo ci dice che il barista sta collaborando con un progetto educativo condiviso dalla società. In età evolutiva i ragazzi provano a esplorare il territorio della trasgressione, ma ci sono delle trasgressioni che sono davvero non funzionali ai loro bisogni fase-specifici. È fisiologico che loro provino a entrare in un territorio proibito, ma è opportuno che chi gestisce quel territorio abbia regole chiare, che servano a proteggere il minore.

Nell’online c’è un’infinità di materiale non adatto ai nostri figli e a cui loro hanno accesso quotidianamente, anzi lo vanno a cercare. Non c’è nessun genere di limite, di confine, di divieto e quindi noi abbiamo detto ai genitori di cominciare a metterlo noi, insieme, il limite. Poi, probabilmente, nel corso degli anni, com’è avvenuto ad esempio per il tabacco, succederà che raccoglieremo sempre più dati ed evidenze che ci confermeranno che costruire una sorta di criterio, di limite per età, risponde davvero ai bisogni fase-specifici dei nostri figli. Abbiamo indicato quello dei 14 anni come limite di età – che si usa tuttora anche per le produzioni cinematografiche – perché è ciò che ci indicano le neuroscienze. Quella dei 14 anni, che abbiamo chiamato “età dello tsunami”, è davvero un’età tanto sbilanciata sulla fame e ricerca di sensazioni intense, di eccitazione, mentre i ragazzi non hanno ancora le capacità cognitive e autoregolative che si svilupperanno e maturano più tardi nella loro corteccia pre-frontale. Quel titolo, quindi, fa riferimento a un’enorme quantità di dati, indicazioni e informazioni di cui i genitori devono tenere conto nel progetto educativo dei loro figli.

In questi anni i genitori hanno semplicemente acconsentito a mettere in mano uno smartphone ai loro figli, dentro a una logica di mercato, di popolarità dello strumento e di forte richiesta da parte dei ragazzi stessi. Quindi: i figli chiedono e i genitori obbediscono. Però obbediscono senza avere una consapevolezza e una percezione della complessità educativa che l’ingresso di quello strumento nella vita dei figli richiede. Un titolo così forte comprende tutta una serie di elementi che hanno risvolti giuridici, risvolti neurobiologici, risvolti scientifici, risvolti educativi e anche risvolti di marketing.

Come genitori noi crediamo di riuscire a dare delle indicazioni e delle regole precise sull’uso di questi dispositivi, come accade per altri ambiti della vita dei nostri figli e di regolamentazione della vita familiare. Pertanto, glielo diamo, stabiliamo delle regole, poi tali regole non riusciamo a farle rispettare. Come mai?

Credo per vari motivi. Nel libro noi partiamo dall’idea che, anche il genitore che ci prova veramente tanto, poi può poco contro la potenza di uno strumento che è portabile, sta sempre addosso e che quindi si trasforma in una sorta di pezzo, di protesi del corpo, da cui il bambino e la bambina, il ragazzo e la ragazza non si separano mai. Noi genitori, quindi, per avere una buona supervisione della regola, dovremmo essere sempre appiccicati al figlio per farla rispettare, perché – e questo è l’altro elemento che cerchiamo di condividere con i genitori – è come se lo strumento avesse dentro una sorta di campo magnetico e il cervello dei nostri figli fosse il ferro. È un meccanismo ben congegnato a tavolino, come ci mostra benissimo il documentario The Social Dilemma. Tutto il sistema è costruito nella logica di uncinare l’attenzione emotiva dei nostri figli, così come di tutti gli altri utenti. Quella dei bambini e dei pre-adolescenti, però, è davvero un’età particolarmente vulnerabile e sensibile alle strategie di marketing emozionale che regolano il funzionamento dei social. Abbiamo moltissimi dati di ricerca, ma la stessa ricerca interna di Instagram ha rivelato che i ragazzi che entrano dentro a Instagram, dopo che ci sono entrati stanno peggio di prima. Entrano dentro a un media che dovrebbe intrattenerli e divertirli, mentre in realtà, con i suoi meccanismi, li perturba e li disorienta non poco.

Uno dei pericoli della rete è quello dell’accesso precoce alla pornografia. È un tema di cui si parla molto poco i tra genitori. Eppure questa cosa accade. Qual è il rischio di questo contatto così precoce con il mondo della pornografia?

Il rischio è enorme dal punto di vista educativo, perché il contenuto del materiale pornografico è totalmente non fase-specifico, rispetto ai bisogni che un pre-adolescente ha nell’area della sessualità.

In preadolescenza si è fisiologicamente esplorativi e curiosi, pieni di dubbi e di domande: si vuole sapere ed esplorare il più possibile nell’area della sessualità. Questo è assolutamente fisiologico e sano, ma l’equilibrio si raggiunge nel momento in cui, essendo tu così piccolo, entri in un territorio che è ben gestito e ben presidiato dagli adulti con funzione educativa, quindi quello che vai chiedendo e quello che vai cercando riceve di rimando, dal tuo sistema educativo, risposte e materiali che sono accessibili, che sono comprensibili, che integrano poi i tuoi bisogni educativi e formativi.

Ora, un qualsiasi bambino che scriva la parola “sesso” dentro un motore di ricerca riceve link a siti e materiali identici a quelli che riceverebbe un quindicenne, un trentenne o un sessantenne. Quindi noi forniamo ai bambini delle risposte che non sono assolutamente tarate sui loro bisogni evolutivi e di crescita. Inoltre, con pochissimi link e con pochissimi clic, un minore può entrare nel territorio della pornografia che, fondamentalmente, fa vedere persone che fanno sesso e non persone che fanno l’amore: una differenza sostanziale in una prospettiva di educazione affettiva e sessuale.

L’altro elemento è quale genere di fare sesso vedono. Moltissime volte è un fare sesso violento, oggettificante, addirittura stuprante o abusante. Tutta questa carrellata di immagini, che sono addirittura reati nella vita reale, nel virtuale viene presentata a scopo eccitatorio, quindi entra nelle fantasie eccitatorie e masturbatorie di soggetti giovanissimi, peraltro nel totale silenzio educativo degli adulti. Mettiamo insieme tutte queste osservazioni e ditemi se non c’è un’emergenza educativa attorno a questo tema.

Nel libro parla di integrazione come tappa fondamentale per lo sviluppo dei nostri figli. Di che cosa si tratta?

Questa è la base degli assunti neuro-scientifici. Oggi sappiamo che la maturazione, in termini di funzionamento mentale, non è far fiorire nuovi neuroni nel cervello dei nostri figli, non è un problema quantitativo. La maturazione avviene quando connettiamo più neuroni possibili nella corteccia cerebrale del nostro cervello, della nostra mente. Questo significa che ciò che davvero educa, allena alla vita e forma i nostri figli sono quelle esperienze in cui loro hanno la possibilità di costruire significati, di costruire apprendimenti, di allenarsi alla regolazione emotiva. Insomma, tutti quei concetti che l’OMS chiama “apprendimento di life skills”, cioè competenze per la vita. L’integrazione è proprio questo: sostenere un percorso di crescita in cui si generano tante connessioni sinaptiche all’interno di aree cerebrali diverse del cervello dei nostri figli e, di rimando, si costruisce una mente che è integrata. Una mente integrata non è in balia di quello che sente, ma ha una grande quantità di reti neuronali, che dalla zona del sentire, dalla zona delle emozioni, si sposta nella zona del pensare, cioè nel cervello cognitivo. Questa integrazione emotivo-cognitiva ci permette di essere persone regolate, che sanno gestire, attraversare ed elaborare i propri stati emotivi.

L’integrazione non può avvenire davanti a uno smartphone. Oggi c’è davvero tanta retorica attorno all’uso delle tecnologie, si dice che sono uno strumento e che bisogna farne buon uso. Noi non siamo dipendenti dalla lavatrice; la usiamo tutte le volte che ci serve, poi però non stiamo davanti all’oblò a vederlo girare. Questo significa che la lavatrice è davvero uno strumento, mentre invece uno smartphone nelle mani di un minore non è un semplice strumento, ma è un qualcosa che entra in interazione attiva con i bisogni di quel soggetto e gestisce i bisogni di quel soggetto, mentre dovrebbe essere il soggetto a gestire lo strumento in funzione dei suoi bisogni, che è una cosa completamente diversa.

È come se il genitore volesse lottare contro quella che possiamo definire l'eroina di questi tempi, lasciando però che questa sostanza stupefacente entri in casa e venga utilizzata. Sappiamo che i processi di dipendenza sono processi davvero molto difficili da gestire e controllare. Ha quindi molto più senso aumentare i fattori di protezione, che sostengono la crescita dentro un binario: un percorso che contiene tutto quello che fa bene ai nostri figli.


Ultimo commento su Smartphone: perché vietarlo prima dei 14 anni

Recensioni dei clienti

Baristo T.

Recensione del 27/12/2024

Valutazione: 3 / 5

Data di acquisto: 27/12/2024

Non credo che sia orgoglio genitoriale pensare che i propri figli debbano essere uguali agli altri, è idiozia genitoriale. Bisogna pensare prima di tutto alla salute e alla sicurezza dei propri figli, che tutti gli altri facciano quel che vogliono. "Quindi: i figli chiedono e i genitori obbediscono." credo sia il fulcro del problema, invece di educare i figli li si accontenta come divinità! ... Anche a 18 per quel che mi riguarda.

Altri articoli che ti potrebbero interessare

Ciao ciao, ciuccio!

Pubblicato 2 settimane fa. 0 visualizzazioni. 1 commenti.

Fiori di Bach: un valido aiuto per le mamme in gravidanza

Pubblicato 7 mesi fa. 5604 visualizzazioni. 4 commenti.

Giochi da fare in casa in inverno (per bambini da 0 a 99 anni)

Pubblicato 9 mesi fa. 391 visualizzazioni. 3 commenti.