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Psicoreato: da 1984 al presente

Pubblicato 3 anni fa

Leggi un estratto da "Censura" e scopri come reagire all'inquisizione digitale attuale

Canali YouTube cancellati o demonetizzati, profili social, siti e blog chiusi, video oscurati, persone a cui viene impedito di commentare o pubblicare.

La furia censoria iniziata nel 2020 con l'oscuramento dei contenuti non allineati da parte dei grandi colossi della rete è diventata, mentre scrivo, conclamata. Persino sfacciata, come se dovesse fungere da un lato come grimaldello contro coloro che osano dissentire o esprimere ancora il proprio pensiero, dall'altra come gesto intimidatorio per spingere le masse a una forma di autocensura.

Se persino l'ex Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non è immune alla censura e all'oscuramento sulle piattaforme social, chi potrà essere al sicuro dal silenziamento sul web?

Complice la pandemia che viene strumentalizzata con la creazione di task force sulle fake news fino alla proposta di introduzione di disegni di legge contro la disinformazione e di regolamentazione comunitaria della rete, i casi di censura si sono moltiplicati negli ultimi mesi, colpendo sui social network, su YouTube, persino sulle piattaforme che ospitano dei blog, e rendendo evidente come il potere si avvalga della censura per inibire il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero e persino di fare informazione.

Una apparente assurdità, in quanto aziende private si arrogano il diritto di limitare la libertà di espressione, violando quelli che sono dei diritti costituzionali: le piattaforme social, sebbene appartengano a multinazionali straniere, sono diventate con il nuovo millennio un'agorà, un luogo pubblico di dibattito in cui si forma e si confronta l'opinione pubblica e la discussione dei cittadini.

Stiamo assistendo a una caccia al dissidente, che spesso viene istituzionalizzata in commissioni, osservatori, task force. E che diventa minacciosa se si considerano questi passi un tentativo di introdurre un vero e proprio reato d'opinione, a livello sia nazionale sia europeo, volto a silenziare le idee divergenti, non allineate al catechismo del pensiero unico.

Le pagine che seguono sono incentrate proprio sulla minaccia liberticida in corso, a cui ho dedicato negli ultimi anni diversi studi, libri, video e articoli. La censura sta erodendo progressivamente il pluralismo, svuotando il dibattito politico, etico e sociale, legittimando il silenziamento delle voci dissenzienti.


Si stanno abituando i cittadini ad accettare gradualmente provvedimenti che fino a qualche anno fa sarebbero stati impensabili e avrebbero suscitato reazioni forti e sollevazioni popolari.


Ancora prima che entrassimo nella spirale della pandemia, nel 2018 con la prima edizione di Fake news già avevo immaginato e previsto uno scenario simile, che si è concretizzato di recente nell'apatia di molti, terrorizzati dalla pandemia e distratti dai dispositivi governativi basati sul biopotere e la biosicurezza.

In questi mesi, per sostenere e legittimare di fronte all'opinione pubblica la censura di Trump, taluni sono arrivati a parlare di "censura costruttiva"', spiegando come in una situazione di emergenza sanitaria sia "etico" e doveroso oscurare i contenuti "pericolosi" per salvaguardare la collettività dal rischio di disinformazione.

Molti si sono fatti convincere da questo argomento, arrivando a sostenere che sia lecito silenziare le voci controcorrente che dissentono e mettono a rischio la liturgia del pensiero unico, discostandosi per esempio dai "dati ufficiali" e dalla scienza. Scienza, però, che viene piegata al biopotere e che insieme ai suoi dogmi è finita per assumere un'aura di religione con i suoi feticci e i suoi culti superstiziosi, divenendo l'esatto opposto di quello che dovrebbe essere: un culto dogmatico, infallibile, inviolabile, manicheo.

La paura di perdere la vita, citando il filosofo Giorgio Agamben, sta portando alla costituzione di un dispotismo tecnologico-sanitario basato su una sorta di religione della salute: «Si direbbe che gli uomini non credono più a nulla — tranne che alla nuda esistenza biologica che occorre a qualunque costo salvare».

In una società che critica e contesta qualsiasi tema e mette sotto esame qualsiasi autorità, da quelle politiche a quelle religiose, le uniche autorità che restano inattaccabili sono quelle identificate come le ancelle della "scienza", le cui voci si diffondono e dispiegano attraverso i media di massa, entrando quotidianamente nelle nostre case tramite televisione, radio e quotidiani, con il chiaro intento di imporci cosa pensare in base al nuovo catechismo scientocratico.

La scienza, proprio come ogni religione, «può produrre superstizione e paura o, comunque, essere usata per diffonderle». La fusione tra meccanismi di fede religiosa e l'apparenza "razionale" della scienza, spiega Stefano Re in Mindfucking, ha creato un meccanismo che esalta, esacerba e diffonde fanatismo, terrore, ipocondria e cecità collettiva «a livelli in cui nemmeno le macchine della propaganda delle più potenti dittature della storia erano mai riuscite a raggiungere».

Scacciata infatti la religione da una società sempre più laica, si è fatta strada la scientocrazia con i suoi pilastri e i suoi diktat, con la sua furia censoria e la volontà di piegare e soggiogare chiunque metta in discussione le sue verità di fede ed eserciti ancora il pensiero critico. Soprattutto, con la sua psicopolizia assetata di censura.

Come vedremo, i social network e la loro censura privata rappresentano oggi una delle più potenti armi a supporto del discorso politicamente corretto e contro la diffusione di qualunque idea alternativa a quelle che quel discorso ammette.

YouTube, Facebook, Twitter, Google stanno diventando sempre più potenti, trasformando spesso le loro azioni in atti autoritari nei confronti degli utenti, con conseguenze che pesano sul dibattito di una società democratica, andando a ledere lo stesso diritto di informazione.

C'è chi propone di ritirarsi da queste piattaforme, passando ad altre alternative: come osserva però Marcello Veneziani, si tratterebbe soltanto di «un'autoghettizzazione magari funzionale allo stesso potere dominante; può valere se si tratta di ristrette aristocrazie ma ha esiti inibitori se si rivolge a tutti e vuol incidere sulle masse. Sarebbe giusto aprire posizioni alternative ma senza escludersi da quelle dominanti (Facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp, YouTube); finché è possibile».

Le soluzioni possibili non sono poche, ma sono urgenti: una tra queste è quella di promuovere una risposta politica e culturale, realistica e strutturata, in modo da opporsi al tentativo sempre più invasivo e violento, di livellare l'opinione pubblica, inquinare la verità e silenziare il dissenso.

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