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Mente e cervello: una strada a doppio senso

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto da "La Dieta del Cervello" e scopri come prenderti cura del tuo benessere mentale attraverso l'alimentazione

Il rapporto tra cervello e intestino funziona in entrambi i sensi. Quindi, se i batteri intestinali possono influenzare il cervello, è altrettanto vero che quest'ultimo è in grado di modificare il loro equilibrio.

Bastano due ore di stress intenso - un cenone di Natale particolarmente teso, o un ingorgo nel traffico - per alterare in modo significativo la flora intestinale. Le teorie più recenti sostengono che, quando si è stressati, l'SNA e l'asse HPA inviino molecole di segnalazione ai batteri dell'intestino, influenzandone comportamento e composizione, con effetti anche gravi.

Un genere di batteri particolarmente suscettibile alle meccaniche scatenate dallo stress è il Lactobacillus. Di norma tali microrganismi scompongono gli zuccheri in acido lattico, impedendo ai batteri nocivi di rivestire l'intestino e proteggendo il corpo dalle infezioni fungine; quando siamo stressati, però, Lactobacillus non assolve a nessuna di queste funzioni: le sue normali attività vengono bloccate, lasciandovi esposti a diversi rischi.

Il cervello può influire anche sui movimenti compiuti dall'intestino (ad esempio le contrazioni) e controlla la secrezione di acido, bicarbonato e muco che formano il suo rivestimento protettivo. In alcuni casi influenza la sua gestione dei liquidi.

Quando il cervello non funziona a dovere - magari perché si è depressi, o ansiosi - tutti i normali meccanismi protettivi dell'intestino sono compromessi. Di conseguenza il cibo non viene assorbito correttamente, con ricadute negative sull'intero corpo, che non riceve le sostanze nutritive di cui ha bisogno.

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Indice dei contenuti:

Quando le cose si mettono male

Ricapitolando, un giusto equilibrio dei batteri intestinali permette al cervello di creare le sostanze chimiche di cui ha bisogno per restare stabile e sano. L'intestino, d'altro canto, si affida al cervello per rimanere altrettanto stabile e sano, così da mantenere il giusto equilibrio dei batteri intestinali.

Se questa relazione circolare viene interrotta, entrambi gli organi ne risentono. Un microbiota intestinale compromesso porta a una compromissione delle funzioni cerebrali, e viceversa.

Un esempio di tali problematiche ci è fornito da uno studio dell'aprile 2019, condotto da Mireia Valles-Colomer e colleghi. I ricercatori hanno messo in relazione le caratteristiche del microbiota di oltre mille soggetti con i loro livelli di benessere e depressione, e hanno notato che una presenza equilibrata dei batteri responsabili della produzione di butirrato era associata a indici più alti di qualità della vita. Al contempo, in diversi soggetti affetti da depressione la flora batterica appariva impoverita, pur tenendo conto degli effetti degli antidepressivi, e la produzione di GABA era alterata. Hanno inoltre scoperto che a un'alta concentrazione di acido 3,4-diidrossifenilacetico - un metabolita della dopamina che contribuisce alla crescita batterica intestinale - corrisponde un miglioramento della salute mentale.

E questa è solo la punta dell'iceberg. In ciascuno dei successivi capitoli esamineremo specifiche disfunzioni nel rapporto intestino-cervello, delineando la relazione tra microbiota e disturbi dell'individuo.

Nelle pagine seguenti vedremo come depressione, ansia, disturbo da stress post traumatico, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, demenza, disturbo ossessivo-compulsivo, insonnia, diminuzione della libido, schizofrenia e disturbo bipolare possono correlarsi a un microbiota alterato. Vi illustrerò a che punto è la ricerca su ognuno di questi disturbi, e vi indicherò le aree in cui c'è spazio per ulteriori sviluppi.

Cibo per la mente

Oltre a esaminare come le alterazioni della flora intestinale possano provocare diverse problematiche psicologiche, terremo gli occhi aperti - e l'appetito pronto - per individuare quegli alimenti in grado di contribuire a mantenere sani intestino e cervello.

Il cibo agisce sul cervello a livello diretto e indiretto. Quando viene scomposto dal microbiota in sostanze fermentate e digerite, i suoi componenti impattano direttamente sui neurotrasmettitori di cui abbiamo già parlato: serotonina, dopamina e GABA, che arrivano al cervello e influenzano il nostro modo di pensare e sentire. Ma quegli stessi elementi costitutivi possono attraversare la parete intestinale ed entrare nel flusso sanguigno: un'altra via attraverso la quale alcuni metaboliti riescono ad agire sul cervello.

Come abbiamo accennato, è attraverso l'impatto sui batteri intestinali che l'alimentazione influenza in modo più profondo le meccaniche celebrali. Alcuni cibi favoriscono lo sviluppo dei batteri utili, mentre altri lo inibiscono.

La dieta rappresenta dunque una delle medicine più efficaci per la salute mentale, e intervenendo su di essa si possono talvolta ottenere risultati analoghi a quelli prodotti da farmaci creati appositamente, risparmiando parecchio e andando incontro a effetti collaterali scarsissimi o addirittura inesistenti. 

Al contempo, particolari alimenti possono - ad esempio - rendervi più tristi, perché alcune tipologie di cibo e determinati modelli nutrizionali hanno un effetto negativo sul microbiota intestinale e sulla salute mentale.

Ecco perché, all'interno di questo libro, esamineremo gli alimenti che possono favorire o danneggiare il nostro equilibrio psicologico. Apprenderete come sfruttare piatti salutari per far sì che il cervello funzioni al meglio, e nel capitolo 11 fornirò esempi di menu e ricette capaci di migliorare l'umore, acuire il pensiero e infondere energia.

La sfida della psichiatria

L'idea di sfruttare il cibo per migliorare la nostra salute mentale è al centro della psichiatria nutrizionale; un approccio che ritengo fondamentale per trovare soluzioni efficaci e durature alle problematiche psicologiche.

Come ho accennato all'inizio del capitolo, abbiamo fatto parecchia strada da quando i pazienti con disturbi mentali gravi venivano confinati in manicomi senza nemmeno tentare di comprendere le loro sofferenze. Ciò non significa, però, che la salute mentale non sia più un problema.

Oltre quaranta milioni di americani si trovano ad affrontare disturbi di questo tipo: più della popolazione dello Stato di New York e della Florida messe insieme. Sono una delle cause più comuni - e più costose da fronteggiare - di disabilità negli Stati Uniti. Il Paese assiste a un costante aumento di casi di depressione e ansia, e il suicidio è tra le principali cause di morte in ogni fascia di età. Sebbene in molti neghino il fenomeno, la salute mentale è un tasto dolente nella nostra società.

Non è stato facile individuare trattamenti che si dimostrassero efficaci nell'aiutare le persone a gestire l'umore, le capacità cognitive e i livelli di stress.

In passato ci si è rivolti soprattutto a farmaci e psicoterapia mirati. Nel caso di un paziente depresso, ad esempio, si poteva prescrivere un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina come il Prozac. A chi soffriva di attacchi di panico si consigliava una terapia cognitivo-comportamentale.

Ancora oggi si ricorre quasi sempre a trattamenti simili, ma in alcuni soggetti gli effetti positivi durano solo per un breve periodo, e non eliminano del tutto i sintomi. A volte le persone smettono di assumere i farmaci per l'insorgere di effetti collaterali, oppure perché hanno paura di sviluppare una dipendenza. Alcuni dei miei pazienti non rispondono pienamente ai criteri di diagnosi per disturbi quali depressione o ansia: accusano certi sintomi, ma non tali da giustificare un intervento farmacologico.

E qui sta, a mio parere, la radice dei nostri sbagli: le valutazioni psichiatriche non hanno alcuna base statistica, e non esistono biomarcatori specifici per particolari disturbi.

Tutto si riduce a semplici elenchi di sintomi, e se un soggetto manifesta disturbi psicologici presumiamo che il problema risieda esclusivamente nel cervello. Ma, come abbiamo visto, è chiaro che altri organi - ad esempio l'intestino - influenzano il nostro modo di pensare e sentire.


Per curare al meglio una persona è dunque necessario esaminarla nella sua interezza, considerando anche il suo stile di vita.


La questione va oltre la psichiatria, e interessa la medicina in generale.

Malgrado l'enorme quantità di problemi di salute legati alla dieta, molti pazienti - per quanto sembri assurdo - non ricevono consigli sull'alimentazione dai medici, e men che meno dagli psichiatri. I corsi universitari e gli internati non insegnano agli studenti di medicina come parlare ai propri pazienti di scelte sane in fatto di cibo. La formazione dei medici in materia di nutrizione è limitata.

Per fortuna ci stiamo muovendo in direzione di una medicina che non si limiti alle prescrizioni e a un unico approccio terapeutico. Il grande pubblico ha oggi accesso a una vasta mole di conoscenze mediche, e i pazienti sono più competenti e informati che mai.

Mi sembra che tutti i miei colleghi, nei rispettivi campi di specializzazione, stiano facendo i conti con tale fenomeno: chi si rivolge loro è spesso desideroso di esplorare un'ampia gamma di approcci diversi per stare meglio.

Nel mio caso, uno dei trattamenti nutrizionali che considero più riusciti coinvolse un paziente indirizzatomi da uno specialista in malattie infettive. E in un'altra occasione fui contattata da un ortopedico che chiedeva delucidazioni sulle proprietà antinfiammatorie della curcuma: un suo paziente, che soffriva di un forte dolore al ginocchio, era intenzionato a provare l'approccio nutrizionale prima di ricorrere all'intervento chirurgico.

Anche nel campo della psichiatria si inizia finalmente a parlare dell'influenza dell'alimentazione sulla salute mentale, e di un suo utilizzo a fini terapeutici. Cresce, ad esempio, la quantità di studi sul microbiota, e nel 2015 Jerome Sarris e colleghi hanno stabilito che la «medicina nutrizionale» sta diventando comune in psichiatria.


L'obiettivo della psichiatria nutrizionale è fornire agli esperti di salute mentale le informazioni necessarie perché possano offrire ai loro pazienti consigli pratici ed efficaci su cosa mangiare.


Il mio obiettivo, in questo libro, è fornire a voi lettori lo stesso tipo di informazioni.

Con ciò non intendo mettere in secondo piano l'importanza del lavoro con il vostro medico, perché una terapia appropriata - psicologica e farmacologica - resta fondamentale nel percorso per migliorare la propria salute mentale. Una dieta mirata può aiutare, ma è solo parte del trattamento.

Da sola, l'alimentazione non è una via d'uscita dalla depressione o dall'ansia; anzi, come vedremo, tentare unicamente questa via può persino peggiorare le cose. Il cibo non riuscirà mai a combattere gravi forme di depressione, pensieri suicidi o omicidi, e se provate l'impulso a far male a voi stessi o agli altri è importante che vi rivolgiate al vostro medico o a una struttura apposita.

Come ho provato sulla mia pelle mentre lottavo contro il cancro, per mantenere un sano equilibrio psicologico sono importanti anche le tecniche di mindfulness, la meditazione, l'esercizio fisico e la qualità del sonno.

Esiste una vasta letteratura in materia, che si concentra tanto su approcci antichi quanto su quelli moderni (e, a volte, su una loro combinazione). Nel libro non tratterò in dettaglio questi argomenti, ma vi incoraggerò ad approfondirli per conto vostro.

Detto questo, oltre a seguire le indicazioni del medico e migliorare il vostro benessere mentale con vari strumenti, un buon modo di supportare il trattamento è porre la giusta attenzione a come e cosa mangiate. D'altro canto si guarda con sempre maggior interesse al rapporto che lega alimentazione, umore e ansia.

Nei capitoli successivi vi guiderò alla scoperta dell'entusiasmante scienza dell'alimentazione, e dei suoi legami con una serie di problematiche psicologiche piuttosto diffuse.

Come usare questo libro

Per discutere al meglio del rapporto tra salute mentale e dieta, nel corso del libro esaminerò nove disturbi diversi.

Come ovvio, potreste essere più interessati a un capitolo e meno ad altri: nel mio lavoro di psichiatra ho incontrato persone in ogni condizione, ma per fortuna non mi è mai capitato un paziente affetto da tutti i disturbi di cui parleremo. E siccome ritengo importante che un lettore possa individuare in modo semplice gli argomenti che più lo interessano, ho cercato di rendere ciascun capitolo autoconclusivo, per quanto possibile.

Se però leggerete l'intero volume, comincerete a notare alcune tendenze nelle raccomandazioni; questo perché, come vedremo, alcuni alimenti e modelli nutrizionali incidono in modo simile su disturbi differenti. Tanto più che parleremo sempre di problematiche collegate al rapporto tra intestino e cervello, ed è dunque naturale che determinati cibi contribuiscano a risolverle o peggiorarle tutte.

Insomma, vi capiterà di incontrare più volte le stesse raccomandazioni, sappiatelo.

In ogni capitolo, inoltre, presenterò gli studi che indicano quali alimenti consumare o evitare per un particolare disturbo. Vi esorto a leggere il libro con mente aperta: la psichiatria nutrizionale è solo una tessera di un complesso mosaico, e non abbiamo a disposizione la stessa mole di evidenze scientifiche per tutti gli alimenti. Gran parte dei dati che indicano un legame tra alterazioni del microbiota ed equilibrio psicologico proviene da ricerche condotte su animali, ma di recente sono stati realizzati studi in tal senso anche sull'uomo: ricorrerò il più possibile a questi ultimi per integrare la mia trattazione.

Un altro elemento da sottolineare è che in molte delle ricerche menzionate nel libro gli studiosi hanno fornito tramite integratori gli elementi nutritivi oggetto di studio.

Gli integratori possono contribuire a colmare deficit nutrizionali, ma personalmente ritengo preferibile ricavare le sostanze che ci sono necessarie attraverso la dieta quotidiana, almeno laddove possibile. In ogni caso, se voleste aggiungere degli integratori alla vostra routine, consultate prima il medico per assicurarvi di assumere il dosaggio corretto ed evitare interazioni con altri farmaci.

Giusto per fare un esempio, pochi pazienti sanno che l'innocuo pompelmo e i suoi derivati, come il succo, interagiscono con diversi farmaci per via di un composto chimico che blocca certi enzimi epatici.

Per prassi, in medicina si ritengono valide le evidenze emerse dopo almeno due sperimentazioni cliniche in doppio cieco, in grado di dimostrare l'efficacia di un trattamento rispetto a un placebo.

In uno studio in doppio cieco con gruppo di controllo, solo parte dei partecipanti riceve il farmaco da testare; all'altra parte viene appunto somministrato un placebo, ovvero una sostanza inerte che ha lo stesso aspetto del medicinale. Né i pazienti né i medici incaricati della somministrazione sanno cosa viene dato a chi. Questo è l'unico modo per essere certi che il trattamento sia efficace.

Il problema delle sperimentazioni in doppio cieco, però, è che forniscono dati su un gruppo di individui, non sulle singole persone. E le caratteristiche di tale gruppo potrebbero non riflettere quelle specifiche del cervello ciascuno.


Per sapere davvero cosa funziona per noi c'è una strada sola: provarlo personalmente.


Ovviamente non è un approccio valido nel caso di farmaci e integratori, che vanno assunti sempre dietro consulto con il medico, ma finché si tratta di consumare alimenti sani vi esorto a provare diete diverse, così da capire quale fa al caso vostro e vi fa stare meglio.

Questo libro vuole essere proprio una guida - rigorosa e al contempo realistica - per scegliere gli alimenti sulla base del vostro attuale stato di salute mentale.

In ogni capitolo fornirò indicazioni sull'efficacia e la sicurezza di ciascun alimento o regime nutrizionale, e vi presenterò studi e dati aggiornati a sostegno dei miei suggerimenti.

Come ovvio, nel corso del tempo nuove ricerche potrebbero in parte correggere le informazioni attualmente in nostro possesso. E, in questo senso, non aiuta una certa tendenza dell'epidemiologia nutrizionale a interpretare i dati in modo controverso.

Giusto per farvi un esempio, mentre scrivo queste righe i quotidiani stanno dedicando ampio spazio a una recente serie di pubblicazioni apparsa sugli «Annals of Internal Medicine»: questi studi sembrerebbero suggerire che limitare il consumo di carne rossa non garantisca benefici evidenti per la salute. In tutta coscienza, non posso condividere le conclusioni raggiunte in tali articoli. Mi limiterò piuttosto a ripetere che nel delineare le indicazioni - attentamente bilanciate - di questo libro mi sono tenuta alla larga da studi controversi e conclusioni sensazionalistiche.

Infine voglio sottolineare come la psichiatria sia una materia complicata, che deve sempre adeguarsi alle esigenze e alle caratteristiche dei singoli individui.

Non suggerirò in alcun modo che ogni paziente affetto dai disturbi che esamineremo possa trovare totale sollievo grazie alla sola dieta suggerita. Laddove necessario è importante rivolgersi a un esperto di salute mentale per individuare il giusto mix tra psicoterapia e cure farmacologiche. In ogni caso, però, la vostra alimentazione andrà a costituire un pezzo importante del puzzle. 

Un noto adagio sostiene che la via per conquistare il cuore di un uomo passa dal suo stomaco. In queste parole -con giusto qualche piccola correzione - è contenuta una grande verità, valida tanto per gli uomini quanto per le donne: il cibo che ci entra nello stomaco può non solo riscaldarci il cuore, ma anche influenzare il nostro cervello.

Spero che questo libro possa donarvi maggior consapevolezza, serenità, energia e felicità.

Che l'esplorazione cominci!


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