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Il vampirismo e l'arte di umiliare

Pubblicato 3 anni fa

Leggi un estratto di "Vampiri del XXI Secolo" libro di Mario Corte

L'umiliazione è un evento psicologico durante il quale sentiamo che il nostro valore umano subisce un danno, una diminuzione agli occhi di una o più persone. Il vocabolario Treccani spiega che umiliare significa "mortificare qualcuno offendendone e ledendone la personalità e la dignità, così da causare in lui uno stato, giustificato o ingiustificato, di grave disagio, di avvilimento e vergogna".

La nostra cultura, spesso più tollerante verso i Vampiri che verso le loro vittime, tende a spostare proprio sulla vittima tutto il peso della lesione emotiva derivante da un'umiliazione, attribuendola alla sua fragilità, al suo carattere debole, alla sua incapacità di assorbire i colpi della vita. In sostanza, alla sua inadeguatezza.

Così si alimenta un paradosso che vede il Vampiro nel ruolo di "formatore", di "istruttore" e la vittima in quello di discepolo recalcitrante che si ritrova sulle spalle una doppia responsabilità: quella di essersi "sentito offeso" senza motivo e quella di ostinarsi a rifiutare consigli che potrebbero renderlo più idoneo al vivere sociale.

Questo avviene perché la società accetta il Vampiro come parte integrante del tessuto sociale, relegando ai suoi margini chi si perde in lamentele su "ipotetiche" lesioni che vedrebbe solo lui.

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Umiliazione: l'emozione più dannosa

È vero che la sola indicazione di un difetto o di una inadeguatezza non comporta di per sé un'umiliazione e che l'impatto che può avere l'irruenza verbale di un rimprovero dipende anche dall'equilibrio psicologico di chi lo riceve.

Ma se, anziché su chi si è sentito umiliato, ci concentriamo un momento su chi ha provocato l'umiliazione, notiamo che c'è una profonda differenza tra chi vuole correggere l'altro e chi vuole ferirlo, come pure che quella differenza sta tutta nell'intenzione di chi agisce: poiché rimproverare un comportamento sbagliato avrà comunque il risultato di generare disagio, smarrimento, spesso vergogna, chi rimprovera l'altro "per il suo bene" non si compiacerà affatto del dolore che provocherà, ma si distinguerà per l'equilibrio tra durezza e compassione che saprà associare al suo rimprovero.

La sua azione, infatti, sarà volta unicamente a richiamare - anche con fermezza - l'altro affinché acquisisca un'informazione, la assimili e poi torni in pace con se stesso. Da questo è giusto trarre soddisfazione, non dal piacere di aver piegato qualcuno.

Il Vampiro, invece, usa ad arte l'umiliazione per uscire vincente da un confronto che per lui è fondamentale, mentre per chi vuole solo insegnare qualcosa non esiste alcun confronto.

La volontà di ferire è sempre un sintomo di debolezza travestita da potenza. La sola umiliazione utile è quella che viene dalla comprensione del nostri errori, che non sarà mai possibile se qualcuno ci umilierà intenzionalmente. Deve essere la vita a piegarci, non qualcuno. E la vita non gode della nostra umiliazione, mentre il Vampiro si riconosce dal fatto che prova un piacere quasi sensuale nel sottomettere gli altri, nutrendosi del loro dolore e traendone energia.

Ma se si prova piacere nell'umiliare, che differenza c'è tra un buon consigliere e un bullo, un narcisista perverso, un picchiatore, uno scafista, un mafioso? Anche questi vogliono "insegnare" qualcosa, fissare le loro regole e costringere gli altri a seguirle, a obbedire.

Perché, oltre a punirli, devono anche umiliarli? Perché il Vampiro non si accontenta di annichilire: per esercitare il suo dominio deve anche mortificare la natura umana, la dignità, l'identità, traendone il piacere tipico della sottrazione di energia.

Umiliazione e intelligenza istintiva

Riconoscere la volontà di umiliare non sempre è facile. O meglio, sarebbe una cosa alla portata di tutti se solo non ci lasciassimo condizionare dall'ossessivo messaggio registrato che ci hanno insegnato a riascoltare ogni volta che avvertiamo un segnale di pericolo: "smettila di farti le paranoie!".

Purtroppo, finché definiremo paranoie certe intuizioni e reazioni istintive che vengono da dentro, non avremo grandi possibilità di preservare la nostra energia.

La criminologa Cinzia Mammoliti, da anni impegnata nella prevenzione della violenza psicologica, della manipolazione relazionale, dello stalking e del mobbing, nel suo libro I serial killer dell'anima spiega: "Credo molto nell'intuito e nell'intelligenza istintiva, quella che ci porta a diffidare di una persona a pelle al primo contatto". E aggiunge: "È importante tenere azionato il proprio sistema d'allarme interno che ci mette in guardia dalle persone pericolose". 

L'istinto è tutto, nella difesa da un'aggressione vampirica: se rinunciamo a quello, rinunciamo in partenza a un'arma tanto duttile quanto potente. Il Vampiro, infatti, le paranoie se le fa e come, nel senso che non trascura alcun particolare per ottenere la nostra energia.

Mentre noi lottiamo contro noi stessi e contro il nostro stesso istinto di conservazione, lui, come un predatore, è impegnato ad analizzare le nostre debolezze, i nostri punti di cedimento, i tempi e le modalità dell'attacco.

Ce lo immaginiamo un portiere di calcio che, mentre si prepara a subire un calcio di rigore, anziché affidarsi al proprio istinto continua a ripetersi che non deve farsi paranoie perché il pericolo che corre è immaginario? È proprio l'uso dell'istinto, oltre che della tecnica, quello che distingue un campione. Quante volte sentiamo parlare di parate "prodigiose", "miracolose" dovute a quell'elemento invisibile che solo certi fuoriclasse sanno mettere in campo?

L'istinto del fuoriclasse: una formidabile fonte di energia

L'uso dell'intelligenza istintiva in un conflitto con un Vampiro genera in chi difende la propria energia una sorta di brivido in cui si mescolano bizzarramente timore e sicurezza, vigilanza e calma, allarme e segreta certezza di farcela.

Fuoriclasse: questo dobbiamo diventare se vogliamo preservare il nostro sangue.

Ma c'è di più. L'uso dell'istinto produce qualcosa di straordinario, perché da noi si sprigiona un'energia che ci fa uscire dal sogno; guardiamo negli occhi il Vampiro e ci rendiamo conto di una cosa che prima ci era sfuggita: che mentre gioca i suoi giochi, lui non può fare a meno di puntare una fiche energetica.

Come vedremo in modo più approfondito nel capitolo "L'arte della difesa", nel tentativo di sottrarci energia è il Vampiro per primo a puntare parte del suo patrimonio energetico.

Di solito noi ci limitiamo a desiderare di essere altrove e non vediamo l'ora che quel contatto sgradevole finisca, ma se ci rendessimo conto che lui sta rischiando la sua fiche, non solo non gli cederemmo la nostra energia, ma poiché il flusso energetico va da noi a lui o da lui a noi, la partita non finirebbe pari e sarebbe lui a fornire energia a noi.

È una trappola insita nel suo stesso gioco energetico, un difetto nel suo sistema, di cui però quasi nessuno approfitta. Non si tratta di una nostra azione deliberata e quindi aggressiva o immorale: avviene da sé, spontaneamente.

È come se l'hacker che sta installando un virus nel nostro computer improvvisamente si rendesse conto che il suo sistema è stato infettato dal suo stesso virus.

Il ruolo degli "osservatori"

Seguire le tracce lasciate da certi stati d'animo generati dal nostro istinto silenzioso ci condurrebbe a disseppellire tabù indicibili che condizionano tutta la nostra vita e ad aprire squarci di luce nel lato oscuro della realtà, dove il Vampiro dilaga a suo piacimento.

Tuttavia, l'istinto su cui ci stiamo soffermando dovrebbe guidare non solo l'azione di chi subisce un'umiliazione, ma anche quella di chi osserva gli eventi senza esservi coinvolto direttamente.

Se un genitore sapesse seguire fino in fondo le sensazioni suggeritegli da certi malesseri del figlio bullizzato, se una persona amica si mettesse al fianco della donna afflitta da uno stalker e costringesse il persecutore a vedersela con due persone anziché una, se un collega avesse il coraggio di leggere dove stanno il torto e la ragione in una situazione di mobbing e, pur senza esporsi in modo inutilmente eroico, accordasse vicinanza silenziosa e sostegno morale al collega vessato, se, in una qualunque situazione di umiliazione, qualcuno lasciasse spazio al senso di giustizia anziché all'impulso di guardare da un'altra parte, i Vampiri avrebbero qualche difficoltà in più.

Il ruolo dei "terzi" è fondamentale e spesso decisivo in un conflitto vampirico. Ma purtroppo, spesso sono proprio i "terzi" a suggerire alle vittime di "non farsi troppe paranoie".

Di fronte a un'ingiustizia che non lo riguarda personalmente, un osservatore viene quasi sempre sopraffatto dal desiderio di starsene tranquillo, di riposare dalla fatica di provare un sentimento, di visualizzare i confini del proprio orticello e di sedersi lì a riposare dalla fatica di dover pensare, valutare, esprimere un qualunque giudizio.

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