Il lutto è un fenomeno di trasformazione
Pubblicato
3 anni fa
Leggi un estratto di "Rinascere dopo il Lutto" libro di Amanda Castello
Quando state vivendo un lutto, cambia tutto. Non sarete mai più la stessa persona, niente sarà come prima. Un lutto è una perturbazione radicale nella vostra esistenza. C'è un prima e un dopo. Qualsiasi sia il tipo di lutto, ci ripenserete, ritornerete col pensiero sull'evento, vi scoprirete a rivivere ogni istante, a interrogarvi sulla vostra relazione con la persona deceduta, a porvi mille domande.
Accettare la realtà di questo scombussolamento nella vostra vita è il primo passo da compiere. Non serve a nulla negare il cataclisma. Il fatto di non essere più la stessa persona non vuol dire che avete una visione negativa di voi stessi, ma semplicemente che siete in grado di acquisire un'esperienza. L'accumulo delle vostre sofferenze e della loro gestione, difficile sicuramente ma possibile, parteciperà alla costruzione di quello che ora siete diventati. Siamo esseri in divenire. Non siete oggi quello che eravate ieri. Non sarete domani quello che siete in questo momento perché l'immobilismo nell'Universo non esiste. La natura è in costante movimento ed evoluzione, e ne facciamo parte. Tocca a noi aprire gli occhi, le orecchie e il nostro cuore per tentare di comprendere e poter assimilare le nostre esperienze.
Se il lutto è un viaggio sconosciuto verso un luogo inesplorato, per elaborare correttamente il proprio lutto e ricostruirsi, due valori sono necessari: tempo e energia.
Avete sicuramente sentito dire «il tempo cancella tutto». Non è assolutamente vero. Il tempo esercita sicuramente un'influenza sulla vostra vita, perché agisce sulla vostra percezione emotiva, ma non ha il potere di cancellare la vostra storia. Il tempo può semplicemente darvi la possibilità di prendere una certa distanza.
C'è bisogno di energia, ma come fare? Vi sentite già senza forze, dove trovare questa energia?
Il lavoro di lutto è estremamente faticoso, porta anche allo sfinimento. Prima di tutto perché si è già sconvolti. Avete subito una violenza, la sensazione di un pugno nello stomaco. Sentite il bisogno di riprendere fiato, come dopo un lungo cammino nel deserto. Probabilmente vi sentite abbandonati in mezzo a questa enormità e quindi recuperare dell'energia richiederà da parte vostra un reale sforzo e il lutto diventa allora un vero lavoro: curare le vostre ferite, ristabilire il vostro equilibrio, ritrovare i vostri punti di riferimento, fare delle scelte.
Come affrontare il duro lavoro di lutto? Quali strumenti utilizzare? Come uscire dal tunnel oscuro e in cui ci si sente persi? Come ritrovare il gusto alla vita? Come liberarsi del senso di colpa?
Il labirinto dei consigli e delle proposte a volte contraddittorie
Alcuni vi dicono provi questo metodo oppure, per un lutto, devono passare almeno sei mesi, altri affermano un anno... Perché, passato questo tempo, precipiterai nel lutto patologico, e dovrai farti curare! No. Tutto questo è falso. Non esistono regole precise. Nessun tempo sicuro, nessuna metodologia standard applicabili a tutte le categorie di persone, nessuna linea guida valida per tutti.
Che cosa significa?
Ve lo spiego con un esempio semplice. State affermando di potere saltare un metro e venti di altezza nel salto a forbice. Probabilmente ne avete la capacità perché praticate questo sport regolarmente, ma forse questa prestazione era realizzabile, effettivamente, ma nella vostra gioventù. Se oggi siete senza allenamento, vi sarà probabilmente impossibile realizzare quella performance. Potete cominciare ad allenarvi, ma se l'elastico viene messo adesso a un metro e venti e tentate comunque di saltare, è probabile che cadrete e che vi farete male. Questo dimostra che non avete rispettato i vostri limiti.
Non provate ad essere Superman o Wonder Woman, né a fare finta di essere al massimo della vostra forza ripetendovi che «con il tempo tutto si sistemerà». È un'illusione che rischia di rendere difficile il vostro percorso, di allungare il processo del lutto e dì richiedervi molti più sforzi. Più negherete la realtà che è la vostra oramai, più il processo sarà lungo e difficile.
Il lutto è un lavoro delicato, minuzioso, da fare lentamente, nel rispetto di sé e con molta umiltà. Per riprendere l'esempio del salto, sapete onestamente che oggi non siete in grado di saltare un metro e venti. Provate quindi con 20 centimetri, poi domani passate a 30, fra una settimana 40 e così via. Poco a poco, in sicurezza, riuscirete ad aumentare e oltrepassare il vostro limite.
Un limite è flessibile. Non è né una sfida né un obbligo. Rappresenta un obiettivo da raggiungere che può essere modificato, respinto o anche cancellato nel bel mezzo del camino.
Questo approccio è valido in tutti campi. Quando parlo con medici, infermieri, psicologi o volontari durante le mie formazioni per il personale curante, sottolineo sempre l'importanza di rispettare i propri limiti. Anche nella vostra relazione di aiuto all'altro, il fatto di conoscere i vostri limiti permette di sapere fino a dove andare e dove non dovete arrivare. Forse perché non siete ancora pronti e non ne avete la forza, o perché si è stabilita una identificazione con la persona che state attualmente aiutando e questo vi rende fragili.
In tutte le situazioni che viviamo, è indispensabile essere lucidi. La lucidità dipende dalla nostra capacità di riconoscere i nostri limiti. Ancora di più quando dovete affrontare un lutto. In questo caso è tanto pericoloso mettere l'elastico a 1 metro e 20 che metterlo a 10 cm...
La popolazione maschile è più a rischio nell'affrontare il lutto. Gli uomini sono ì più difficili da sostenere e quindi maggiormente in pericolo. Perché? Perché nell'educazione delle donne non esistono barriere culturali alla manifestazione delle emozioni. La donna è naturalmente portata ad esprimere il suo sentire e ad ascoltare quello degli altri. L'educazione maschile privilegia il modello di un uomo forte, che apparentemente non ha bisogno di nessuno, capace di uscire da solo da ogni situazione. Questo schema idealistico è lontano da corrispondere alla verità. Purtroppo, il ragazzo, poi l'uomo, negando le sue emozioni, le considera come debolezze attribuendole al sesso opposto e tenterà di corrispondere all'immagine imposta, che diventa però una mutilazione della propria vita emotiva.
Anche se la nostra società ha intrapreso un percorso di piena consapevolezza riguardo gli errori del passato e l'educazione ha ammorbidito le vecchie proibizioni culturali, non è raro che un adulto corregga un ragazzo in preda a una forte emozione con delle frasi del tipo smetti di piangere come una ragazza, comportati da uomo!
È così che si crea un condizionamento negativo. Convinto della nocività delle sue reazioni emotive, il piccolo lotterà e tenterà di nasconderle e soffocarle dentro sé stesso. Ed è lì che spesso hanno origine alcuni disturbi del comportamento e certe difficoltà relazionali con il genere femminile.
Le emozioni sono il sale della vita. Tutti, uomini e donne, proviamo emozioni ed è importante poterle esprimere e condividerle; è ciò che fa la ricchezza della nostra umanità.
In una situazione di lutto, sentirsi libero di manifestare le proprie emozioni, in un modo o in un altro, è una garanzia per ritrovare l'equilibrio perso.
Piangere non è un obbligo, e neanche l'unico modo per esteriorizzare il proprio dolore. Ognuno vive il coinvolgimento interiore secondo diverse modalità che corrispondono a molteplici fattori: cultura, educazione, religione, paese, età, struttura familiare e sociale, sistema di valori, grado di implicazioni affettive, traumi personali...
Non esprimere la sofferenza con delle lacrime non è sinonimo di indifferenza. L'importante è accettare le proprie emozioni e lasciare che si manifestino senza vergogna, pubblicamente o in privato. Dato che è impossibile definire delle regole uniformi, è giusto rispettare la libertà di ognuno. Niente è obbligatorio, è utile sapere ascoltare l'altro, accogliere le sue emozioni e poterlo così accompagnare. L'uomo deve essere discretamente incoraggiato a riconoscere la normalità di quello che prova. Frasi come non è grave, me la caverò sono tante trappole che il maschio mette da solo sul suo cammino di guarigione.
Più penetrate in questo luogo sconosciuto che è il lutto, più vi porrete delle domande.
Come fare per affrontare questa prova? Trovare del tempo, avere pazienza, energia, certamente. Ma spesso comprenderete che non possedete né pazienza, né tempo. Non ce la fate più, siete schiacciati dal dolore, rinchiusi nell'oscurità assoluta, senza alcuna voglia e colmi di dubbi quanto alla vostra possibilità un giorno di ritrovare il gusto per la vita.
Può anche capitare di sentirvi un po' responsabile, o peggio colpevole, di non aver fatto abbastanza, di non avere tentato altre possibilità oppure soltanto di non aver osato dire...
Esistono degli strumenti per poter rinascere? Una via di fuga da questo tunnel nero nel quale ognuno si ritrova quando ha perso un essere amato e non si sa più cosa fare della propria vita? A tutte queste domande proveremo a rispondere, con molta umiltà...
Per continuare a leggere, acquista il libro