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Homeschooling e socializzazione

Pubblicato 1 anno fa

Come socializzano i bambini senza la scuola?

L'obiezione principale che viene fatta a chi sceglie l'istruzione parentale è quella relativa alla socialità: come possono socializzare i bambini senza la scuola?

Per fare una domanda o un'obiezione di questo tipo bisogna prima di tutto partire dalla consapevolezza che socialmente esiste un pregiudizio, cioè una convinzione di base scontata, secondo la quale l'unico modo per un bambino di socializzare sia quella di andare a scuola. Dunque se si incontra una famiglia che non manda a scuola il proprio figlio, facilmente si pensa che questi sarà un bambino isolato e magari taciturno, o comunque problematico.

Inoltre un'obiezione di questo tipo presuppone un altro tipo di pregiudizio, ossia la definizione stessa di 'socializzazione', che se è equiparata al fatto di andare a scuola deve significare qualcosa tipo: "socializzare significa stare più anni con 20/30 persone della stessa età (anche se magari non ti sono proprio simpatici), seguendo regole e principi imposti dagli adulti, dove spesso il tempo di giocare e stare semplicemente insieme si rivela assai ridotto, ovvero la ricreazione di 10 o 15 minuti".

Partirei dunque proprio da questo chiedendomi: esiste davvero una definizione unica di "socializzazione"? E poi, esiste davvero un unico modo per socializzare?

Indice dei contenuti:

Che cos'è la socializzazione?

Prima di tutto la socializzazione riguarda ogni essere umano, non solo i bambini. Tutti abbiamo necessità di relazioni per vivere e sopravvivere. Poche o tante che siano, ne abbiamo tutti necessità. L'uomo è dunque un essere sociale per sua natura.

Come si può allora pensare anche per un solo istante che un bambino non stia socializziando soltanto perché non frequenta ogni giorno un'aula di scuola? I compagni con cui sta li ha scelti vermente? Dico questo perché un giovane o un adulto sceglie le proprie amicizie, e non sono necessariamente dei coetanei.

Io personalmente ho un'amica che ha 11 anni più di me, una 5, una ne ha 3 in meno, di qualche altra non so nemmeno l'età. Ma allora perché dobbiamo chiedere ai bambini di stare per forza bene con altri bambini che non hanno scelto? È proprio sicuro che in questo modo socializzino?

No, non può essere questo un criterio di base per stabilire cosa sia la socialità, semmai può essere un'opportunità dove poter scegliere le loro amicizie.

Una possibile definizione di socializzazione potrebbe eventualmente essere "la capacità di sapersi relazionare a persone di ogni età, ponendosi di fronte col proprio essere senza svalutarsi né prevaricare". Personalmente preferisco una definizione di questo genere. Ma se così fosse, ne consegue che un bambino ha l'occasione di socializzare in qualunque contesto: in famiglia, con gli amici, in un negozio, al cinema, dal medico e così via (e quindi anche a scuola, ma non soltanto a scuola).

Ma esiste davvero una unica definizione di questo termine?

Esiste davvero una definizione "giusta" di socializzazione?

Per quanto mi riguarda no.

Ogni essere umano che si incarni sulla terra sarà necessariamente diverso da chiunque altro sia venuto prima, sia contemporaneo o debba arrivare in seguito.

Se siamo dunque tutti così unici come può un'unica definizione andar bene per tutti? A maggior ragione questo riguarderà i bambini, che per la loro tenera età si stanno affacciando al mondo, curiosi di vederlo e conoscerlo.

Ognuno di noi ha una sua propria indole, dunque ad esempio ci sono persone più o meno introverse o più o meno estroverse in una scala difficilmente misurabile. Queste sono semplicemente caratteristiche che esprimono la diversità, e magari non tanto problemi da risolvere.

Esempi concreti

Io personalmente ho due figlie completamente diverse l'una dall'altra, come potrei indurle a socializzare allo stesso modo? In questi anni ho avuto modo di incontrare diversi genitori preoccupati per i propri figli che a scuola da sempre alla fine stanno immancabilmente da soli, non legano con nessuno della classe, o al massimo con una persona. Come si può farne una "colpa"? O peggio ancora una patologia?

Mio marito è l'uomo più felice del mondo nei lunghi momenti di pacchia della sua solitudine, non gli manca niente e non soffre per nulla di questo, perché bisognerebbe costringerlo a essere qualcosa di diverso?

È come se avessi una petunia che cercassi continuamente di trasformare in rosa... ma perché?

Perché permettiamo la solitudine a noi adulti e non a un bambino che sta così bene nel suo tempo libero? Magari questo lo rende così creativo da fargli tirar fuori cose che un adulto non si aspetterebbe mai, soprattutto se pensiamo ai bambini come contenitori vuoti da riempire, invece che come dei semi ricchissimi, diversi ognuno dall'altro e stracolmi di potenzialità.

Chi invece fosse più estroverso avrà certamente bisogno di stare con molte persone, ciò che conta è vedere qual è la natura intrinseca di ogni bambino e assecondarlo.

C'è da dire infine che fare homeschooling non significa per nulla "stare da soli", al contrario personalmente le mie più belle amicizie sono iniziate proprio quando mi sono tuffata in questa scelta, e ciò vale anche per i bambini. Le opportunità di stare insieme possono essere davvero svariate.

Mia figlia più grande ha iniziato veramente a giocare con altri bambini con l'istruzione parentale. È sempre stata a suo agio a giocare con uno o due compagni, mentre nel suo primo e unico anno di scuola sentivo un tuffo al cuore quando andavo a prenderla e nel grande cortile della scuola gremito di bambini la guardavo per dieci minuti mentre giocava da sola con la palla contro il muro.

Mia figlia più piccola invece sente il bisogno di stare in gruppo, ma questo sta avvenendo mentre si fa più grande. Da piccolina invece aveva più bisogno della famiglia, della mamma, e l'ho sempre vista piena di vita indipendentemente dal fatto che fosse con altri, con la sorella o anche da sola. È come se nell'esperienza della libertà di essere davvero una bambina avesse in qualche modo imparato a sentirsi nella sua pienezza, che si esprime in ogni situazione.

Il fatto è quindi che il significato di socializzazione non soltanto varia da bambino a bambino, ma anche nella vita di uno stesso bambino può cambiare a seconda del periodo che sta vivendo.

Ciò che sto vedendo in tutto e per tutto è che l'esperienza dell'istruzione parentale è una grandissima occasione per imparare ogni giorno a stare nel presente, a vivere il momento presente come unico e irripetibile, e non sentirsi mai comodi in una specie di poltrona dove sapere cosa verrà dopo, perché se osservi attentamente i tuoi figli e te stesso sai che questo non è possibile.

Un grande maestro insegnava a non vivere nella comodità della sicurezza, perché questo non è vivere, è una specie di modo di essere morti, perché hai già deciso come sarà domani senza aprirti alla possibilità di imparare qualcosa di nuovo.

Con ciò non intendo affatto demonizzare la pianificazione, anzi al contrario io la uso e mia figlia più grande è tutta un 'planning', ma questa è un'altra cosa e non preclude affatto la consapevolezza di continuare a ignorare cosa succederà il momento successivo a quello presente.

 

Per approfondire il tema dell'homeschooling puoi leggere anche l'articolo dal titolo "Come mai oggi niente scuola?" ma anche...


Ultimi commenti su Homeschooling e socializzazione

Recensioni dei clienti

Mattia D.

Recensione del 27/11/2024

Valutazione: 3 / 5

Data di acquisto: 27/11/2024

Non mi vedo d'accordo con gran parte dell'articolo. Capisco il caso specifico, l'esperienza personale, ma è necessario guardare le statistiche o, molto più semplicemente, approfondire i bisogni di un bambino. A scuola si studiano diverse nozioni, ma è anche un modo per imparare come si sta al mondo, per preparare il bambino al suo ruolo sociale. La scuola non è gioco. Può essere anche gioco e, vedo il caso di mia nipote, ne fanno anche parecchio ben intervallato tra scuola "normale" e "doposcuola". I bambini, però, hanno bisogno di stare con gli altri bambini, di interagire. La scuola serve anche ad accumunare le anime affini, a incoraggiare chi è più timido (dovrebbe, quantomeno) ad aprirsi verso gli altri. Fare studiare un bambino a casa significa purtroppo isolarlo e non farlo partecipare a quelle che sono le interazioni con la società dei bambini (i compagni di scuola) e degli adulti (le/i maestre/i).

Baristo T.

Recensione del 23/11/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 23/11/2024

Sono punti di vista. Per prima cosa non si va a scuola per socializzare o giocare ma per imparare. Socializzare dipende da ognuno di noi, non da quanti bambini si frequentano. Se in classe ce ne sono 10 o 30, si formeranno sempre e comunque i soliti gruppetti di 2 o 3 che socializzeranno meglio tra loro, perché si sceglie in base a quello che si ha a disposizione e, in questo, si cerca di scegliere quel che per noi è meglio, è così in qualsiasi ambiente. Ed è giusto che le regole a scuola siano imposte dagli adulti, ci mancherebbe ancora che i ragazzini facciano quel che vogliono, anzi in questo modo imparano quel che è il rispetto e la disciplina delle regole stesse e anche a rinunciare, ad esempio, quando finisce la ricreazione si smette di fare quel che si stava facendo e si torna a studiare. Articolo interessante ma si basa su fatti troppo personali e singoli, come sempre non si può fare di tutta l’erba un fascio.

Lia M.

Recensione del 07/11/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 07/11/2024

Non esiste una definizione unica di socializzazione, e infatti su questo sono d'accordo. Ma è anche vero che il bambino ha poi bisogno di fare una selezione dei bambini che vuole frequentare, motivo per cui di una classe di 20/30 bambini, sceglie poi determinate amicizie. Ma questo non toglie che la qualità della socializzazione sia più bassa quando il bambino sceglie o non sceglie, in un gruppo di 10 bambini ad esempio

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