Come raccogliere le erbe spontanee in sicurezza
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1 anno fa
Impara a distinguere tra commestibili e velenose per evitare problemi alla pelle o gravi intossicazioni alimentari
Terminate le ferie estive si torna all’orto, al giardino, alle passeggiate fuori porta. Chi di noi è più curioso spesso si diverte a scoprire le specie che crescono nelle vicinanze di casa o nei luoghi delle gite in montagna (o anche al mare). Attenzione però: la raccomandazione è sempre quella di raccogliere, e soprattutto di ingerire, solo ciò che abbiamo correttamente identificato e solo piante sulla cui sicurezza non ci sono dubbi.
Come riconoscere le fitodermatiti
Alle precauzioni sul consumo è bene associare la cautela nel contatto con la pelle: sebbene si presentino soprattutto in primavera e in estate, le fitodermatiti sono un capitolo da tenere presente specie per chi lavora a contatto con il mondo vegetale o se in famiglia abbiamo dei bambini. Di cosa si tratta? Di dermatiti da contatto causate da lattice, linfa, succhi e resine con microcristalli irritanti per la cute.
Segnaliamo in particolare le fito foto dermatiti, da sostanze attivate grazie alla luce del sole: nelle ultime settimane di caldo estivo potreste trovarvi a tagliare diverse creature della famiglia Apiaceae, da tanti di voi conosciute come ombrellifere. Le microferite presenti sulle nostre aree esposte e i frammenti vegetali possono regalarci una brutta dermatite bollosa, con bollicine piccine che via via si uniscono in bolle più grandi, come fosse un’ustione. Se la superficie corporea è estesa, recatevi in Pronto Soccorso perché la perdita di liquidi è importante. E mi raccomando: ben coperti quando vi occupate di giardinaggio.
Attenzione al falso zafferano
Nella stagione entrante, attenzione al falso zafferano o colchico (Colchicum autumnale). Il principio attivo, la colchicina, causa un avvelenamento potenzialmente letale. Di solito esordisce con sintomi gastrointestinali (dolore addominale, nausea, vomito e diarrea, che provocano una grave disidratazione) per poi passare a colpire tutti gli organi e i sistemi, dal cervello, al rene, al cuore, al circolo sanguigno, e morte entro 1–3 giorni. Ma come distinguere colchico e zafferano vero (Crocus sativus)? Fioriscono entrambi in autunno, ma la fioritura della specie edule è successiva e il preziosissimo bulbo è coltivato, molto raro allo stato sub spontaneo; il colchico è prettamente del Nord Italia e la sua presenza si ferma a Emilia-Romagna, Toscana, Sardegna. Al di là del parametro temporale o dell’areale, dal momento che l’intossicazione per lo più avviene confondendo gli stimmi dello zafferano con quelli del colchico, guardate il fiore. Nello zafferano osserviamo tre stami con antera gialla e tre stimmi filamentosi di color rosso croco, con apice ingrossato a forma di tromba; nel colchico gli stami sono sei e gli stimmi sono bianchi, allungati, poco appariscenti. La colchicina è così tossica che ne bastano pochi grammi per portare a morte: attenzione a preparare risotto con quello che credete zafferano. Se avete individuato una pianta simile, l’avete anche solo toccata e si è scatenata un’irritazione alla pelle o bruciore alla bocca, correte in Pronto Soccorso.
E anche all’edera
Due note anche su uno dei rampicanti più comuni, l’edera (Hedera helix). Il contatto con le foglie è causa di dermatiti di natura allergica. Nella stagione autunnale potete trovare anche i frutti, bacche violacee che possono incuriosire i vostri figli: attenzione perché provocano nausea, vomito, dolori addominali e diarrea e va consultato un medico.
La ricetta è sempre la stessa: fermarsi, osservare, cercare informazioni di qualità.
Fusilli ai fiori di farinello
No, non vi sto istigando a causare sintomi gastrointestinali, per quanto blandi, a qualche famigliare o collega antipatico. Ora si mangia sul serio.
Vi ricordate di Chenopodium album o farinello, citato nell’articolo dello scorso trimestre? Se vi siete innamorati della pianta tanto da lasciarne qualche esemplare da brucare o da cui raccogliere il seme, fate un passo indietro e questa volta usatene il fiore. Il fiore? Sì, quelle piccole sfere verdastre di 1-1,5 mm di diametro. Per una pastasciutta insolita, ecco le dosi riferite a quattro persone. Raccoglietene una tazza di fiorellini sfilando gli elementi dallo stelo. Tagliate a julienne un cipollotto o 2 cm di porro, la sola parte bianca. Saltate in padella, sfumate con 1 cucchiaio di vino bianco secco o, se ne avete, con 2 cucchiai di kombucha già affinata. Unite una carota a lamelle e, dopo un minuto, il farinello. Versate nella padella 350 g di fusilli già lessati e servite in tavola con un trito di rucola cruda e un cucchiaio per commensale di semi di girasole tostati e, se lo desiderate, spruzzati di shoyu. Semplice e fresco. I fiori, dopo la raccolta, si conservano in frigorifero fino a 24 ore.