Come preparare il brodo di clorofilla per fare il pieno di magnesio
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2 anni fa
La fitoalimurgia ci insegna ad avvicinarci alla raccolta delle erbe spontanee con curiosità e in sicurezza
Malerbe, erbacce, erbe infestanti, piante alloctone invasive: sono tante le simpatiche creature ad essere indicate con le peggiori locuzioni.
Mai sentito parlare di plant blindness?
Indipendenti dall’uomo, o meglio furbe sfruttatrici dei movimenti e delle abitudini umane, belle per chi sa apprezzarne la grazia sdegnosa, ci accompagnano ovunque: dai ciottoli tra i binari della ferrovia, alle crepe dell’asfalto cittadino, a siepi campestri, ai terreni abbandonati e riabitati dal bosco, ai giardini progettati da architetti alla Oudolf.
In principio c’è lo sguardo: bisogna imparare a vederle, non solo a guardare. Una rapida ricerca in rete e vi divertirete a contare gli articoli dedicati alla plant blindness, cecità rivolta al mondo vegetale. Gli animali appartengono al nostro regno e ci è più facile percepirne il movimento, le piante ci appaiono immobili e a un occhio poco innamorato sembrano un’unica distesa di verde o di beige, secondo la stagione: un ammasso informe e disordinato che disturba il lineare spiegarsi del paesaggio. Eh no! Ciascuna di queste creature ha almeno un nome e un cognome: i due termini in latino che in tutto il mondo identificano quella e solo quella specie, che è in grado di produrre figlioli con le sue stesse caratteristiche.
Una tradizione che viene da lontano
In realtà, le piante hanno tanti nomi: non solo il nome comune in ogni nazione, ma i vari nomi dialettali, spesso camaleontici a pochi chilometri di distanza. Ecco, in principio c’è anche la parola. Dare un nome, dare dignità di essere vivente.
Ci sono i racconti popolari, la saggezza trasmessa di nonna in nipote, le fiabe e i miti che tanto spesso si ornano di erbe, alberi e arbusti per veicolare messaggi complessi e sempre attuali.
C’è Il termine pomposo di fitoalimurgia, da qualche anno entrato nella comunicativa dei ristoranti stellati: contrazione del latino alimenti urgentia, viene dal titolo di un testo del 1700, scritto dal medico e naturalista Giovanni Targioni Tozzetti.
Nel suo De alimenti urgentia la conoscenza della flora spontanea viene descritta come aiuto in tempi di carestia, partendo proprio da situazioni a lui ben note e antecedenti di qualche anno la pubblicazione del libro.
Ecco lo spirito giusto per iniziare
Significante e significato: oggi la fitoalimurgia non è privazione ed emergenza, è gioia.
È prendersi il tempo di passeggiare: camminando riesco a vedere di quanta biodiversità pullula un umile fosso di campagna, già pedalando in fretta scorgo appena indistinte masse di colore. È regalarsi un pomeriggio con un anziano del luogo, recuperando tradizioni e storie dei piccoli borghi. È scandagliare biblioteche, librerie e siti per costruirsi, piano piano, un proprio erbario personale.
Ciascuno di noi è in grado di farlo! Andate e bighellonate. Bighellonate ogni giorno dell’anno nello stesso viottolo, così da riconoscere come si comportano le piante nei diversi stadi di crescita, da poche foglioline appena spuntate, a timido bocciolo, a fiore sgargiante o appena riconoscibile ai nostri occhi poco allenati, a seme che viaggerà o cadrà poco lontano.
Imparate che ogni stagione ha i propri prodotti da raccogliere e iniziate a stilare il vostro calendario. Viaggiate e allenatevi a riconoscere la stessa specie di albero e arbusto che cresce in climi e condizioni diverse.
Raccogliete con rispetto, raccogliete in sicurezza: dovete identificare con certezza ciò che metterete nel piatto, così da non incorrere in intossicazioni, che possono essere addirittura mortali. Assaggiate, inventate, giocate con famigliari e amici.
È nata l'Associazione Italiana di Fitoalimurgia
Curiosità? Voglia di approfondire le vostre conoscenze? Dubbi sulle fonti più aggiornate e attendibili, per non sbagliare? Desiderio di incontrare professionisti che ruminano erbacce al posto del pane quotidiano? È nata da qualche mese AIF, Associazione Italiana di Fitoalimurgia, di cui sono socio fondatore.
AIF raggruppa diverse professionalità, da botanici, a docenti, a chef, ad agricoltori che hanno scelto di lavorare in sinergia con erbe ed erbacce, considerandole al pari delle verdure coltivate. Ci trovate alla pagina https://www.facebook.com/profile.php?id=100083099239410 o, in presenza, nei diversi corsi che stiamo organizzando in giro per la Penisola. Il nostro intento è quello di condividere esperienza pratica, ricerca sul campo e botanica di base, per poter incontrare il regno vegetale partendo da tanti punti di vista.
Brodo di clorofilla
Un concentrato di magnesio per la salute di ossa, sangue e cervello
Vi ricordate, dalle scuole primarie, la fotosintesi clorofilliana? La clorofilla, chimicamente, è uno stupendo cristallo al centro del quale sonnecchia un atomo di Magnesio. Questo elemento fondamentale per il nostro benessere – da quello delle ossa alla produzione delle cellule del sangue, a quello del nostro cervello – è contenuto in tutto ciò che è verde. Sì, anche nei cereali integrali e nella frutta secca a guscio, ma la concentrazione pare variare secondo le condizioni di coltivazione. Giocando ai coniglietti e brucando ogni giorno qualcosa di verde saremo certi di introdurne, così come di introdurre vitamine C e A.
Un buon metodo per verdeggiare è scegliere, stagione dopo stagione, un misto di erbe dal sapore più amaro, più fresco, più delicato e farne un brodo: sarà una base per le nostre minestre, ma anche per ammollare e cuocere un cereale, per impastare un pane insolito o una pasta frolla o brisée, in sostituzione dell’acqua, o ancora un’ottima aggiunta ai frullati mattutini o un sostituto alle tisane serali.
In primavera consiglio:
- l’ortica, Urtica sp. pl., le foglie apicali o le piante giovani, alte massimo 10 cm;
- il tarassaco, Taraxacum officinale, le foglie più giovani, al centro della rosetta;
- la borragine, Borago officinalis, le foglie;
- gli stridoli, Silene vulgaris, le foglie.
Lavate e mondate le erbe e mettete sul fuoco due tazze di foglie per 1,5 l d’acqua fredda; unite anche una grossa cipolla sbucciata e tagliata a quarti. Portate a ebollizione, abbassate la fiamma, lasciate cuocere ancora 5 minuti quindi spegnete. Filtrate una volta raffreddato. Unite il sale, qualora ne sentiate la necessità, solo nella ricetta finita; in frigorifero, in bottiglie di vetro pulite, il brodo di clorofilla si conserva fino a cinque giorni.