Anzuboshi: albicocche stile umeboshi
Pubblicato
4 anni fa
Flavio Sacco
Biologo, fermentatore, autore e divulgatore
Una versione locale del famoso fermentato giapponese umeboshi
Umeboshi e anzuboshi
Le umeboshi sono un famosissimo alimento fermentato proveniente dal Giappone, dalla storia millenaria, ma presente anche in altre culture asiatiche. Si tratta di un frutto particolare, “ume”, che è una sorta di prugna della specie Prunus mume.
Senza entrare troppo in dettaglio sulla sistematica botanica delle ume, ci basti sapere che in Italia è molto difficile trovare questo frutto fresco.
Le “prugne giapponesi” solitamente vengono raccolte poco prima della maturazione completa, anche se ci sono approcci diversi che includono la completa maturazione del frutto, per poi essere messe a contatto con alte percentuali di sale (7-17%), fatte fermentare per fermentazione lattica, asciugate al sole per disidratarle leggermente e poi rimesse nel loro liquido di fermentazione. Tradizionalmente, quando vengono riposte nel loro liquido di fermentazione spesso vengono aggiunte delle foglie di shiso rosso, responsabile del colore finale delle umeboshi.
Questo processo ovviamente ha mille varianti ed eccezioni. Ad esempio, nel caso in cui le ume vengano raccolte molto acerbe, si parla di karikari ume, dall’aspetto verde.
In questo caso, è utile ricordare che ad alte concentrazioni di sale la fermentazione lattica è quasi completamente inibita e le proprietà benefiche delle umeboshi sembrano più legate alle proprietà del frutto stesso, ricco di acidi organici, polifenoli e altri nutrienti, che non alla fermentazione (vedi Christensen, M. (2016). A Systematic Review of Ume Health Benefits).
Non affronto in maniera specifica le proprietà delle umeboshi perché sul sito potete trovare informazioni da persone molto esperte, fra i vari articoli vi consiglio di partire da questo di Dealma Franceschetti: La straordinaria prugna umeboshi > leggi l'articolo
Nel caso delle umeboshi siamo al limite fra fermentazione lattica e conservazione in funzione del livello di salinità scelto. Maggiore sarà la salinità, meno presente sarà il processo fermentativo.
Se vuoi approfondire i principi sulla fermentazione lattica, ti consiglio di leggere l’articolo specifico: La fermentazione lattica nelle verdure > leggi l'articolo
Come detto sopra, in Italia è molto difficile trovare le prugne giapponesi. Quindi vi propongo una ricetta alternativa per usare le albicocche nostrane, che diventeranno anzuboshi, da cui il prefisso anzu- legato appunto a questo frutto.
Mi sono divertito molto a fare queste preparazioni per cercare di applicarli dei principi di fermentati millenari anche ad altri frutti, combinando innovazione e tradizione come sempre mi diverte fare.
Ricetta
Ingredienti
- 1 kg di albicocche acerbe o comunque ben croccanti
- sale 7%
Procedimento
- Pulite e sciacquate le albicocche.
- Inserite le albicocche in un sacchetto per il sottovuoto.
- Aggiungete 7% di sale.
- Mettete sottovuoto il sacchetto e sigillate.
- Fermentare a temperatura ambiente, fra i 20 e 22°C per 2-3 settimane. Controllate che il sacchetto non scoppi. Se si gonfia eccessivamente, fate un piccolo foro, sgonfiate il sacchetto e sigillatelo nuovamente. In alternativa potete fermentare tutto in un barattolo aggiungendo le albicocche, il sale e un peso che aiuti le albicocche a rilasciare il loro liquido.
- Dopo 3 settimane di fermentazione separate le albicocche fermentate dalla salamoia che si è creata.
- Recuperate la salamoia e mettetela da parte.
- Fate essiccare le albicocche al sole per 2-3 giorni. Devono diventare seccarsi all’esterno ma ancora morbide e malleabili. Indicativamente devono perdere il 20-25% del loro peso.
- Spostare le albicocche fermentate essiccate in un barattolo della giusta dimensione e ricoprirle con la loro salamoia, messa da parte al punto 6.
Opzionale: aggiungete 2-3 foglie di shiso rosso nel barattolo. - Conservare in un luogo fresco e consumare possibilmente entro 1 anno.
Consigli
Questo metodo è applicabile a diversi tipi di frutta, incluse le susine o piccole pesche. L’importante è preferire frutta non completamente matura e morbida, ma piuttosto leggermente acerba e ben croccante.
Il motivo di questa scelta è sia la composizione di zuccheri disponibili nella frutta che altrimenti promuoverebbero la crescita di lieviti (anche se il discorso è un po’ più complesso) e la struttura del frutto che non si distruggerà durante i vari passaggi del procedimento.
Buona fermentazione!
Per scoprire altre fermentazioni con Flavio, puoi leggere il suo libro