Amaranto: selvatico e coltivato
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1 anno fa
Si usano le foglie o le piante giovani in gustosi risotti e vellutate: ecco come riconoscerli e dove trovarli
Un pennacchio rossastro che aggetta pigro nelle vostre aiuole: è amaranto coda di volpe, nome botanico Amaranthus caudatus spp. caudatus (lo vediamo nella foto sopra). I fiorellini porpora sono un incredibile colorante per salse, creme pasticcere o gelati, che arricchiscono con una vivace puntinatura rosa, stabile anche dopo giorni dalla lavorazione. E le foglie variegate? Renderanno nuova anche la più abituale delle insalate estive o saranno un’ottima verdura ripassata in padella. Acquistatene una bustina una volta nella vita: potrete riprodurla all’infinito, dal momento che il seme si raccoglie e germina con estrema facilità.
Qual è l’unica minaccia alla purezza del vostro fuoco d’artificio vegetale, qualora anno dopo anno voleste ritrovarlo nel vostro giardino? Le sue cugine coltivate, qui in Italia ancora poco diffuse, o meglio ancora le sue cugine spontanee: gli amaranti che nascono, non invitati, nei vostri orti o nei campi coltivati. Ne esistono tantissime specie e sono tutte impollinate dal vento, per cui i fenomeni di ibridazione tra l’una e l’altra sono molto frequenti. Chi desidera riprodurre, di anno in anno, l’amaranto ornamentale di cui vi parlo sopra deve imparare a riconoscere gli amaranti selvatici e toglierli di mezzo, per un raggio di almeno 200 metri, da quello a pannocchia rossa. Impedendo di andare a fiore, eviterete contaminazione tra specie e specie legata ai pollini che viaggiano nell’aria. E che ve ne fate dei chili di foglie verdi diserbate? Mangiatele! Le piante giovani di tutti gli amaranti sono un ottimo succedaneo degli spinaci.
Dove troviamo gli amaranti selvatici
Vicino all’uomo. Negli orti, nei giardini, nei campi coltivati, nelle capezzagne. Spesso anche in città, tra le crepe dell’asfalto o negli angoli di muri e marciapiedi. Creatura nitrofila, ama l’azoto che noi umani spandiamo a piene mani coltivando o, inconsapevolmente, nella vita di ogni giorno: pensate al contorno di una compostiera o ai lati di un pollaio o di una compost toilet. È una pianta che ama il terreno smosso: non la troverete mai al centro di un prato, ma gradirà molto i campi arati o erpicati e la terra pazientemente vangata nel vostro orto. Ancora, è una macroterma: per averla a disposizione dovrete aspettare, secondo il luogo di raccolta, l’inizio di maggio o l’inizio giugno; nelle serre la trovate anche con una quindicina di giorni di anticipo. Originari della nostra penisola? No, gli amaranti arrivano tutti dalle Americhe e si sono trovati così bene qui da essere classificati come neofita invasiva. A maggior ragione, mangiamoceli da giovani ed eviteremo che spadroneggino nei campi coltivati.
Come riconoscerli
Le foglie, dotate di un lungo picciolo, sono intere con apice acuto, ottuso o piano. L’infiorescenza, formata da tanti piccoli fiorellini, è formata da una pannocchia terminale e da tante piccole spighe che si staccano all’ascella delle foglie, dove il picciolo si unisce al fusto. Le foglie e le giovani piante vanno raccolte via via; in frigorifero, conservate in un sacchetto di carta, durano una notte o poco più. Per i semi, commestibili al pari di quelli che trovate in vendita decorticati nei negozi di alimenti naturali, dovete aspettare che il pennacchio sia secco; setacciatelo usando guanti spessi, dal momento che la peluria è irritante. Potete usarli come tali, magari rompendo la cuticola esterna con il pestello di un mortaio.
Risotto all’amaranto selvatico
Raccogliete un bel mazzo di foglie o di piante giovani di amaranto, lavatele e sgrondatele. Sbollentatele in acqua salata finché tornano a galla: basterà circa un minuto. Raffreddatele sotto acqua fredda, strizzatele bene. Saltate in padella porro o cipollotto, condite con sale, pepe e una punta di curcuma. Unite qualche fiore di zucca, o zucchina, tritato finemente, lasciate appassire. Fuori dal fuoco versate le foglie di amaranto, anch’esse tritate finemente. Tostate del riso semi integrale con qualche cucchiaio di vino bianco. Toglietelo dal fuoco. Saltate in poco olio dello scalogno tritato, salate. Unite il riso già tostato, quindi iniziate a bagnare via via con brodo vegetale bollente. A cinque minuti da fine cottura mantecate con crema di mandorle e unite le verdure già cotte in padella. Servite con alcuni semi di amaranto selvatico pestati grossolanamente.
Vellutata invernale con amaranto essiccato
Se gli amaranti sono in vegetazione solo nella stagione estiva, essicchiamoli per averli a disposizione tutto l’anno. Ricche in mucillagini, le foglie sono ottime per vellutate dalla consistenza ben legata. Ammollate in acqua una manciata di foglie essiccate per almeno 2 ore. Preparate il classicco soffritto con sedano, carota, cipolla. Unite fagioli cannellini già cotti, patate e batate cotte al vapore con la buccia. Terminate con le foglie e l’acqua di ammollo, arrivate a ebollizione e cuocete 10 minuti. Frullate e servite con semi di zucca decorticati e tostati.