Aceti e fermentazione acetica
Pubblicato
4 anni fa
Flavio Sacco
Biologo, fermentatore, autore e divulgatore
Come la produzione di acido acetico è passato da un difetto nei vini a un prodotto unico e caratteristico
Gli aceti fanno parte della nostra cultura da moltissimo tempo, tanto da essere diventati prodotti da tutelare sul territorio nazionale.
Molti vivono la produzione dell’aceto come una normale ossidazione di prodotti alcolici come il vino, ma del tutto spontanea. Una trasformazione che avviene per motivi chimico-fisici, ma in realtà è una trasformazione a carico di microrganismi.
In questo articolo parliamo di...
I batteri coinvolti
I batteri responsabili della produzione di acido acetico, quindi degli aceti, sono i “batteri acetici”.
Questi batteri appartengono alla famiglia Acetobacteraceae e sono rappresentati principalmente dai seguenti generi: Acetobacter, Acidomonas, Ameyamaea, Asaia, Gluconacetobacter, Gluconobacter, Granulibacter, Kozakia, Neoasaia, Neokomagataea, Saccharibacter, Swaminathania e Tanticharoenia.
Questi batteri si trovano normalmente nell’ambiente e sono pronti a colonizzare un liquido alcolico appena se presenta l’occasione.
Si ipotizza che questo genere di batteri sia particolarmente presente sulle zampe dei moscerini della frutta. Il motivo sarebbe anche giustificato, i moscerini trasporterebbero i batteri acetici sulla frutta, la quale fermentando produrrebbe etanolo alla base del metabolismo di molti acetici.
Per produrre aceto non è necessario acquistare degli starter, poiché i batteri sono già nell’ambiente, tuttavia potremmo comprare un aceto pronto in bottiglia, purché non pastorizzato (quindi ancora ricco di batteri acetici), e aggiungere una piccola parte di questo a una nuova preparazione per velocizzare la trasformazione in aceto.
Una “non” fermentazione?
Quando parliamo di fermentazioni è opportuno richiamare i concetti base che definisco la fermentazione come un processo metabolico in assenza di ossigeno.
La produzione dell’aceto invece implica la presenza di ossigeno, poiché i batteri acetici “ossidano” principalmente l’etanolo in presenza appunto di ossigeno.
Poiché la definizione di fermentazione degli alimenti è ormai ampliata a un concetto di trasformazione, di qualunque natura, degli alimenti da parte dei microrganismi anche la produzione di aceto possiamo definirla una fermentazione, forse più correttamente “fermentazione ossidativa”.
Da un punto di vista biochimico, i batteri acetici possono ossidare diverse forme di sostanze organiche compresi zuccheri, etanolo e acidi organici.
Sicuramente l’ossidazione più conosciuta è quella legata alla produzione dell’aceto a partire dall’etanolo. Il vino che si trasforma spontaneamente in aceto se lasciato in un contenitore aperto.
Inoltre, i batteri acetici sono in grado di sviluppare esopolissacaridi, detti EPS, ovvero polisaccaridi che secernono nell’ambiente. Questi prodotti sono l’incubo di alcuni produttori di birra o altre bevande fermentate alcoliche, perché rendono la bevanda viscosa, quasi gelatinosa.
Nel caso della produzione degli aceti, questi EPS sono semplicemente la cellulosa con cui viene costruita la cosiddetta “madre”: uno strato compatto di cellulosa che galleggia sulla superficie del liquido. Queste formazioni vengono anche chiamate biofilm.
Il Biofilm è un aggregato di cellule microbiche associate ad una superficie e incluse in una matrice polimerica extracellulare da esse prodotta. Qui i batteri acetici trovano casa e si moltiplicano.
La madre dell’aceto è un bene prezioso che può essere trasferito da un lotto al successivo per accelerare e uniformare il processo. Una sorta di starter.
Bisogna fare attenzione però a non lasciare troppo a lungo l’aceto senza aggiunta di nuova fonte di etanolo, perché una volta esaurito, i batteri sono in grado di ossidare lo stesso acido acetico prodotto in precedenza in anidride carbonica e acqua.
Si tratta di una “sovra-ossidazione” che ci fa perdere il nostro prezioso aceto.
Gli aceti di frutta e da distillati
Come abbiamo detto, l’aceto è un liquido in cui si è formato acido acetico a partire più comunemente da una bevanda alcolica.
L’aceto più conosciuto e famoso è l’aceto di vino, ma le matrici alcoliche dalle quali possiamo ottenere aceti sono numerose. Ad esempio, è possibile ottenere aceti di vini di frutta, ovvero preparazioni ottenute dalla fermentazione alcolica di frutta, come il sidro dalle mele o pere.
Allo stesso modo possiamo partire facendo fermentare cereali o linfe zuccherine di piante. In questi casi l’etanolo deriva da una fermentazione di zucchero, ma è possibile ricavare aceto facendo fermentare un distillato opportunamente diluito. I batteri acetici riusciranno a trasformare anche un distillato come un rum o un whisky se opportunamente diluito.
L’alta concentrazione di alcol nei distillati è una forma di conservazione, a quei tenori alcolici non riesce a sopravvivere nessun microrganismo. Se noi diluiamo un distillato sarà molto probabile che questo diventi un aceto.
Diluendo il distillato con un infuso o un decotto sarà poi possibile ottenere un aceto di whisky e camomilla piuttosto che rum e (decotto) al pepe.
Le possibilità diventa così infinite.
Questi approcci si differenziano moltissimo da quelli che vengono definiti “aceti a”, ovvero aceti di vino aromatizzati a un particolare frutto. Un aceto di fragole o aromatizzato alle fragole segue due processi totalmente diversi ed è importante saperlo.
Il mondo dei batteri acetici è molto interessante e affascinante. Vedere formarsi una madre di aceto quotidianamente sotto i propri occhi ci da l’idea della forza del mondo dei microrganismi e quanto siano vivi gli alimenti che ci circondano.
Anche il mondo dei fervìda è strettamente legato alle fermentazioni acetiche e i batteri acetici, ma è un argomento ancora poco studiato dal mondo scientifico e sicuramente potremo scoprire in futuro quanto hanno in comune aceti e fervida.
La preparazione e le conoscenze di un fermentato potrebbero essere di grande aiuto nella preparazione dell’altro. C’è ancora molto da scoprire grazie alla contaminazione e la biodiversità anche di pensiero che tanto può darci.
Studiare gli aceti per comprendere meglio i fervìda, perché no?
Buona fermentazione!
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