Vuoi che ti parli di felicità?
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3 anni fa
Leggi un capitolo del libro La ragazza indaco - L'amore oltre il possesso e l'identificazione di Massimo Bianchi
Ma la felicità non è qualcosa di separato dalla vita di tutti i giorni. La felicità non è qualcosa di cui ci si occupa la domenica. La felicità non è una dissertazione filosofica; la felicità...».
«Sì, sì, ho capito — m'interruppe — mettiamola cosi, perché da bambini siamo felici e poi perdiamo a poco a poco la visione della realtà e della bellezza? Perché, a un certo punto arriva la sofferenza?».
Mentre parlava si era messa un pò più comoda, come se dovesse assistere a un film; aveva preso il bicchiere d'acqua e beveva a piccoli sorsi; le mancavano solo i pop-corn. Accavallò le gambe dondolando leggermente il piede destro; la tensione nelle sue spalle si era leggermente sciolta e aveva ricominciato a mordicchiarsi le labbra. Decisamente stava già guarendo; forse avrebbe evitato un'influenza o, forse, si sarebbe accontentata di un leggero raffreddore. Incominciava a sentirsi a suo agio e questo per me era un regalo ancora superiore a quello che mi aveva fatto il tempo poco prima.
«Bene. Quando nasciamo al Padre, come anime, siamo immersi nella beatitudine; riesci a immaginarti appena creata, da qualche parte, qualche milione di anni fa? Lo so che sembra strano, ma prova a immedesimarti in questa situazione».
Attesi un istante prima di continuare.
Puoi provare a farmi una descrizione di ciò che vedi? Come sei fatta? Come sono fatte le persone intorno a te? Come sono fatti gli alberi... o le stelle?».
«Ciò che vedo?» chiuse gli occhi. «L'universo è già lì intorno a me con tutte le sue galassie... intorno a me ci sono già tutte le persone che incontrerò e siamo contenti per il viaggio che faremo...».
«Ah sì? Descrivimi qualcuna di queste persone, per esempio i tuoi genitori». «I miei genitori? Sono lì, accanto a me e mi sorridono...».
«Descrivimeli...».
«Cosa vuoi dire?».
«Sono vestiti?».
«Beh, io li vedo vestiti».
«E così il Padre ci ha creati milioni di anni fa con giacca e cravatta e magari anche con l'orologio...».
«Va bene, sono nudi; siamo tutti nudi...».
«Quindi i tuoi genitori sono lì, tutti nudi, dall'origine dei tempi, già adulti...».
«Ma, non so, comunque mi fa piacere che siano e poi non sono tutti nudi...». Riapri gli occhi.
«Quindi ti fa piacere che siano continuai senza interruzione affinché mantenesse alta la sua attenzione «riesci a immaginare, in questa situazione, qualcosa the ti fa dispiacere?».
«Beh, se mi lasciassero sola probabilmente proverei dispiacere... insomma, perché è cosi difficile descrivere queste cose?».
«È semplice, Chantal: per descrivere qualcosa bisogna avere dei termini di paragone. Come possiamo dire che qualcuno è vestito, se non abbiamo mai conosciuto la nudità? Come possiamo stabilire che una sensazione è piacevole, se non abbiamo mai conosciuto il dispiacere? Non dimenticare che, in quel momento, noi non abbiamo un passato. E come facciamo a osservare ciò che c'è fuori, se non riusciamo a distinguerlo da ciò che sta dentro? E poi, dimmi, abbiamo già degli occhi per vedere o delle mani sensibili per toccare? E ancora, con quali parole e in quale lingua ci saluteremo in questo luogo?».
«E vero, non è possibile descrivere quella situazione; forse non ho neanche occhi. Forse gli occhi arrivano dopo o forse sono già presenti, ma non possono vedere poiché ciò che vedo non ha riferimenti dentro di me...e come se le sensazioni cadessero nel vuoto della mia coscienza... ma allora esisto?».
«È la stessa cosa; come puoi affermare che esisti se non sai cosa voglia dire». «Sì, capisco, ma non vedo dove vuoi arrivare. Evidentemente ci sono dei misteri nella vita».
«Cosa stavi facendo stanotte, per esempio alle quattro di mattina?».
«Non so, dormivo».
«Esistevi?».
«Certo, ora esisto, ieri esistevo; sicuramente esistevo anche stanotte... forse stavo sognando».
«Nel periodo del sonno senza sogni to esistevi sicuramente; solamente non ne eri consapevole. Ecco il primo mistero svelato. Diventare consapevoli di noi stessi e degli altri; ecco il primo regalo che l'esistenza ci ha fatto. Ci sei?».
«Sì, continua».
«Come può fare il Padre per renderci consapevoli? Immagina ancora la situazione di prima. Tu non hai coscienza di niente. Vaghi da qualche parte in un ipotetico Paradiso terrestre. Immagina per un attimo di avere un barlume di coscienza e di spalancare gli occhi. Cosa vedresti? Pensaci bene».
Chiuse gli occhi concentrandosi intensamente; vedevo di guizzi luminosi intorno alla sua testa e il suo cuore immerso nell'anelito della comprensione. La soluzione sarebbe arrivata quando la mente e la passione si fossero incontrate.
«Ma certo, — disse — c'è solo il Padre! Il Padre dentro di me... il Padre fuori di me... II Padre...non è cosi?».
«Sì e cosi. Allora, come può fare il Padre per renderci consapevoli?».
«Ci regala l'intelligenza, ci regala il mondo, questo l'ho capito; ma ci regala anche la sofferenza...».
«Se ci regalasse qualcosa e noi non sapessimo apprezzarlo, quel regalo sarebbe inutile. Egli non solo ci regala il mondo, ma lo crea con caratteristiche particolari, adatte a far sviluppare la consapevolezza... Bene. Quando dici che c'è solo il Padre, dentro e fuori di te, qual e la sensazione più importante che provi?».
«Beh, penso che sia l'unità... un grande senso di unità con tutto... l'assenza di ogni distacco, di ogni separazione... Non è cosi?».
«Stai imparando in fretta... E tu? Tu come ti senti in tutto questo?».
«Ho capito! Sono nell'unità, vivo nella mancanza di separazione, ma non gioisco, perché non ho mai provato niente di diverso. E anche se la gioia è dentro di me, io non ne conosco le caratteristiche. Come faccio ad averne di più.. o di meno? Se incontro qualcuno, in questo luogo, come faccio a sapere se è più felice di me? Come mi devo comportare? Cosa è giusto, cosa è ingiusto? Cosa è bello e cosa è brutto? È cosi, non è vero?».
«È proprio così; il Padre ha creato un mondo nel quale sperimentare e conoscersi. L'anima, pur mantenendo la visione dell'unità e dell'insieme, proietta una parte di sé in questo mondo per diventare, ogni volta, un po' più consapevole. Allora, dimmi, qual è la principale caratteristica del pianeta sul quale ci troviamo?».
«Non so, mi fai domande cosi strane — rispose. — Forse proprio la separazione?».
Chantal imparava davvero velocemente, proprio come mi aspettavo.
«La separazione, sì, e ancora di più la frantumazione. Tutto ciò che è uno, su questo pianeta, appare spezzettato in infiniti frammenti, apparentemente lontani e slegati fra loro.
Ognuno di noi vive l'impressione di esistere all'interno del proprio corpo e che tutto il resto non abbia che rapporti casuali e sporadici col nostro essere. Questa è una caratteristica della Terra, una tra molte altre...»
«Quali altre?», m'interruppe.
Chantal incominciava a lasciarsi avvolgere dalla passione della conoscenza. Quando ciò accade, nascono mille domande alle quali vorremmo dare immediatamente una risposta.
«Non disperdere la tua attenzione, — le dissi — impara a mantenere il filo di ciò che ascolti...».
«Dai, ti prego!», m'interruppe di nuovo.
Sul suo viso apparve, per la prima volta, un'espressione maliziosa tipica di chi incomincia a rendersi conto che può usare il suo sorriso per ottenere ciò che vuole. Dimenticavo che, per certi aspetti, Chantal era ancora un'adolescente. Il mio cuore si sciolse ancora un po' in un sorriso silenzioso.
Chi era veramente a condurre il gioco tra noi? Ero io la guida e l'insegnante? E se lei stesse interpretando la parte dell'allieva per mostrarmi qualcosa d'importante? Che incredibile sensazione di benessere ogni volta che riusciamo a buttare dalla finestra l'identificazione in un ruolo. A volte mi accade ancora di dimenticare che l'amore distrugge le barriere e che io divento l'altro e che l'altro diventa me.
«Il riflesso, per esempio; ogni cosa che noi vediamo sulla Terra non è che un pallido riflesso della realtà. Questo ci consente di non restare abbagliati dalla visione diretta della bellezza. Ma di questo ti parlerò un'altra volta. E ti parlerò anche della gestione, della purezza, della disciplina, dell'attenuazione, della forza, della fermezza, dell'ottava, del canale, del tono, dello specchio... ».
«Va bene, va bene! Ho capito! Continua pure».
«Allora... la Terra e il pianeta dove l'unione e la frantumazione s'incontrano e si sposano. Qui, ogni cosa può essere osservata come esterna o interna, come estranea o come parte di se, come materiale o spirituale».
Presi un foglietto e un pennarello sul tavolo e disegnai il simbolo del Tao, un cerchio diviso in due parti, una bianca e una nera. Mentre disegnavo buttando già uno schizzo approssimativo, continuai: «Questo e il simbolo della Terra: il bianco e il nero possono essere contrapposti e allora e il simbolo della separazione; oppure possono essere visti come complementari e allora diventano il simbolo dell'unione. Il simbolo del Tao e contemporaneamente riferibile all'incarnazione e al modo di affrontarla per diventare più consapevoli...».
Chantal mi prese il pennarello dalla mano e disse: «Lascia fare a me!».
Prese il foglietto, lo getto nel cestino e, sempre con l'aria maliziosa, si mise a disegnare lo stesso simbolo. Lentamente e con cura, mentre tracciava un cerchio e la linea curva di separazione tra i due colori, mi disse: «Hai dimenticato che in ogni colore è presente una parte dell'altro, raffigurata da un piccolo cerchio; questo è segno che sia nella contrapposizione che nella complementarietà è presente il seme che annulla gli opposti.»
Prese un pennarello rosso, me lo porse e disse: «Tieni, colora, prenditi un momento di pausa; non e forse venuto a farci visita il tempo pochi minuti fa? Dimmi dov'è il bagno e quando torno controllo se hai fatto un buon lavoro».
Chantal aveva, temporaneamente, preso in mano la situazione. I miracoli, nell'esistenza, non consistono in camminate sull'acqua o in moltiplicazioni di pesci. Per un essere dal cuore ridondante d'amore queste non sono altro che conseguenze tecniche.
Coltivare un'arte marziale non significa rompere tavolette di legno con la testa. È miracoloso il fatto che il Padre, ogni giorno, ogni istante, dispensi la Sua benedizione sotto forma di incontri, di sorrisi, di complicità. Cercai di disegnare con cura, di fare un buon lavoro, affinché Chantal fosse contenta di me.
«Ora devo andare, disse rientrando nella stanza. Non degnò di uno sguardo ne me ne il mio disegno, raccolse lo zainetto e si diresse verso la porta.
La raggiunsi di corsa e le dissi: «Se vuoi davvero imparare ricorda di osservarti. Osserva quello che fai... a qualunque costo!».
Salì in macchina, emise un sonoro starnuto, prese un fazzolettino da una tasca e accese il motore.
Mentre partiva ebbi appena il tempo di gridarle: «E metti l'amore al centro della tua vita!».
Sparì accelerando velocemente.
Restai qualche minuto sulla porta di casa a godermi il profumo del tardo pomeriggio. Percepii una leggera inquietudine satire dalla bocca dello stomaco fino alla gola; allora promisi a me stesso che non mi sarei lasciato coinvolgere.