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Vandana Shiva: il cibo non è una merce

Pubblicato 2 anni fa

Ecco perché i novel food non sono la soluzione per nutrire il mondo e combattere il cambiamento climatico

Il suo no ai nuovi alimenti come la farina di insetti e la carne artificiale prodotta in laboratorio ha una motivazione radicale e profonda: quella secondo cui il cibo non è merce. Vandana Shiva – una delle personalità più straordinarie del nostro tempo – ha dedicato la sua vita alla lotta contro gli OGM e l’industrializzazione dell’agricoltura e continua oggi la sua battaglia difendendo la biodiversità, l’agricoltura rigenerativa, l’economia locale. L’abbiamo incontrata in occasione dell’uscita della sua biografia La vita è maestra. Una storia di rivoluzione a cura di Cinzia Chitra Piloni e Manlio Masucci (che ringraziamo, in quanto il libro è stato un supporto fondamentale per la realizzazione di questa intervista).

Molte persone e organizzazioni propongono la farina di insetti e la carne artificiale come soluzione ai problemi dell’agricoltura intensiva (deforestazione, cambiamenti climatici). Cosa ne pensa?

Il cibo non è merce, non è una cosa messa insieme meccanicamente e artificialmente in laboratori e fabbriche. Il cibo è vita. Il cibo contiene i contributi di tutti gli esseri che compongono la rete alimentare e contiene il potenziale per mantenere e rigenerare la rete della vita. Il cibo contiene anche il potenziale di salute e malattia, a seconda di come è stato coltivato e lavorato. 

Il cibo artificiale ripete essenzialmente la vecchia retorica fallimentare secondo cui è necessario per “nutrire il mondo”. Una narrazione che è sempre stata portata avanti dal modello di agricoltura industriale. Il cibo vero e ricco di sostanze nutritive sta scomparendo e il modello dominante di agricoltura ad alta intensità energetica, basato su fertilizzanti artificiali e lavorazioni pesanti, sta creando maggiore entropia, esacerbando il cambiamento climatico e portando a una crescita esponenziale delle epidemie di malattie croniche. Tuttavia, non è l’agricoltura industriale a nutrire il mondo, ma sono la terra, i piccoli agricoltori e gli impollinatori a nutrirci e quindi il vero cibo proviene da aziende agricole biodiverse, che abbracciano un modello di agricoltura rigenerativa.

Le soluzioni alle nostre crisi globali esistono già e derivano dalla costruzione di culture di interconnessione e rigenerazione, oltre che dalla cura delle nostre relazioni con il cibo, la natura e la comunità. Dobbiamo diventare consapevoli delle connessioni che ci offrono l’opportunità di rigenerare la terra, la nostra salute, le nostre economie alimentari e le culture alimentari attraverso una vera agricoltura che si prenda cura della terra e delle persone. Il cibo vero non è creato in laboratorio, ma proviene da aziende agricole biodiverse che si prendono cura della terra abbracciando un modello di agricoltura rigenerativa.

Quali sono, secondo lei, le soluzioni migliori per coltivare cibo per le esigenze dell’umanità? Queste soluzioni sono supportate da studi scientifici?

L’agroecologia è il paradigma scientifico emergente basato sul riconoscimento dei principi ecologici applicati ai sistemi agricoli. Alcuni di questi principi ecologici sono stati praticati nell’agricoltura tradizionale e altri provengono da nuove scoperte nelle discipline ecologiche, come la biodiversità e la rete alimentare del suolo. L’agroecologia consente una comprensione scientifica più approfondita dell’agricoltura, poiché applica i principi ecologici ai sistemi di produzione alimentare tenendo conto delle relazioni tra le diverse componenti dell’agroecosistema, compresa la comunità umana. Ci insegna a essere in sintonia con la natura e a produrre una varietà di alimenti sani, nutrienti e deliziosi, utilizzando le fonti della natura. L’agroecologia offre anche benefici sociali associati alla riduzione della povertà e all’emancipazione delle comunità. Inoltre, aiuta a proteggere la biodiversità e aumenta la resilienza contro gli shock associati all’accelerazione dei cambiamenti climatici. L’esperienza degli agricoltori di tutto il mondo che utilizzano i metodi agroecologici ha fornito prove sufficienti dei suoi benefici economici, sociali e ambientali. Gli approcci agroecologici hanno permesso di aumentare la produzione alimentare e di migliorare il reddito degli agricoltori, nonché di migliorare la sicurezza alimentare e la nutrizione delle comunità che alimentano. I costi degli input diminuiscono con il tempo e gli agricoltori non solo riducono i costi di coltivazione, ma aumentano anche la produzione.

L’Unione Europea e i singoli governi stanno spingendo molto la transizione ecologica. Pensa che questo porterà a qualcosa di positivo?

Tutti sembrano concordare sul fatto che la trasformazione dei nostri sistemi alimentari è un imperativo. Da un lato stiamo assistendo a un tentativo di un’ulteriore concentrazione dei sistemi agricoli industriali attraverso la digitalizzazione, la finanziarizzazione e l’imposizione di tecnologie distruttive. Dall’altro il riconoscimento dell’interconnessione tra benessere planetario e benessere umano sta guadagnando forza di giorno in giorno.

Per essere trasformativo, il movimento ecologico di oggi deve promuovere un tipo di agricoltura che sostenga la terra attraverso veri processi ecologici che - a loro volta - sostengono la salute delle persone e quella del pianeta. Il nostro movimento deve essere fondato sulla consapevolezza che mangiare è un atto ecologico e spirituale. Pertanto, il modello delle grandi aziende agricole e dei grandi investitori che vogliono estrarre di più dalla terra, deve essere ribaltato a favore di un ritorno a una cultura della cura.

La spinta alla transizione ecologica è principalmente una manifestazione degli interessi delle multinazionali, interessate ad acquisire nuovi mercati a scapito delle imprese locali?

L’infiltrazione del potere aziendale nel nostro pane quotidiano si estende dall’uso eccessivo di sostanze tossiche, alle oscure attività di lobbying e alle tattiche di greenwashing. Le forze di mercato, i sistemi ad alta intensità di risorse e di profitto stanno creando scompiglio nel nostro mondo, sconvolgendo gli ecosistemi del pianeta e i sistemi sociali di democrazia, giustizia e uguaglianza. La globalizzazione delle imprese ha messo i profitti aziendali al di sopra delle persone e del pianeta, riducendo l’economia domestica della Terra all’economia aziendale. L’avidità, la globalizzazione aziendale e il libero scambio stanno producendo un pianeta malato, democrazie ed economie morenti. I governi, le imprese e le istituzioni finanziarie nascondono questa economia malata dietro false misure. La “crescita”, per esempio, è usata come misura della salute dell’economia. È un calcolo che si basa sulla mercificazione e sulla commercializzazione di tutto ciò che è vita. Il PIL si basa sull’estrazione di risorse dalla natura e di ricchezza dalla società e postula che se si consuma ciò che si produce, non si produce. Così le vere economie circolari che sostengono la natura e la società sono ridotte a zero. 

Nella nostra zona stiamo cercando di sviluppare una moneta complementare locale. Ci siamo resi conto della difficoltà di questo progetto. La maggior parte degli alimenti prodotti nella zona viene venduta all’esterno, e viceversa. Le catene alimentari locali sono quasi scomparse. Conosce esempi di successo di catene alimentari locali? Potrebbe parlarcene?

Nella fattoria di Navdanya abbiamo sostituito il “rendimento per acro” con “salute per acro” e “nutrizione per acro”. Con il cambiamento di una metrica falsa e ingannevole dell’agricoltura industriale, è diventato possibile capire che la conservazione della biodiversità è la base della sicurezza alimentare. Le monocolture chimiche producono meno nutrimento nel suolo per gli esseri umani e per gli altri esseri. Se cambiamo il paradigma e la metrica, possiamo vedere che proteggere la natura, riducendo la nostra domanda di risorse ed energia, è l’unico modo per produrre abbastanza nutrimento per tutti. 

In tutto il mondo, i piccoli agricoltori stanno già attuando un’agricoltura biologica basata sulla biodiversità e su alimenti veri e privi di sostanze chimiche. Praticano l’agroecologia, preservando e coltivando i loro terreni e le loro sementi. Dobbiamo sostenere le piccole aziende agricole che si prendono cura della terra, di tutta la vita e che producono cibo biodiverso, sano, fresco e rispettoso dell’ambiente per tutti. 

Le filiere corte risolvono il problema delle inefficienze della catena del valore. Una delle filiere più corte è il commercio diretto e la dieta a km0. In tutto il mondo, che si tratti di punti di acquisto nei villaggi o di caffè chic nelle grandi metropoli, il commercio diretto sta crescendo in popolarità e domanda, poiché i consumatori cercano un legame più personale con le loro fonti alimentari.

La maggior parte delle grandi città ospita oggi mercati contadini, dove gli stessi agricoltori o i loro distributori possono vendere i loro prodotti ai consumatori. Oltre a fornire prodotti di alta qualità, i mercati contadini spesso fungono da luoghi di incontro per le comunità locali, favorendo i legami sociali e la coesione comunitaria, un altro aspetto cruciale della salute e del benessere umano. 

Navdanya ha anche lavorato insieme al governo del Sikkim che ha recentemente raggiunto il 100% di produzione biologica certificata. L’esperienza del Sikkim parte dal modello del biodistretto. Si tratta di un modello molto interessante particolarmente diffuso nel vostro Paese. 

I biodistretti si basano su un patto tra mondo produttivo, amministrazioni locali e società civile per realizzare insieme una governance sostenibile del territorio. Il territorio diventa quindi il luogo fondamentale per superare la frammentazione e per sfidare il contenuto di discriminazione sociale che è intrinseco ai metodi di alimentazione industriale. 

I biodistretti, più che un paradigma immobile, sono quindi un campo di sperimentazione che rompe gli schemi classici e riflette le diversità, i centri di conoscenza e le piccole e grandi contraddizioni dei territori. In questo stesso momento, Navdanya International sta partecipando attivamente alla formazione di biodistretti in Italia.

 


Ultimi commenti su Vandana Shiva: il cibo non è una merce

Recensioni dei clienti

Lia M.

Recensione del 29/12/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 29/12/2024

È stato un piacere leggere finalmente delle parole giuste su un tema tanto dibattuto, parole che rispecchiano esattamente anche il mio pensiero

Mattia D.

Recensione del 27/11/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 27/11/2024

Articolo, anzi intervista esaustiva. La dottoressa esplora dei concetti che è bene siano ormai alla portata di tutti. Le colture che l'industria alimentare sponsorizza fino a imporre sul territorio non portano benefici perché non soddisfano l'ecosostenibilità né le nostre esigenze. È bene che ognuno di noi inizi a porsi più domande e a esplorare con maggior coscienza (e conoscenza) il mondo alimentare e tutto ciò a esso connesso.

Baristo T.

Recensione del 04/10/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 04/10/2024

Condivido in pieno il pensiero della dottoressa, anzi lei che è indiana sa bene quanto sia importante il cibo e quanto rispetto bisogna dargli invece di mercificarlo. Intervista interessante i cui argomenti saranno sicuramente approfonditi in "La Vita è Maestra".

Gilia M.

Recensione del 18/09/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 18/09/2024

Concordo che si stia perdendo il punto focale sul cibo, troppo impuntato sul mercato e il guadagno, non ha piu' il valore di un tempo, non c'è piu' convivialita', lo si vive con la fretta e lo stress di "dover cucinare" invece di capire che e' un momento di calma e sapori. Bellissima intervista.

Luca L.

Recensione del 19/08/2023

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 19/08/2023

Articolo molto interessante... apre un po' gli occhi sulla questione cibo, sul valore che ha perché da un bel po' di tempo ormai si è perso, e sui cibi "artificiali"

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