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Un boccone alla volta

Pubblicato 2 anni fa

Come farsi amici i propri nemici.

È questo quello che insegna l'autore in questa fantastica guida alla scoperta del saggio equilibrio alimentare.

Grazie alla sua lunga esperienza con i pazienti, Stefano Erzegovesi, Psichiatra e Nutrizionista, direttore del centro per i disturbi alimentari dell'ospedale San Raffaele di Milano, offre un metodo per affrontare anoressia, bulimia e binge eating.

Andare contro un'ossessione che vuole controllare la nostra vita, così come andare contro la forza in apparenza irresistibile della fame emotiva, è un percorso ripido, scivoloso e pieno di ostacoli.

È fondamentale saperlo prima: affrontare i sintomi alimentari non significa fronteggiare «una cosa da adolescente che passerà da sola», ma iniziare un percorso faticoso, che va organizzato come un'escursione in montagna, ovvero ben equipaggiati, consapevoli di cosa si sta facendo e mai da soli.

Leggi di seguito un breve ma prezioso estratto dal libro:

 

 

Indice dei contenuti:

Cosa sono i disturbi alimentari

Questo libro non vuole, in alcun modo, essere un trattato sui disturbi alimentari. Risulta però utile, come inquadramento iniziale, capire quali forze sono in gioco quando soffrite di un disturbo alimentare, così da sapere come organizzarvi al meglio per decidere cosa cucinare o cosa mangiare.

Nel capitolo precedente sono state illustrate le due forze che sono in campo: da un lato la «buona volontà» di controllarvi e controllare quello che mangiate; dall'altro la biologia della sopravvivenza che, a ogni costo, vuole salvarvi dall'estinzione.

Vediamo allora i tre scenari di battaglia più comuni.

Anoressia nervosa: l'illusione del controllo è nel suo momento di massima forza

State controllando la vostra alimentazione da qualche settimana e ci state riuscendo bene: è la fase dell'anoressia nervosa che viene detta della «luna di miele»: riuscite a mangiare di meno e addirittura a fare attività fisica in maniera costante.

Il peso scende, chi vi sta intorno se ne accorge («Accidenti come sei dimagrito!») e la vostra sensazione è molto netta: «Ho trovato una soluzione, anzi la soluzione.. mi sento forte, efficiente e, soprattutto, il controllo dipende solo da me».

C'è un però. Come dicevamo nel primo capitolo, il controllo è come lo zucchero o il sale da cucina: nelle giuste quantità è sacrosanto per la sicurezza e la sopravvivenza, ma in dosi eccessive diventa una droga.

Più lo usate, più sarete portati a usarne ma alla fine, anche se ci provate fino allo stremo delle vostre forze, più controllerete e meno vi sentirete sicuri. Sempre meno sicuri e, soprattutto, sempre più dominati da pensieri fissi e ricorrenti sul cibo, sul peso e sul corpo.

  • Potete sforzarvi di conoscere le calorie dei cibi meglio di un'enciclopedia.
  • Potete sforzarvi di andare a correre anche se vi gira la testa solo a stare in piedi.
  • Potete sforzarvi di fare porzioni e bocconi sempre più piccoli.
  • Potete controllare il vostro corpo ogni minuto, alla ricerca di quel millimetro di pancia o di coscia che, anche se esausti, vi faccia ritrovare la forza di dirvi «ce la devo fare».
  • Potete pensare al cibo sedici ore su sedici, «perché se sto più attento riesco a mangiare di meno».
  • Potete svegliarvi nel cuore della notte con i morsi della fame e i brividi di freddo, pensando «da domani starò ancora più attento a quello che mangio».

Ma alla fine, la Natura non rimarrà a guardare. Ogni singola cellula del vostro cervello sarà «riprogrammata» per fare poche cose: pensare al cibo, cercarlo e mangiare.

Avremo allora due sottotipi di anoressia nervosa: l'anoressia nervosa restrittiva e l'anoressia nervosa di tipo binge-eating.

Anoressia nervosa restrittiva

L'anoressia nervosa restrittiva in cui prevalgono il controllo del cibo e l'eccesso di attività fisica: cercate di mangiare di meno e ci riuscite, seppure a costo di enormi fatiche e di un graduale isolamento dalla vita reale, dal momento che avete poche energie per fare altro e, a poco a poco, vi allontanate dalle relazioni con gli altri.

Anoressia nervosa di tipo binge-eating

L'anoressia nervosa di tipo binge-eating in cui si alternano abbuffate e comportamenti di eliminazione, e l'illusione del controllo comincia a scricchiolare: cercate di mangiare sempre meno ma, ogni tanto, venite travolti dalla biologia della sopravvivenza.

Sentite che state perdendo il controllo e, pur tra enormi sensi di colpa, non potete fare a meno di mangiare, in fretta e di nascosto, del cibo che voi stessi vi eravate proibiti.

Nonostante lo smarrimento e la fatica, non vi arrendete davanti a questi piccoli o grandi cedimenti; quindi tentate di controllare ancora di più il cibo che mangiate («domani ce la farò») e di muovervi di più ma alla fine, ormai esausti, provate la soluzione estrema di eliminare il cibo che avete mangiato.

Attuate quindi i cosiddetti «comportamenti di eliminazione»: vomito autoindotto, abuso di lassativi, abuso di diuretici o di altri farmaci.

La fregatura del comportamento di eliminazione è che fa incavolare ancora di più la biologia della sopravvivenza: «Già sei deperito e, nonostante questo, ti svuoti di quel poco che hai mangiato? Allora alzo i livelli di allerta: il pensiero del cibo dominerà con maggiore forza la tua attenzione, e la spinta a mangiare sarà ancora più travolgente».

Perciò più cercate di sforzarvi di non mangiare o di eliminare il cibo che avete mangiato, più sarete portati a pensare al cibo e ad abbuffarvi. Alla fine vincerà comunque la biologia della sopravvivenza: o riprendete a nutrirvi oppure vi estinguete, cioè morite.

«Morirai di fame»

A proposito di «se non mangi, muori»: non fate affidamento su questo tipo di deterrente per combattere l'anoressia nervosa. Come spiega bene un articolo scientifico (Foldi et al., 2021), nell'anoressia nervosa si sono inceppate le cosiddette «funzioni esecutive» del cervello.

Sono circuiti che si «accendono» nella parte più evoluta del cervello, la corteccia prefrontale, e sono quelli che più caratterizzano noi umani in quanto umani, per esempio nella progettazione di pensieri e di comportamenti volti a raggiungere uno scopo.

Che cosa si inceppa nell'anoressia nervosa?

Si sente e si vede con grande forza e chiarezza l'obiettivo a breve termine («se mangio meno, oggi mi sentirò più sollevato e meno in ansia»), ma si diventa completamente sordi e ciechi rispetto alle conseguenze a lungo termine («se continuo a digiunare, morirò»).

Proprio come un giocatore d'azzardo che, per rivivere l'emozione della scommessa, diventa completamente insensibile alla conseguenza di rimanere sul lastrico, senza casa e senza lavoro.

In ogni caso, che soffriate di anoressia o di un disturbo da gioco d'azzardo, il problema non è «colpa vostra»: il problema è che il vostro cervello sta funzionando male, e l'unico modo per uscire da questa «bolla» è farvi aiutare a recuperare, a poco a poco, la consapevolezza di quello che vi sta succedendo.

Cosa sapere e cosa fare

Non mi dilungherò oltre sulla descrizione delle caratteristiche dei disturbi alimentari: trovate in rete tutte le informazioni che vi servono, complete e scientificamente corrette, a cominciare da quelle presenti sul sito dell'Istituto superiore di sanità (Istituto superiore di sanità, EpiCentro, 2022).

Meglio ancora, se avete familiarità con l'inglese, leggere i consigli del National Institute of Clinical Excellence (NICE, 2020) su come riconoscere e curare i disturbi alimentari.

L'obiettivo di questo libro è aiutarvi a combattere a tavola i disturbi alimentari, perciò la cosa più importante è rinforzare la vostra consapevolezza su come funziona il cervello quando combatte la carestia: la catena di pensieri è «più ossessioni di controllo = più digiuno, più digiuno = più ossessioni di controllo e così via», in un meccanismo circolare che, se non combattete l'ossessione in maniera quotidiana e persistente, vi consumerà lentamente dall'interno, fino a esaurire l'ultima briciola delle vostre energie.

Per questo vi aiuterò a combattere l'ossessione con poca forza di volontà e con molta «architettura». Come un bravo architetto mette cura e amore nel progettare e arredare uno spazio, così farete voi per «riarredare» le vostre abitudini quotidiane, a cominciare dal piatto in cui mangiate. Vedremo più avanti, nel capitolo VII, come arredare al meglio un piatto semplice per sopravvivere e per crescere, mai per ingrassare, quando soffrite di anoressia nervosa.

Bulimia nervosa: l'illusione del controllo gioca alla pari con la biologia della sopravvivenza

Spesso anoressia e bulimia nervosa si intersecano come due fasi della stessa malattia. Per questo alcuni studiosi (Mauri et al., 2000) parlano di «spettro anoressico-bulimico»: i comportamenti sono diversi (nella bulimia c'è meno controllo e più discontrollo alimentare), il peso corporeo è diverso (le persone che soffrono di bulimia hanno quasi sempre un peso normale), ma i pensieri e le preoccupazioni sono molto simili.

La bulimia nervosa si accompagna a una profonda insoddisfazione per la forma e il peso corporei.

Il pensiero incentrato sul cibo e sull'alimentazione continua a dominare le giornate e la paura di perdere il controllo lascia spazio a un vissuto «diviso a metà», come se veniste tirati da due forze opposte: da un lato l'illusione del controllo, «perché da domani mi ci metto d'impegno e mangio solo insalata», dall'altro un misto di paura e, contemporaneamente, desiderio di lasciarvi andare.

La biologia della sopravvivenza, infatti, con il tempo spinge sempre più forte e la possibilità di arginare una spinta così determinata — biologicamente determinata — diventa sempre più fragile. Come il nuotatore in mare davanti all'onda alta dieci metri.

Ecco perché la bulimia nervosa viene spesso definita un'epidemia nascosta: quando ne soffrite, oltre ad avere un aspetto esteriore di perfetto normopeso, vi rendete conto delle ossessioni e dei comportamenti che siete costretti a subire e, quasi sempre, provate un profondo vissuto di vergogna e disagio per i momenti in cui perdete il controllo con il cibo, le cosiddette «abbuffate».

Intendiamoci sul concetto di abbuffata: non c'entra nulla con un abbondante pasto conviviale, tipo «al matrimonio di mio cugino ci siamo abbuffati per cinque ore». L'abbuffata nella bulimia nervosa è molto più simile a un momento, quasi sempre segreto e solitario, in cui il rigido controllo cede il passo alla perdita di controllo.

Come il nuotatore che, rendendosi conto della forza dell'onda, si trova costretto a lasciarsi andare «e per oggi vada come vada, ma da domani proverò di nuovo a resistere».

Cosa sapere e cosa fare

Anche in questo caso, come per l'anoressia nervosa, il libro cercherà di aiutarvi a rimettere in equilibrio le forze che, testa a testa, stanno combattendo dentro di voi: sarà fondamentale diminuire la spinta della biologia della sopravvivenza che, stimolata dal vostro desiderio di controllarvi troppo quando mangiate, vi spingerà con forza verso la ricerca incontrollata di cibo «proibito».

Per tutti questi motivi, l'arredamento delle vostre abitudini quotidiane, quando soffrite di bulimia, sarà diverso da quello dell'anoressia: ci sarà meno bisogno di dare nutrimento a un cervello devastato dal digiuno e maggiore bisogno di far ritrovare la pace alla biologia della sopravvivenza che è in voi.

Quindi maggiore sazietà, più cibi che regolano al meglio le emozioni e, già che ci siete, un metabolismo della massima efficienza che, anche a riposo, consumi le giuste energie. Vedremo più avanti, nel capitolo IX, come arredare al meglio un piatto semplice quando soffrite di bulimia nervosa e BED, per ritrovare la migliore sazietà e il miglior equilibrio, sia del corpo sia della mente.

Vietato vietare

A proposito di cibi «proibiti»: un'alimentazione sana e riequilibrante in corso di bulimia nervosa, ma anche di BED, non sarà mai un'alimentazione che preveda liste di «cibi buoni» e «cibi cattivi».

Potrete mangiare qualsiasi cibo e potrete fare festa a tavola con le persone a cui volete bene, senza dimenticare mai che le feste, per essere felici, saranno sempre e comunque eventi sporadici.

«Fare festa tutti i giorni», al di là dell'apparenza allettante, comporta inevitabilmente vissuti di vuoto, noia e infelicità.

Disturbo da binge-eating (BED): «Ormai mi sono arreso alla gola»

Rispetto all'epidemia nascosta di bulimia, l'epidemia di BED è ancora più nascosta: certo noterete una persona che soffre di un evidente sovrappeso e che, dietro a un'apparenza sorridente e bonaria - «cosa ci vuoi fare, sono una persona che ama mangiare» - nasconde una sofferenza silenziosa che sa di resa: «Ho fatto mille diete, potrei scriverlo io un libro su come mangiare per dimagrire ed essere in forma ma, oramai, mi rendo conto che non ce la faccio: comincio la giornata sicuro che da oggi righerò dritto ma, già al bar con il caffè, la brioscina ancora calda mi farà dire "pazienza, per oggi è andata così; ricomincerò la dieta domani, anzi lunedì prossimo"».

La sofferenza, profonda e dolorosa - come è sempre la sofferenza quando è mista a rassegnazione -, segnala che la «buona volontà di controllarsi» ha alzato bandiera bianca: ci si sente ormai in balia di una spinta ad alimentarsi incontrollata e confusa, in cui il significato di cibo come nutrimento e piacere si è mescolato al significato di cibo come calmante emotivo o, addirittura, di cibo come «anestetico generale».


Siamo affamati? Mangiamo. Siamo stanchi? Mangiamo. Siamo tristi e stressati? Mangiamo. Siamo delusi? Mangiamo.


Se soffrite di BED, il vostro cervello farà moltissima fatica a ritrovare i significati originari del cibo come nutrimento, piacere e fonte di benessere; sarà invece, per la maggior parte del tempo, incastrato in un comportamento compulsivo e per nulla piacevole, in cui il cibo viene usato come anestetico «drogante»: «Un po' di sollievo non è la soluzione, ma è comunque un po' di sollievo, che cerco oggi e che cercherò ancor di più domani e dopodomani».

Il cibo ultraprocessato: se lo conosci lo eviti

A proposito di anestetico drogante: immaginate un primo appuntamento con una persona di bell'aspetto, vestita in maniera elegante, forse un tantino appariscente, che sprizza energia da tutti i pori e che vi coinvolge con la sua parlantina e il suo savoir-faire.

Affascinati, accettate un invito a casa sua ma, sorpresa!, una volta in casa, questa persona vi seduce e vi convince ad assumere della droga. Da quel giomo smettete di ascoltare il vostro istinto, che vi dice che c'è qualcosa di troppo in tutto quel fascino, e vi ritrovate prigionieri di una relazione tossica.

Detto così può sembrare esagerato, ma è esattamente quel che succede quando vi trovate a «frequentare» il cibo ultraprocessato: piacevolezza intensa e immediata ed effetto drogante, quindi più lo mangiate oggi e più lo mangerete domani. Arriverete addirittura a metterlo nel carrello della spesa in maniera automatica, senza neanche chiedervi perché vi piace quel tipo di cibo.

Già sapete quanto sia importante stare alla larga da giudizi moraleggianti e più o meno colpevolizzanti: «Sono io che non ho abbastanza volontà per resistere a quel cibo» è un pensiero doloroso, autofrustrante e che non corrisponde al reale funzionamento del vostro cervello.

Già che ci siete, state anche alla larga da pensieri complottisti, del tipo «le multinazionali alimentari vogliono drogarci di cibo-spazzatura per ridurci a malati cronici e far così prosperare i loro compari delle multinazionali del farmaco».

Le multinazionali del cibo producono cibo ultraprocessato per motivi molto più terra-terra: il cibo ultraprocessato ha grandi margini di guadagno, si conserva a lungo sugli scaffali e si vende benissimo.

Vediamo allora qualche dettaglio su come si è evoluto il modo di preparare il cibo industriale negli ultimi cinquant'anni: sicuramente molto più in fretta di come, in parallelo, si è evoluto il nostro cervello.

Abbiamo detto nelle pagine precedenti che il cervello, seppure prodigiosamente evoluto rispetto a quello dei nostri primitivi antenati, conserva una parte, antica e potente, che ci guida istintivamente a lottare per la sopravvivenza cercando alimenti ricchi di energia.

Cosa ha fatto l'industria alimentare dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi? Ha aumentato la densità energetica del cibo che mangiamo: dal chicco di grano intero alla farina di grano integrale, fino alla farina bianca raffinata; oppure dal frutto intero al succo di frutta, fino alla bevanda fatta solo di zucchero e aromi.

Il nostro cervello non era pronto per tutto questo: era sacrosanto l'istinto di sopravvivenza che portava i nostri antenati a essere irresistibilmente attratti da un albero di frutta matura dopo giorni o settimane di carestia.

Ma, al giorno d'oggi, il nostro cervello rischia di andare in tilt di fronte alla disponibilità di cibi presentati in confezioni colorate e accattivanti, seducenti al primo morso, economicamente accessibili e disponibili a ogni ora del giorno e della notte.

Per questo è importante conoscerli ed è ancora più importante imparare a mangiarli in maniera consapevole.

Innanzitutto vediamo quali sono le categorie - tantissime! - di alimenti cosiddetti «ultraprocessati»:

  • bibite gassate, sia zuccherate sia con dolcificanti artificiali;
  • energy drink;
  • bevande a base di latte zuccherato;
  • yogurt alla frutta, zuccherati o con dolcificanti artificiali;
  • succhi di frutta zuccherati;
  • gelati e cioccolato prodotti industrialmente;
  • biscotti, pasticceria e dolci prodotti industrialmente;
  • pane e suoi derivati prodotti industrialmente (non solo il pane in cassetta bianco e super-soffice, ma anche le «salutistiche» gallette di riso bianco);
  • cereali da colazione (esclusi i fiocchi di cereali grezzi e senza zuccheri aggiunti);
  • barrette di cereali e barrette energetiche;
  • margarine;
  • creme spalmabili, dolci e salate;
  • tutti i prodotti «salutistici» e «dimagranti», per esempio i pasti sostitutivi;
  • tutti i piatti, dolci e salati, «pronti da mangiare dopo un passaggio in forno o in friggitrice ad aria»;
  • tutti i prodotti che si vendono nei fast food.

A pensarci bene, siamo letteralmente circondati dai prodotti ultraprocessati: a scuola e nei luoghi di lavoro, alle fermate dei mezzi pubblici, ai distributori di benzina e, soprattutto, nei supermercati e quindi nella dispensa di casa nostra.

Perciò, cosa fare?

Non sono favorevole a vietare o a tassare gli alimenti ultraprocessati, esattamente come non sono favorevole a tassare le sigarette. Come diceva tanti anni fa un mio paziente che aveva smesso di fumare: «Pagare un pacchetto di sigarette una frazione di euro in più non mi ha aiutato a smettere, così come non mi hanno aiutato i messaggi listati a lutto sui pacchetti. Mi hanno aiutato, invece, due cose:

  • il fatto che, da quando il fumo è stato vietato in tutti i luoghi pubblici, fumare è diventato meno facile e meno accessibile;
  • il fatto che, seguendo un gruppo di auto-mutuo-aiuto, a un certo punto mi sono reso conto che il fumo puzza, e io mi sono stufato di puzzare e di far puzzare i luoghi in cui vivo; e poi che il fumo toglie il respiro, e io mi sono stufato di vivere con il respiro accorciato».

Cercate di fare lo stesso con gli alimenti ultraprocessati: se li mangiate con un po' di consapevolezza, anche loro «puzzano» e «vi tolgono il respiro».

Cosa sapere e cosa fare

Ricordo un prodotto surgelato pronto da mangiare, a base di pollo, che consumavo molto spesso in gioventù. Fino all'età di quarant'anni è stato una vera e propria delizia per me: lo mangiavo e, già dal primo boccone, dicevo «accidenti, ma è proprio buono!» e nel mio freezer c'erano sempre un paio di confezioni di quel prodotto.

Oggi, con un palato più allenato e consapevole, lo assaggio e penso a come potevo trovarlo così buono: bastavano una consistenza croccantina e un sapore che era solo grasso e salato per rendermi felice?

La risposta è «bastava e avanzava» perché il palato, quando è poco allenato e poco consapevole, viaggia sui canali dell'istinto primitivo: «Tutto quello che è denso di energie, di sale, zucchero e grasso, meglio ancora se croccantino e facile da mangiare, è buono per me e per la mia sopravvivenza».

Quindi, se soffrite di bulimia nervosa o di BED, la cosa più importante sarà allenare il palato a gusti e consistenze differenti: non più sedotti e drogati da una persona affascinante al primo impatto, ma felici di incontrare persone autentiche, magari un po' timide e scontrose all'inizio ma che, per una vita intera, vi doneranno felicità e salute.

Vedremo quindi, nel capitolo IX il modo migliore per affrontare il cibo ultraprocessato e, più in generale, il cibo che consola troppo (e troppo in fretta).

Nei capitoli X e XI vedremo invece come ri-arredare le tue abitudini alimentari, non solo per comporre un Piatto semplice saziante e riequilibrante, ma anche per ri-arredare tutta la filiera dell'approvvigionamento di cibo: dalla spesa alla dispensa di casa, fino alla tavola.

Prima di entrare nel merito di cosa fare per aiutarti a tavola, ecco un capitolo dedicato a uno degli argomenti più spinosi quando si parla di disturbi alimentari: il problema delle cause, ovvero «Perché mi sono ammalato? Di chi è la colpa?».

Ed è così che prosegue questo meraviglioso libro che ci prende per mano e ci accompagna verso la consepevolezza, la salute e il benessere interiore ed esteriore.

 

 

 

 

 

 


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Recensioni dei clienti

Vincenzo L.

Recensione del 09/11/2023

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 09/11/2023

Un articolo davvero da lodare nonostante sia un estratto è molto ricco, scritto bene e chiaramente. Una finestra su vari disturbi!

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