Storie di Donne Samurai
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2 anni fa
Raccontare le donne samurai è senza dubbio una grande ambizione.
Ma l'intento stesso della letteratura è quello di contribuire a far brillare il mondo in tutte le sue manifestazioni.
Le protagoniste dei prossimi racconti sono ribelli, dissidenti, fuorilegge - tutte caratteristiche che vanno a loro merito.
Alcune sfidarono le norme plasmando il proprio destino, come Nakano Takeko, che creò un suo esercito femminile perché quello regolare le era interdetto.
Toccanti e piene di fascino, le voci di queste intrepide eroine sono l'eco di un coro che giunge dal passato, ricordandoci la fragilità dei diritti conquistati dalle donne e l'incredibile tenacia, intelligenza e coraggio con cui nel corso dei secoli hanno continuato a rivendicare la parità di genere.
Da ormai qualche anno assistiamo al riemergere della figura della « donna samurai » (onna musha o onna bugeisha) che si è imposto come uno dei filoni della cosiddetta « cultura popolare ».
Ne sono esempi i Taiga drama, un format televisivo prodotto in Giappone a partire dagli anni 1960, e video-giochi come Tóken ranbu, dove spade leggendarie si materializzano sotto forma di ragazze seducenti.
Tuttavia il pubblico odierno, non esclusivamente maschile e forse più consapevole dei pregiudizi che a lungo hanno gravato sul genere femminile, sembra rivolgere un più vivo interesse verso le grandi protagoniste della storia, e non soltanto le donne guerriere.
Nuove figure sono emerse grazie al lavoro degli storici, ma alcune venivano celebrate già da secoli. Le imprese di Tomoe Gozen, rievocate da Benjamin Lacombe e Sébastien Perez, come pure quelle di Shizuka e di Yamabuki erano al centro delle rappresentazioni teatrali per marionette in voga sul finire del XVII secolo.
Si trattava per lo più di adattamenti tratti dallo Heike monogatari, un'epopea medioevale nata a partire da un repertorio di canti eseguiti da monaci con l'accompagnamento del liuto biwa.
L'opera narra gli scontri fra due grandi clan di guerrieri, i Taira e i Minamoto, che nel XII secolo rivaleggiavano per il controllo politico e giudiziario sulle famiglie della classe militare e per aumentare la propria influenza a corte.
Le prodezze di Tomoe venivano già menzionate, ma fu soprattutto grazie a quelle rappresentazioni teatrali che la sua immagine di implacabile combattente armata di naginata acquistò notorietà.
Nel 1600 ha inizio il cosiddetto periodo Edo, dal nome della capitale degli shògun Tokugawa, e dopo alcuni secoli di instabilità politica la pace torna finalmente nell'Arcipelago. A poco a poco, i guerrieri si trasformano in colti amministratori, mentre nei centri urbani prende piede una sorta di borghesia mercantile.
È proprio in questo tempo di pace che la letteratura a tema marziale si diffonde con maggior successo, in coincidenza con la nascita del settore editoriale.
Quei racconti non rappresentano semplicemente un mezzo di svago, ma assolvono anche una funzione pedagogica, rivolta in special modo alle élite rurali. Per questo sono farciti di giudizi morali sugli uomini del passato, innalzati a modelli di virtù o condannati come esempi da evitare.
Tale tendenza alla moralizzazione derivava in parte dalla crescente influenza del sistema di pensiero confuciano, con la sua insistenza sul rispetto dell'etica e delle gerarchie sociali al fine di garantire il buon andamento del regno.
Proprio alla letteratura confuciana, ricca di storie con protagoniste « donne modello », si ispirarono gli autori del XVII secolo per la pubblicazione di antologie illustrate come le Biografie delle donne eroiche del Giappone (Honchò retsujoden) e lo Specchio delle donne del Giappone (Honchò jokan).
In realtà, le protagoniste di quelle opere non erano tanto guerriere quanto mogli « martiri », che sceglievano l'onore del suicidio dopo la morte del marito. I letterati e gli storici confuciani hanno avuto sempre difficoltà ad ammettere l'importanza del genere femminile nella storia e nei miti antichi, al punto che ci fu perfino chi tentò di modificare il genere di Amaterasu, dea solare venerata nel santuario di Ise e antenata della stirpe imperiale, sostenendo che, in quanto divinità « yang », non poteva che essere maschile.
Più propensi a mettere in scena le gesta delle donne guerriere si mostrarono gli impresari di teatro, sia joruri sia kabuki: le prodezze dell'imperatrice Jingù, colei che apre il libro Storie di donne samurai, vennero narrate dal drammaturgo Chikamatsu Monzaemon.
Sulla scia di tali rappresentazioni, anche le stampe (ukiyo-e) cominciarono a celebrare le grandi eroine, includendole nel genere delle « immagini di guerrieri illustri » (musha-e).
Tuttavia il loro numero non è neanche lontanamente paragonabile a quello delle cortigiane e delle altre avvenenti dante che affollano le incisioni dell'epoca. Per di più molte guerriere venivano declinate in soggetti ad uso delle stampe erotiche, che spopolavano nei quartieri del piacere.
Lontano da quei quartieri, le figlie dei guerrieri dell'epoca Edo ricevevano invece una formazione nelle arti militari e imparavano soprattutto a maneggiare le armi, ma, a differenza di Kaihime, raramente si ridussero a mero oggetto di scambi per suggellare effimere alleanze.
Venivano inoltre incoraggiate a coltivare la poesia, il canto e l'arte della composizione floreale, nonché quella della gestione della casa. Grazie anche al supporto di apposite pubblicazioni, le ragazze borghesi erano spinte a partecipare alle attività familiari e alla supervisione dei dipendenti.
Se ne deduce che le donne guerriere non incarnassero un modello da imitare. Secondo un « gioco dell'oca » (sugoroku) diffuso all'epoca, la « vittoria » (shusse) per la donna consisteva anzitutto nel matrimonio con un buon partito, che per esempio le avrebbe permesso di assumere, una volta adulta, la conduzione di un'impresa commerciale.
Malgrado tutte le deformazioni legate all'androcentrismo del passato, le rappresentazioni di donne illustri hanno senz'altro contribuito a tramandarne il ricordo ed è possibile che abbiano ispirato certe combattenti della fine del XIX secolo, come Nakano Takeko (1847-1868) e Yamamoto Yae - anche nota come Yaeko, (1845-1932), le quali presero parte alle lotte che travolsero il paese in occasione della « restaurazione imperiale » di Meiji nel 1868.
Col dare nuovo lustro al tema delle « donne guerriere », Lacombe e Perez si sono posti nel solco di una lunga tradizione, ma stavolta dal punto di vista delle eroine stesse.
Seguiamole dunque sui campi di battaglia...