Sei le parole che usi, diventi le parole che scegli
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4 anni fa
Leggi un estratto da "Basta Dirlo" di Paolo Borzacchiello e scopri la magia delle parole
Così come stai, dici. Così come dici, stai.
Basterebbe questa frase per sistemare la questione in modo definitivo.
Basterebbe questa frase per capire che qualsiasi parola che noi pronunciamo, o che noi neghiamo, nel senso di parola cui anteponiamo una negazione ("Non pensare a un elefante", "Non preoccuparti", "Non avere paura") attiva nel nostro cervello specifiche aree che, a loro volta, innescano la produzione di ormoni e neurotrasmettitori, che sono poi i responsabili del modo in cui stiamo.
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Il nostro benessere, da questo punto di vista, dipende in larghissima misura dal mix biochimico che noi letteralmente costruiamo con le parole che utilizziamo, più o meno consapevolmente, lungo il corso della nostra vita: al lavoro, con i nostri famigliari, con i nostri figli, con noi stessi, nei post che scriviamo sui social.
Ovunque e sempre, le parole che scegliamo da un lato indicano il modo in cui stiamo e palesano il nostro mondo interiore, dall'altro lo rinforzano e lo influenzano.
Qui sta la buona notizia: noi possiamo creare il mix biochimico che ci è più utile scegliendo deliberatamente le parole da usare.
Funziona così: ogni parola che pensi o pronunci attiva nel tuo cervello una ricerca semantica, che a sua volta evoca una serie di idee che sono collegate a questa parola e che ne sono, per così dire, comprese. È un processo velocissimo e inconscio.
Ti faccio un esempio. Io ora scrivo la parola "elefante". Ecco, l'ho scritta. Tu sai di cosa sto parlando, vero? E io ho forse bisogno di spiegarti di quale tipo di animale si tratta? Devo forse specificare che questo animale ha una proboscide? Che ha quattro zampe e che ha le orecchie grandi? Ne dubito, perché tutte queste idee sono comprese nella parola che ho scritto.
Ora scrivo questa frase: "Ieri ho visto un animale che afferrava una scatola di biscotti con una proboscide". Di quale animale si tratta? Un elefante, vero?
Ecco, hai appena iniziato a scoprire cosa sono i "frame". Il frame può essere definito in modi differenti, uno dei quali è "il modo in cui poniamo al nostro interlocutore le informazioni per influenzarne le idee" (tu, per esempio, preferisci un formaggio con il 97 per cento di massa magra o un formaggio con il 3 per cento di massa grassa? Questo modo di esporre le informazioni è un'operazione di "framing"). Un altro modo consiste nel definire il frame come una struttura linguistica che contiene idee, proprio come nel caso di "elefante".
Ogni parola contiene "cose": altre parole, idee, immagini, ormoni, neurotrasmettitori, chimica. Anche questo è piuttosto facile da intuire.
Se io ora scrivo "ragno!", nel tuo cervello si scatena una reazione incredibilmente potente e incredibilmente veloce. Intere porzioni di cervello si attivano per cercare il significato della parola, notando anche quel punto esclamativo che pare essere indicativo di qualcosa di urgente.
A questo punto il messaggio viene trasferito al tronco encefalico, una porzione del nostro cervello rettile che contiene l'amigdala, la nostra centralina di allarme. L'amigdala, che vuole proteggerci da qualsiasi cosa possa minacciare la nostra sopravvivenza (e un ragno che ci può mordere rappresenta una brutta minaccia), inizia a mandare segnali al sistema endocrino, il quale inonderà il nostro corpo di ormoni e neurotrasmettitori adatti alla situazione, come la noradrenalina e il cortisolo, che, soprattutto se mescolati fra loro, favoriscono alcune reazioni utili in un contesto di minaccia (reale o presunta, per il cervello non fa differenza): aumento del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, aumento della frequenza respiratoria. Il corpo, insomma, si prepara alle sue reazioni tipiche in tali contesti: la paralisi, la fuga o il combattimento (se hai mai sentito parlare di reazioni "fight or flight", combatti o fuggi, considera che la reazione reale che hai quando subisci un forte spavento o ti trovi di fronte una minaccia imminente è "freeze, flight or fight", ovvero paralizzati, scappa velocemente e, se proprio non puoi scappare, allora combatti).
Tutto questo succede in meno di 300 millisecondi, che è un tempo assai breve (a leggere le parole "300 millisecondi" ci metti molto di più). E succede decine di migliaia di volte al giorno, senza soluzione di continuità e senza possibilità che tu possa farci alcunché.
L'unica cosa che puoi fare è prestare estrema attenzione alle parole di cui ti circondi (e che non sono solo le parole che dici, ma anche e soprattutto le parole che ascolti rivolte a te o agli altri, e che leggi). Se poi una certa parola viene ripetuta spesso, allora diventa sempre più presente nel tuo cervello e gli effetti saranno maggiormente eclatanti.
La prima regola, quindi, da tenere a mente, è: evocare un frame lo rinforza.
Ogni volta che nomini qualcosa, lo fai esistere, ne legittimi l'esistenza. Questo, fra l'altro, è il principale motivo per cui i maghi di Hogwarts chiamano Lord Voldemort "colui che non deve essere nominato", perché sanno perfettamente che se lo nomini, esiste.
Ma finché si tratta di un libro e di qualche esempio, comunque, va tutto abbastanza bene. Stiamo parlando di elefanti e ragni, e stiamo facendo esperimenti in ambienti protetti (se in questo momento, mentre leggi o ascolti queste righe, ti trovi nel bel mezzo di una foresta pluviale, quello che ho appena detto chiaramente non vale).
La questione è che nella routine quotidiana siamo sottoposti a stimoli ben diversi. Parole come "sbagliato", "problema", "difficile", "bloccato", "paura", "grave", "male", "schiacciato", "disturbo", "rubare" sono all'ordine del giorno. Le troviamo ovunque, nelle frasi che diciamo a nostro figlio, nei messaggi che scriviamo via Telegram, nei post che leggiamo su Facebook, nelle telefonate che riceviamo e che facciamo.
Un'infinità di parole, insomma.
Prova a contare le parole biochimicamente pericolose che pronunci, pensi, scrivi, leggi, ascolti ogni giorno. Migliaia. Migliaia di reazioni chimiche.
E, considerato il fatto che il tuo livello di benessere è direttamente collegato al tipo di chimica che hai in corpo (se trasudi endorfine hai un umore allegro, ridanciano e spensierato, se sei zuppo di cortisolo avrai un altro umore, di natura ben diversa), allora ti dovrebbe essere ben chiara l'importanza della prima regola: evocare un frame lo rinforza.
Quel che voglio sottolineare e richiamare con vigore alla tua mente è il duplice potere insito nelle parole.
Per prima cosa, contrariamente a quel che viene spesso insegnato e di cui abbiamo parlato, le parole hanno un potere che oso definire totale: le parole fanno tutto, le parole sono tutto.
Sono i mattoni con cui edifichiamo gli edifici in cui viviamo. Che siano catapecchie o palazzi, dipende da quanti mattoni utilizziamo, dalla loro qualità e così via.
Poi, le parole, prima ancora di arrivare a orecchie o occhi altrui, sono state pensate e quindi hanno già esercitato il loro effetto chimico su di te prima che una sola sillaba venga digitata sulla tastiera o trasformata in suono dalle corde vocali. Quindi, da questo meraviglioso punto di vista, le parole che scegli con consapevolezza e secondo i criteri di cui stiamo parlando mutano la tua realtà attraverso la modifica della struttura cognitiva del tuo cervello e della chimica che ti ritrovi in corpo.
Come ormai sai, è poi la chimica che innesca tutte le altre reazioni: i tuoi comportamenti sono collegati alla chimica, i risultati che ottieni sono collegati alla chimica, il modo in cui gli altri ti trattano è collegato alla chimica, prima ancora che tu abbia parlato. Infatti, le parole producono in te ormoni prima ancora di essere pronunciate. Tali ormoni hanno un odore, tale odore viene percepito dal tuo interlocutore alla velocità della luce e contribuisce a creare in lui l'impressione che avrà di te e che sarà poi confermata dalle parole che dirai.
Infine, le parole permeano di valore quello che dici e te che lo dici. Se, mentre mostri un oggetto che hai acquistato per qualcuno, dichiari che si tratta di un "regalino", ormai lo sai, quell'oggetto diventerà di minor valore rispetto a quello che avrebbe potuto assumere se lo avessi definito "un regalo che ho scelto per te". Allo stesso modo, se prima di parlare dici che stai per "rubare tempo" - ormai sai anche questo -, ciò che dirai verrà ascoltato attraverso un filtro a base di ormoni dello stress e quindi piacerà di meno rispetto alla stessa cosa anticipata da "Vado velocemente al punto e ti dico subito tutto quel che c'è da sapere". Tu, a essere ancora più precisi, piacerai di meno, perché nessuno gradisce i ladri, i disturbatori, gli insicuri che fanno perdere tempo (per esempio, quando si dice: "Ho una domanda stupida che forse non c'entra").
Ed eccoci, quindi, alla seconda regola: negare un frame lo rinforza.
La cosa che ti succede se io scrivo "ragno" ti succede anche se io scrivo "non ragno". Il motivo è semplice: per negare un concetto, il cervello deve prima andare a recuperarlo nella sua memoria. Come fai, del resto, a negare qualcosa che non esiste o di cui ignori l'esistenza?
Eppure, nonostante questo sia abbastanza intuitivo, trascorriamo la nostra esistenza in mezzo a frasi che trasgrediscono queste due semplici regole. "Non voglio rubarti altro tempo", "Non voglio crearti problemi", "Non correre che cadi", "Non ci saranno difficoltà", "Non preoccuparti" ne sono un esempio.
Parlare bene è una delle soluzioni alla questione portante di questo libro: possiamo aspirare a una vita più piena, ricca e felice? Certo che possiamo. Anzi, possiamo fare ben di più: possiamo decidere di scrivere il nostro presente, il nostro passato, il nostro futuro. Possiamo, letteralmente, diventare gli sceneggiatori della nostra vita.
Partiamo da un presupposto scientifico:
Il passato e il futuro non esistono.
Hai letto bene: il passato e il futuro non esistono.
La nostra memoria è poco più di un'illusione: ci ricordiamo solo alcuni fatti rispetto alla gran quantità di esperienze che potremmo ricordarci, e ce le ricordiamo nella versione che più ci fa comodo. Attenzione: non nella versione più "utile", ma in quella che ci fa comodo. Per questo possiamo definire in modo diverso i nostri ricordi, con parole diverse.
Se, per esempio, "la settimana scorsa hai avuto una giornata terribile, in cui il tuo capo ti ha criticato per il tuo lavoro e non sei riuscito quindi a parlare con lui perché ha creato un muro fra te e lui", si potrebbe raccontare questo episodio così: "La settimana scorsa hai avuto una giornata davvero impegnativa e delicata, in cui ti sei confrontato con i feedback del tuo capo e non sei ancora riuscito quindi a parlare con lui perché al momento sembra poco incline a instaurare un rapporto chiaro e schietto di comunicazione con te". È, di fatto, la stessa cosa, lo stesso ricordo, la stessa esperienza. Eppure, è completamente diversa.
Nel primo caso, il tuo ricordo conterrà parole e idee come "terribile" (come pensi che reagirà la tua amigdala, anche solo riascoltando questa parola?), "criticato", "muro" (come pensi di stare avendo nel cervello il ricordo di un muro?). Questo ricordo produce un particolare mix biochimico che, com'è facile intuire, non sarà proprio ottimale. Lo sai già, del resto: quando ricordi qualcosa di spiacevole, il tuo umore peggiora. Quando ricordi qualcosa di piacevole, il tuo umore migliora.
Nel secondo caso, il tuo ricordo conterrà parole e idee come "impegnativa" e "delicata" ("delicato" è un bel modo di definire le cose: il tuo cervello capisce bene di che si tratta e, al tempo stesso, evoca immagini che hanno a che fare con seta o carezze di mamma, oppure culetti morbidi di neonati sorridenti), "poco incline" (che è decisamente meglio di "muro") e "rapporto chiaro e schietto" (che, almeno, ti mette in testa idee buone e ti dice qual è la vera direzione che vuoi far prendere al rapporto con il tuo capo).
Scrivere in modo diverso il tuo passato è un passaggio importante, considerato appunto il fatto che il tipo di ricordi che hai influenza il tipo di umore che sperimenti: cattivi ricordi diventano cattivo umore, buoni ricordi diventano buon umore. E questo, fra le altre cose, si traduce anche in un presente migliore: se sei di buon umore, la tua giornata è sicuramente più rosea, produttiva o, comunque, piacevole.
Il passato lo decidi tu, perché puoi scegliere tu le parole per raccontartelo. E decidi tu anche il presente, perché scegli tu quali parole usare e quali parole lasciare nel cassetto. Anche il futuro, a questo punto, lo decidi tu: il tuo presente, domani, sarà il tuo passato. Il modo in cui oggi descrivi la tua giornata diventerà il modo in cui te ne ricorderai.
Oggi stai certamente scrivendo il tuo presente e stai altrettanto certamente scrivendo i tuoi ricordi di domani. Il passato che avrai nel futuro.
Sembra un gioco di parole, vero? Rileggi con attenzione le righe che hai appena letto, per assimilarne tutta l'importanza: scegliere con cura le tue parole di oggi significa garantirti, domani, un ottimo ricordo di quel che oggi è successo e, quindi, un piacevole passato e un piacevole futuro. Perché se è vero (ed è vero) che non possiamo sapere in anticipo quel che ci capiterà domani, è altrettanto vero che puoi sempre e comunque decidere il modo in cui lo affronterai, e questo modo è direttamente collegato al tipo di umore che più frequentemente caratterizza la tua esistenza.
Scegli oggi le parole che ti ricorderai domani. Scegli oggi il tuo passato e che tipo di futuro puoi avere. È tutto nelle tue mani. Anzi, nelle tue parole.