Pressione alta: come correggerla?
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2 anni fa
Quali sono i fattori di rischio e come rimuoverli per ripristinare l’originaria condizione di salute senza far ricorso ai farmacia
L’ipertensione viene considerata, a ragione, uno dei maggiori fattori di rischio cardiovascolare insieme agli altri “killer” riconosciuti: fumo, sedentarietà, obesità e diabete. L’ipertensione cronica è un reale fattore di rischio in quanto l’elevata pressione a cui sottopone le pareti vascolari può alla lunga danneggiarle, infiammarle, predisporle alla formazione di placche ateromatose (quelle da cui poi si sviluppano trombi, infarti e ictus). Giusto dunque l’obiettivo del medico di tenere sotto controllo questo fattore. Ma, sempre per restare indipendenti dalle pressioni esercitate dal marketing delle aziende produttrici di farmaci, dobbiamo anche chiederci, da un punto di vista scientifico, quali siano i valori raccomandabili o desiderabili per la pressione arteriosa.
Quali sono i valori realmente raccomandabili
Com’è che trent’anni fa si diceva che la pressione sistolica corretta fosse di 100 più l’età del soggetto, mentre oggi la si vuole tenere per tutti a 120? Il problema mi pare sia di tipo diverso: far capire sia al medico che al paziente che (anche ammesso che 120/80 sia il valore che consente una vita più lunga) non è e non potrà mai essere la stessa cosa avere naturalmente quei valori oppure indurli artificiosamente con un farmaco.
Chi può seriamente pensare che la sua aspettativa di vita, dopo correzione dei valori pressori con un farmaco, sia identica a quella di un individuo che ha invece tali valori perfetti grazie al suo naturale equilibrio? È chiaro che una pressione contenuta è la conseguenza di tanti fattori (elasticità delle arterie, fluidità del sangue, portata cardiaca, assenza di ritenzione, allenamento). Solo uno sciocco può pensare che la riduzione farmacologica della pressione, lasciando inalterati tutti gli altri fattori di rischio, possa rendere equivalente l’aspettativa di vita rispetto a chi quella pressione ce l’ha naturale. Eppure in tanti, anche se non lo esprimono esplicitamente, la pensano così. Forse c’è qualcuno che consente a questo pensiero di passare.
I fattori che alterano la pressione
Vediamo insieme, dunque, quali siano alcune delle cause potenzialmente in grado di alterare i valori pressori.
L’assunzione eccessiva di sale alimentare (ma attenzione: anche gli zuccheri raffinati hanno il loro peso) sembra essere uno dei maggiori colpevoli dell’aumento della pressione. Il corpo, di fronte a un forte stimolo esterno, cerca di difendersi accumulando acqua e questo accumulo aumenta la pressione sulle pareti arteriose.
L’infiammazione da cibo è una causa reale e biologica di molte patologie, tra cui anche l’ipertensione, per il tramite della forte ritenzione idrica che è in grado di indurre. L’organismo infiammato fa un po’ come faremmo noi se il nostro vestito prendesse fuoco: ci butteremmo secchi d’acqua addosso nella speranza di spegnerlo. Un’esperienza clinica comune che sperimento nel mio studio è che i pazienti che iniziano a effettuare una semplice rotazione alimentare sulle famiglie di cibi più spesso implicate nel processo di sovraccarico (latticini, glutine, lievitati, sale, nichel) si sgonfiano d’acqua immediatamente o nel giro di poche settimane. Una semplice misurazione bioimpedenziometrica mi consente anche di quantificare numericamente il dato.
Anche il sovrappeso contribuisce, generando poi talvolta circoli viziosi da cui è difficilissimo svincolarsi. Basti pensare al fatto che un solo chilo di grasso corporeo richiede la costruzione di circa 3 km di vasi capillari per apportare sangue a quell’attivissimo (ora lo sappiamo) tessuto endocrino.
La pressione può aumentare anche a causa dello stress psicofisico percepito. Quando siamo stressati infatti (ma anche quando la nostra percezione dello stress è elevata, come in personalità ansiose o agitate) produciamo grandi quantità di cortisolo, che ha una conformazione simile all’aldosterone, altro ormone surrenale di vitale importanza nel riassorbimento del sodio a livello renale. Se il cortisolo è secreto in quantità moderate, l’aldosterone non è disturbato e svolge il suo normale lavoro di riassorbimento secondo i fabbisogni dell’organismo. Quando le quantità di cortisolo sono invece molto elevate, i recettori dell’aldosterone diventano sensibili anche al cortisolo, che agisce quindi sul rene come se vi fosse in circolo una quantità molto elevata anche di aldosterone.
La sedentarietà: è scientificamente ben documentato come una regolare attività fisica, agendo sull’elasticità della parete arteriosa e inducendo una sana capillarizzazione dei tessuti muscolari, sia un potente regolatore della pressione. Chi ancora pensa che starsene a poltrire sul divano sia una buona politica per tenere bassa la pressione, deve ricredersi.
Altre cause ancora possono provocare rialzi pressori. Le catecolamine da ansia, rabbia o paura (adrenalina e noradrenalina), l’assunzione di stimolanti (caffeina, amfetamine, cocaina e droghe varie), ma anche una diuresi rallentata da disfunzioni renali (da malattie autoimmuni come il lupus, da calcolosi renale, ma paradossalmente anche da farmaci ad eliminazione renale, compresi alcuni antipertensivi). Sarà il medico di segnale a identificare quali siano le disfunzioni maggiori che possano più facilmente essere corrette.
Come opera il medico di segnale
La differenza tra ciò che fa un medico “ordinario” (sopprimere il sintomo) e ciò che cerca di fare il medico di segnale (guarire il problema rimuovendone le cause) sta proprio nella conoscenza delle cause reali del problema, e nel coraggio di affrontarle e rimuoverle. La risposta ipertensiva è quasi sempre un tentativo di correzione di una situazione in via di degenerazione. Se impediamo al corpo - per esempio con un farmaco - di correggere l’anomalia, non possiamo illuderci che la forzatura venga serenamente accettata. L’organismo tenterà in tutti i modi di ripristinare i livelli pressori che gli consentano tale correzione, e non si fermerà fino a che non li avrà nuovamente raggiunti. È qui che deve concentrarsi il lavoro del medico: nel ripristinare le condizioni originarie di salute che consentivano all’organismo il mantenimento dei valori pressori più corretti.