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Prenditi cura delle tue emozioni e loro si prenderanno cura di te

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto dal libro "Il Linguaggio delle Emozioni" di Karla McLaren e scopri come capire le tue emozioni per vivere più serenamente

La mattina di venerdì 3 luglio 2009, tre giorni prima della consegna della bozza di questo libro, la mia amica Esmé chiamò per avvisare che non riusciva a svegliare mia madre.

Fu uno shock, ma sapevo quello che significava, perché erano cinque anni che mamma usciva ed entrava dall’hospice a causa di un’insufficienza renale all’ultimo stadio. Dissi a Esmé che sarei arrivata subito e portai con me Eli, mio figlio, in caso ci fosse bisogno di sollevare mamma o... altro.

Stai leggendo un estratto da questo libro:

Mentre guidavo verso l’appartamento di mamma, ero calma ma concentrata. Pensavo già a chi chiamare, ripassavo mentalmente la lista delle sue medicine, cercavo una possibile interazione fra i farmaci, informavo Eli di quello che avremmo potuto vedere e preparavo me stessa.

Quando arrivammo a casa di mamma venti minuti dopo e vidi il suo corpo grigio e immobile nel letto, il mio corpo iniziò a singhiozzare, boom, in un momento. La mia mente considerava possibilità e idee varie, ma il mio corpo sapeva cosa stesse succedendo.

Caddi immediatamente nel dolore del lutto, ma poiché ero ancora coinvolta con le tematiche di questo libro che hai in mano, non mi opposi alla sofferenza né cercai di apparire controllata. Mi affidai al corpo e alle mie emozioni perché facessero quello che era necessario e non interferii.

Chiamammo i dottori, l’hospice e la famiglia; ci organizzammo con il cibo e imparammo (impacciati) come prenderci cura del corpo comatoso di mamma mentre io piangevo giorno e notte. Non lo facevo incessantemente, perché il dolore per un lutto non funziona così; piangevo come in reazione a uno stimolo, a ondate. Ero in grado di agire e piangere, dormire, mangiare, piangere, ordinare le medicine, fare il resoconto della situazione all’hospice, parlare al telefono, piangere, organizzare le cose, piangere, accogliere i visitatori, andare a casa e fare una doccia e piangere.

Il sabato notte (erano passate quasi venti ore dall’inizio del coma) dopo che avevamo guardato tutti insieme i fuochi per la festa del 4 luglio dal balcone di casa di mamma, rimasi sola con lei. Sistemai alcuni cuscini per terra di fianco al letto, così da poter sentire se avesse bisogno e provai a dormire.

Ma non ci riuscivo. Ero davvero esausta, ma tutto quello che riuscivo a fare era piangere per la disperazione e le perdite nella vita di mamma, la montagna di separazioni che la avevano assillata, le opportunità di essere onesta e vulnerabile con gli altri sempre mancate.

All’improvviso realizzai che non riuscivo a smettere di piangere perché sentivo il dolore dei lutti di mia madre, non il mio per la sua mancanza. Non riuscivo a rilassarmi, non riuscivo a smettere di ossessionarmi per le sue perdite e non riuscivo a dormire, così compresi che quella pena non era la mia perché la sofferenza del lutto non mi tormenta così.

Allora mi sollevai su un gomito e dissi a voce alta: “Mamma, ho fatto abbastanza. Non rimarrò qui a vivere tutto il dolore per le occasioni mancate che tu non hai voluto provare. Sai, che ti voglio bene, ma hai fatto un casino! Non posso aggiustare le cose al posto tuo e ho bisogno di dormire un po’”.

Il mio corpo si rilassò, tornai a sdraiarmi, mi voltai e mi addormentai. Riuscii a dormire, anche se non a lungo, perché i corpi comatosi hanno bisogno di tante attenzioni. Quella forma estranea e miserabile di lutto non tornò più, il mio dolore confortante invece sì; piansi e soffrii in modo salutare per il resto di quel lungo fine settimana.

Mamma morì il lunedì mattina del 6 di luglio e con l’aiuto di mia cognata Janelle, l’infermiera dell’hospice, Carmen, ed Esmé, lavammo e vestimmo il suo corpo. La truccai, perché apparteneva a un’epoca in cui le donne non uscivano di casa senza avere messo un po’ di trucco e mentre aspettavamo l’auto per andare al crematorio, mi sentii... tranquilla. A posto. Non avevo più bisogno di piangere.

Questo mi sorprese. Mi ero preparata alla morte di mamma mentalmente per anni; mi vedevo sempre affranta dal lutto, arrabbiata, esausta e desiderosa di rimanere sola per settimane o mesi di fila. Ma mi sbagliavo. Le mie emozioni intervennero e si presero cura di me in tutto e per tutto.

Dopo alcuni giorni passati a dormire, tornai a lavorare su questo libro e lo consegnai con due sole settimane di ritardo. Credo che tutti si aspettassero un crollo da parte mia, ma non accadde perché ero già a pezzi mentre mamma stava morendo. Non avevo bisogno di sentirmi così per il resto della vita. Ecco il segreto meraviglioso che vive nelle emozioni: se fai affidamento su di loro e te ne prendi cura, loro si prenderanno cura di te. Se non lo fai, la tua vita sarà alquanto miserabile e lascerai un disordine che altri dovranno sistemare.

Le emozioni mi hanno fatto compagnia e mi hanno protetta in uno dei fine settimana più difficili della mia vita. Gli sono grata e le amo: sono stupefacenti, potenti, terapeutiche, buffe e sono onorata di essere capace di tradurre il loro linguaggio in qualcosa che spero ti aiuterà così come aiuta me. Benvenuto.

Una postilla prima di iniziare: il mio lavoro ha luogo in spazi sacri e privati a cui non si addicono la presentazione di casi scientifici o di dati storici eterogenei. Allo stesso modo, in questo libro faccio affidamento sul racconto, sulle analogie e sulla condivisione di esperienze personali al fine di creare un luogo che abbia simile sacralità con te.

Sei tu l’esperto delle tue esperienze personali: nessun libro, sistema, ideologia o persona dovrebbe mai avere l’opportunità di sostituire la tua saggezza. Se le idee e gli esercizi in questo libro hanno significato per te, usali, hai la mia benedizione. Se non ti dicono nulla per te, ignorali, hai la mia benedizione. Se stai lottando con ansie, depressioni, panico, rabbia ciclici o con qualsiasi altro stato d’animo che non funziona nella tua vita, è importante che ti veda un dottore o un terapista.

Al giorno d’oggi c’è aiuto per tutti noi, ed è un valido aiuto; perciò se le reazioni biochimiche in te, la tua eredità o la tua storia passata hanno creato dei disequilibri nel cervello o nella sfera emotiva, allora assolutamente, fai una visita da un dottore. Ci sarà lavoro da fare per te, di certo, sia che tu stia assumendo farmici o meno. La cosa importante è che ti accerti di essere al sicuro, comodo e di avere vicino il sostegno adeguato, prima di cominciare.

Onora la tua individualità e la tua peculiare configurazione emotiva, opera cambiamenti al ritmo giusto per te (o non cambiare nulla) e affronta questo lavoro con la dovuta cautela e una profonda dedizione alla tua integrità.

Pace e benedizioni a te.


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