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L'intelligenza della luce illumina la nostra vita

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto da "Luminous Life" di Jacob Israel Liberman

Quarant’anni fa, mentre svolgevo il tirocinio da optome-trista, la mia vista ebbe un miglioramento improvviso e molto significativo, senza alcuna modifica misurabile della mia prescrizione oculistica. L’effetto di quell’evento miracoloso, che persiste ormai da quattro decenni, mi portò alla realizzazione che, sebbene si guardi con gli occhi, non si “vede” con essi. Questo mi indusse a imbarcarmi in una missione alla scoperta della fonte della nostra vera vista: la connessione fra luce, percezione visiva e coscienza.

Cosa più importante, mi portò a chiedermi: chi sono io, e chi è veramente colui che vede?

Stai leggendo un estratto del libro

Tali domande mi indussero a studiare la fisica quantistica e la neuroscienza, che mi ispirarono a indagare a fondo lo stato mentale che aveva determinato un marcato miglioramento della mia vista. Così diedi avvio a un esperimento in tempo reale sul funzionamento della mia mente. Speravo di scoprire un portale che immettesse nello stato di coscienza in cui si realizza la guarigione profonda, che a sua volta mi avrebbe permesso di insegnare agli altri come replicare la mia esperienza.

Le mie scoperte successive trasformarono la mia vita e rivelarono alcune verità fondamentali sulla luce e la visione. Quelle rivelazioni mi permisero di aiutare migliaia di pazienti a recuperare la vista naturale senza ricorrere all’uso degli occhiali e anche di gettare le basi dei miei primi due libri: Light: Medicine ofthe Future  e Take Off Your Glasses and See.

Ho dedicato i successivi venticinque anni a una profonda esplorazione della vita, della coscienza e di quello stato elusivo a cui assegniamo il nome di presenza. Le mie scoperte, presentate in questo volume, mi hanno aiutato a scoprire in che modo la luce si pone continuamente alla guida della nostra vita.

Inoltre quelle scoperte hanno rivestito un ruolo fonda-mentale per la mia invenzione, nel 2006, del primo dispositivo medico brevettato e clinicamente provato, approvato dalla Food and Drug Administration statunitense (FDA); esso ha notevolmente migliorato le prestazioni visive e nel 2010 ha contribuito al mio insediamento in qualità di presidente deirinternational Society for thè Study of Subtle Energies and Energy Medicine (ISSSEEM).

Indice dei contenuti:

La guida della luce

Per inquadrare meglio le mie scoperte, iniziamo dalla luce, cercando di allargare la concezione che ne abbiamo. La luce è ben più di un insieme di onde e particelle. È una dispensatrice di coscienza. La luce non si limita a essere “là fuori”, alla stregua di qualcosa da trovare per riuscire a vedere. La luce muove alla nostra ricerca e ci guida allo stesso modo in cui cerca una pianta, inducendola a crescere verso la luce.

In essa c’è qualcosa di intrinsecamente vivo; e per quanto possa sembrare sorprendente, la luce non solo penetra in noi attraverso gli occhi e la pelle, ma emana anche da noi. Si pensi a come i bebé percepiscono il mondo circostante. La luce accende la loro consapevolezza, che è sgombra da pensieri, credenze o preoccupazioni, e torna a irradiarsi nel mondo come espressione di pura presenza.

Questo spiega perché i loro occhi brillano. Tuttavia, durante la crescita, quando passiamo dallo stato infantile senza restrizioni a quello adulto in cui ci è insegnato a guardare alla vita, all’amore e al lavoro, trascuriamo il fatto che i nostri occhi e la nostra mente non sono fatti per porsi alla ricerca della luce, bensì per rispondere a essa.

Alcuni pionieristici esperimenti hanno confermato che gli occhi, che contengono circa un miliardo di parti attive, non solo individuano singoli fotoni di luce prima che essi assumano una forma, ma anche assimilano e distribuiscono quelle informazioni al nostro cervello con incredibile rapidità. L’intero processo si sviluppa prima ancora che la mente conscia lo concepisca e ci indichi cosa guardare.

Per di più i ricercatori hanno scoperto la presenza nell’occhio umano di alti livelli di concentrazione di criptocromo, quel “sesto senso” chimico che orienta gli animali in base al campo magnetico terrestre, una sostanza che ci calibra con l’“orologio” e la “bussola” invisibili che guidano i movimenti migratori di molte specie e perfino i loro cicli riproduttivi.

Alla ricerca della Presenza

Nonostante le credenze popolari, raggiungere lo stato di presenza non consiste nel pensare o nel cercare di essere nel qui e ora. Si trarta piuttosto di uno stato che si realizza spontaneamente e che si manifesta quando i nostri occhi e la nostra mente, stimolati dalla luce, si concentrano sullo stesso punto, nello stesso momento. In risposta all’invito e alla guida fornita dalla luce, i nostri occhi avviano una complessa danza, fatta di un’alternanza di momenti in cui fissare, focalizzare, tracciare e lavorare in squadra.

Quando la luce ci “risveglia” i nostri occhi puntano verso la sua emanazione, dando avvio a una presenza globale. Sebbene spesso si ponga in relazione la presenza con l’attenzione, la presenza non si associa ad alcuna tensione. Essa non rappresenta un processo di selezione volontaria e forzata di un aspetto del nostro ambiente, su cui focalizzarsi ignorando tutti gli altri. La presenza è una risposta involontaria a un invito dell’intelligenza della vita, che ci indirizza verso il nostro maggior potenziale.

Il nostro grado di presenza è direttamente connesso alla capacità dei nostri occhi di puntare senza sforzo e con accuratezza. Quando gli occhi puntano correttamente, stabilendo un contatto visivo con ciò che ha attirato la loro attenzione (e quindi riconoscendolo), sperimentiamo uno stato di con-gruenza. Si tratta di uno stato di unione delle parti, il perfetto allineamento fra la nostra realtà esterna e interna, dove si realizza un’attenuazione del rumore dal quale siamo circondati.

Ho fatto questa scoperta durante la mia carriera di optometrista e di studioso della percezione visiva. Quando venivano da me dei pazienti con problemi di vista, nella maggioranza dei casi mi rendevo conto che i loro occhi guardavano un determinato punto, però la loro mente era altrove. Quell’incongruenza tra ciò che gli occhi e la mente vedevano interferiva con la loro naturale capacità di essere nello stato di presenza.

In uno dei miei studi, pubblicato nel 1976, ho rilevato che il 70 per cento dei soggetti non stava guardando dove pensava di guardare e che ciò indicava che i loro occhi e la loro mente non convergevano sullo stesso punto. Inoltre, più della metà dei soggetti si sforzava troppo di guardare, rivelando una tendenza a forzare, anziché permettere alle cose di dispiegarsi davanti al proprio sguardo.

Inoltre ho osservato che più i miei pazienti si concentravano per vedere o capire qualcosa, più trattenevano il respiro, e meno vedevano. Tuttavia, quando riprendevano a respirare normalmente, si rilassavano e sia la loro vista sia la loro capacità di apprendimento miglioravano notevolmente.

Questo spiega perché lo stato di presenza sia così raro. Quando i nostri occhi fisici (che raccolgono l’80-90 per cento delle nostre esperienze di vita) non sono in linea con il nostro “occhio mentale”, è impossibile vivere in stato di presenza o di unità.

Se siete persone di mezza età o più anziani e vi siete abituati a usare gli occhiali da lettura, probabilmente saprete che effetto faccia cercare di leggere senza occhiali in farmacia i minuscoli caratteri stampati sull’etichetta di un flacone di integratori.

Più vi sforzate di leggere, più i vostri occhi si stancano; e voi continuate a non mettere a fuoco la scritta sull’etichetta. Per vedere il testo più chiaramente dovete smettere di sforzare la vista e allentare la messa a fuoco, permettendo ai vostri occhi e alla vostra mente di allinearsi. Non si può forzare quel processo, però si può imparare a lasciare che si realizzi spontaneamente, grazie a un semplice esercizio per la vista che dura un minuto e che rivelerò più avanti nel corso del libro.

Servendovi di una semplice cordicella e di alcune perline, voi potete vedere un punto e sperimentare direttamente l’allineamento fra i vostri occhi e la vostra mente, non tanto forzando il processo quanto piuttosto lasciando che avvenga da solo. Poiché la consapevolezza è curativa, una volta che l’avrete provata non tornerete più al vostro vecchio modo di vedere o di essere.

Siete allergici alla vita?

Un altro motivo per cui la presenza spesso ci elude è dovuto alla nostra sofferenza emotiva, o a quelle che io chiamo le nostre allergie verso la vita. Lo stato di presenza è difficile da attuare se avete imparato a contrastarlo o se cercate di sfuggire a ciò che la vita vi presenta o scatena in voi.

La presenza non consiste nel fare una selezione e una scelta delle vostre esperienze: Sì, io sarò presente rispetto a questo; No, io non sarò presente rispetto a quello. L’intelligenza della vita ci indirizza costantemente verso la presenza. Quest’ultima rappresenta per noi un’opportunità per capire che la vita ci guida in ogni singolo momento, permettendoci di respirare facilmente.

Tuttavia i traumi infantili, uniti alle nostre tendenze emotive, ci fanno inconsapevolmente recedere da particolari persone e situazioni. Di solito non siamo consapevoli del motivo per cui ciò accade. Sappiamo solo di essere davanti a persone ed esperienze che ci fanno sentire impauriti, a disagio o sopraffatti.

È proprio allora che avviene il magico incontro fra la scienza della luce e la vita, perché tendiamo a rispondere ai colori allo stesso modo in cui rispondiamo alla vita stessa.

Nel corso della mia professione ho scoperto che i miei pazienti erano allergici ai colori che, sul piano vibrazionale, corrispondevano alle esperienze di vita che non riuscivano a elaborare; quindi la vista di quei colori provocava in loro reazioni che esercitavano un impatto sia fisico sia emotivo e che saturavano la loro mente e bloccavano la loro connessione con la presenza.

Dopo aver fatto ricorso alla “omeopatia del colore”, di cui darò una spiegazione e una dimostrazione nel corso del libro, e dopo essere riusciti ad accettare i colori che prima avevano suscitato in loro delle reazioni, erano finalmente in grado di portare un maggior senso di presenza nelle esperienze di vita che prima li avevano infastiditi.

Cosa cattura il vostro sguardo?

Ho imparato moltissimo osservando i miei figli da piccoli. Come la maggior parte dei bambini, spesso si divertivano con i giocattoli, lasciandoli in giro una volta finito di giocare. Chiedevo loro ripetutamente di riporli, cosa che sembrava funzionare solo grazie alla mia insistenza. Poi avvertii una forte sensazione: se lo vedo, è una mia responsabilità.

Cominciai a chiedermi cosa sarebbe successo se avessi cominciato a rispondere a tutto ciò che catturava il mio sguardo. Così diedi inizio a una pratica quotidiana così concepita: tutto ciò che cadeva sotto la mia consapevolezza diventava una mia responsabilità, tutto ciò di cui ero responsabile implicava che me ne sarei occupato, e tutto ciò di cui mi sarei occupato l’avrei portato a termine. Osservai quella pratica per una settimana, senza lasciarmi sfuggire niente; arrivati a domenica, mi ritrovai a raccattare i mozziconi di sigaretta per strada.

Trascorsa quella settimana, mi sentii una persona più appagata. Mi rendevo conto di quanto tempo avevo sprecato a preoccuparmi delle mie circostanze, nella speranza che cambiassero; ma ogni volta che cercavo di programmare la mia prossima azione, non c’era mai chiarezza. Durante quell’esperimento, tuttavia, la chiarezza emerse autonomamente, poiché qualunque cosa reclamasse la mia attenzione diventava la mossa logica successiva da fare.

Quella pratica della presenza, una sorta di meditazione in movimento, mi convinse di non avere più bisogno di organizzare le priorità della mia agenda, perché la vita l’aveva già fatto, attirando la mia consapevolezza verso qualsiasi cosa richiedesse la sua attenzione. Inoltre la mia presenza, e quindi la mia visione, si perfezionò, poiché avevo smesso di ignorare ciò che vedevo.

Avevo la sensazione che ignorare ciò che vediamo potrebbe essere davvero la causa principale di molta perdita della vista che incontravo fra i miei pazienti. In questo libro sarete incoraggiati a fare un esercizio per “vedere” da soli come qualcosa di tanto semplice vi possa cambiare la vita. In un attimo, avvertirete un rinnovato senso di spaziosità e di scioltezza.

Ora so che la vita ci serve continuamente il nostro curriculum, e che rispondendo con spontaneità, momento per momento, a ciò che ci chiama, non solo vivremo un sorprendente stato di grazia e presenza, ma svilupperemo anche un reale senso di rispetto verso noi stessi, sapendo che affronteremo a viso aperto qualunque cosa la vita vorrà metterci davanti.

Vivendo senza scelte si beneficia della guida della bussola dell’universo, sentendo meno stress e più gioia, ispirazione, amore e gratitudine.


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