Morte dei nostri amici animali: c'è un'alternativa all'eutanasia
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2 anni fa
Si chiama accompagnamento empatico alla fine della vita: un percorso alternativo all'eutanasia che dà spazio e valore alla preziosa storia d'amore che ognuno ha con i propri animali
La nostra società ha proposto, ormai da molti decenni, un unico modello per concludere la storia d’amore con i nostri animali e cioè quello di praticare l’eutanasia.
Da 25 anni, in qualità di medico veterinario, ho scelto invece di accompagnare gli animali verso una morte naturale, in un ambiente casalingo che rispetti sia i loro ritmi che la dimensione affettiva e intima che è stato il fondamento della nostra reciproca relazione con loro. Il percorso che conduce alla morte naturale, che è caratterizzato dall’uso di farmaci palliativi che leniscono l’eventuale dolore, si chiama accompagnamento empatico alla fine della vita.
Siamo abituati a scegliere per lui
Esiste di fatto un abisso che separa l’eutanasia dall’accompagnamento empatico perché nel primo caso siamo noi che decidiamo quando la loro vita deve finire, nel secondo caso invece è la vita stessa che, seguendo i suoi ritmi naturali, si esaurisce da sola. Una differenza che non è per nulla sottile, perché la posizione che prendiamo all’interno di questo evento è diametralmente opposta se siamo noi che decidiamo quando debba morire o se decide lui quando è il suo tempo per andarsene. Se ci si ferma un attimo a riflettere sui ruoli che hanno da sempre caratterizzato la relazione con il nostro animale, ci si rende subito conto che “interpretare” il ruolo di colui che sceglie per l’animale, è una posizione interiore estremamente abituale: siamo abituati a scegliere per lui.
Scegliamo cosa dargli da mangiare e scegliamo quando dargli da mangiare. Scegliamo per lui le ore in cui si va a passeggiare, scegliamo i luoghi dove poterlo lasciare libero e scegliamo quando mettergli il guinzaglio. Scegliamo che tipo di interventi chirurgici praticargli, che tipo di terapia, quali antiparassitari o integratori e che tipo di ambiente gli possiamo offrire per fargli trascorrere al meglio la sua esistenza. All’origine della relazione c’è sempre un atto, un’azione, nei suoi confronti che nasce da una nostra scelta; “interpretare” il ruolo di chi sceglie ci è davvero abituale nel relazionarci con lui.
Questo, ovviamente, è un bene assoluto perché il ruolo di chi sceglie comporta necessariamente lo sviluppo di livelli di responsabilità sempre maggiori nei confronti dell’animale e il senso di responsabilità è direttamente proporzionale al benessere dell’animale: più siamo responsabili riguardo alla sua vita e più il nostro animale incentiverà il suo livello di ben-essere.
Vivere la morte fino in fondo
Dobbiamo però sapere che nell’evento dell’accompagnamento empatico ci imbattiamo in un’esperienza diametralmente opposta perché l’accompagnamento empatico è il percorso che ci guida verso l’esperienza che, per sua natura, è l’opposto della vita e cioè la morte.
Esso rappresenta quell’ultimo pezzo di strada che facciamo insieme, quello sicuramente più difficile, più intenso, più emozionalmente coinvolgente, più devastante e allo stesso tempo, se fatto con consapevolezza e presenza, il più foriero di cambiamento e di trasformazione. Paradossalmente l’esperienza della sua morte, se vissuta fino in fondo nell’accompagnamento, può rappresentare davvero un momento di svolta nella vita di ognuno di noi. La prima trasformazione, piccola o grande che sia, sta sicuramente proprio nel fatto che in questo frangente, poiché si va incontro all’esperienza che è opposta alla vita, ci viene chiesto di sperimentare il ruolo opposto di quello abbiamo sperimentato fino a quel momento.
L’animale accetta la morte
In un realistico atteggiamento di accettazione di quello che gli sta capitando, passo dopo passo, avendo abbandonato progressivamente il “controllore” che è in noi e permettendo all’animale di entrare nel suo ultimo periodo di vita in maniera fluida e progressiva, ecco che ci accorgeremo che per l’animale, la morte, è davvero qualcosa di naturale; un evento che accetta profondamente a partire proprio dalla sensazione che le forze fisiche stanno progressivamente diminuendo.
Entrare nella dimensione della morte intesa come trasformazione naturale della coscienza ci permette di fare la scoperta che nell’accompagnamento empatico non siamo noi che decidiamo; e non è neppure lui.
Chi “decide” è la coscienza della relazione tra me e lui la quale muove, con amore infinito, la conclusione della nostra relazione secondo i tempi e le modalità che hanno senso all’interno della biografia di ognuno.