Meglio l’olio di cocco o l’olio extra vergine di oliva?
Pubblicato
5 anni fa
Rachele Giorgetti
Esperta di cucina naturale, macrobiotica e alimentazione in campo sportivo
Come inserire e in che quantità l'olio di cocco e l'olio EVO in una alimentazione sana ed equilibrata
Negli ultimi anni l’olio di cocco sta spopolando sulle tavole degli italiani, quasi a soppiantare sua maestà, il nostro olio extra vergine di oliva italiano.
In questo articolo metteremo queste due fonti lipidiche a confronto rispondendo a queste due domande:
- Qual è la loro composizione organolettica?
- Come inserirli e in che quantità, all’interno di una alimentazione sana ed equilibrata?
L’olio di cocco
È la sostanza grassa ricavata dai semi della pianta definita Cocos nucifera, diffusa in particolare negli ambienti tropicali. In commercio lo puoi trovare in due versioni:
- RBD: olio di cocco raffinato, deodorato e sbiancato, del tutto privo di sapore e odore, ottenuto tramite pressatura idraulica della polpa di cocco essiccata, la quale viene successivamente raffinata per rimuovere gli acidi grassi liberi e ridurre la tendenza all’irrancidimento.
- VCO, vergine o “spremuto a freddo”, prodotto da latte di cocco fresco o dalla polpa fresca grattugiata ed essiccata, mediante spremitura meccanica in condizioni di temperatura controllata non superiore a 42°.
La composizione organolettica dell’olio di cocco
È costituito interamente da trigliceridi e contiene, per 100 g di prodotto, il 92% di grassi saturi, a cui seguono i grassi monoinsaturi (6 g circa) e quelli polinsaturi (1,8 g). Non contiene colesterolo e presenta discrete quantità di micronutrienti, come la vitamina K, la colina, mentre scarso è l’apporto di vitamine E e di minerali (tracce di potassio, sodio e ferro).
Secondo le evidenze scientifiche non esistono, ad oggi, prove sufficienti che certificano i benefici di quest’olio nei casi in cui è solitamente consigliato: diabete, malattie cardiache, affaticamento cronico, morbo di Crohn, sindrome dell'intestino irritabile, diarrea, Alzheimer, obesità, problemi alla tiroide e potenziamento del sistema immunitario. Tuttavia, altri studi suggeriscono che eventuali benefici potrebbero dipendere dal tipo di trigliceridi di cui è ricco l'olio di cocco - quelli a catena media - non assimilabili dal nostro organismo.
Al là di questa apparente confusione esiste una grande verità: secondo la Società di Nutrizione Umana Italiana (SINU) il consumo di grassi saturi dovrebbe essere limitato al 10% massimo dell'apporto calorico quotidiano (per evitare l’aumento del colesterolo "cattivo" esponendo la salute cardiovascolare a seri rischi). Da qui l’importanza di limitare l’olio di cocco e di utilizzarlo con parsimonia.
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L’olio extra vergine di oliva
È il colosso della tradizione mediterranea italiana, l’unica fonte lipidica a essere prodotta attraverso spremitura delle olive, senza l’aiuto di solventi chimici o altri interventi industriali.
La sua struttura organolettica è del tutto rivoluzionata: si tratta di una fonte indiscutibile di acidi grassi i insaturi, presenti dal 75,5 al 90,5%. Segue l’acido grassi monoinsaturo (oleico), in una percentuale dal 56 all'83%, l’acido linoleico (polinsaturo) mentre gli acidi grassi saturi (palmitico e stearico) sono relegati alle ultimissime posizioni.
Grazie a questa composizione, a netta prevalenza di grassi monoinsaturi, possiamo ragionevolmente considerarlo un condimento molto più equilibrato sotto il profilo lipidico rispetto al precedente olio di cocco.
L'importanza dei polifenoli e della vitamina E nell'olio EVO
Da non dimenticare in seconda analisi che a distinguere l'olio extravergine dagli altri oli è anche il contenuto di polifenoli, antiossidanti fondamentali per la salute dell’essere umano e della stessa oliva.
Il motivo di questa duplice utilità è da ricercare nella situazione di svantaggio in cui nascono i grassi dell’oliva rispetto a quelli dei semi (nocciola, mandorla, girasole, soia ecc): la natura normalmente concentra i grassi dentro al seme, mentre nel caso dell’oliva nella polpa, la parte esterna al seme, una condizione davvero scomoda a causa della presenza di acqua e di enzimi alterabili sin dal momento della raccolta.
In questo contesto, sono proprio i polifenoli a proteggere i grassi contenuti nella polpa dell’oliva: è possibile riconoscere facilmente la presenza di polifenoli attraverso il sentore leggermente amaro e piccante dell’olio extra vergine.
Un ultimo appunto va riservato alla generosa quantità di E di questo prezioso olio, capace anch’essa di contrastare l’ossidazione dei grassi se (e solo se) presente in un rapporto equilibrato con l’acido linoleico, ovvero in una misura superiore a 0.79.
Mentre nella maggior parte degli oli (olio di cocco compreso, quasi del tutto privo di questa vitamina), tale rapporto varia tra 0,30 e 0,50 g, nell’olio extravergine di oliva la sua concentrazione si aggira intorno 1,87 g. Insomma, la vitamina E presente nell’olio extravergine di oliva non solo è sufficiente a proteggere il grasso dalla formazione di radicali liberi, ma è addirittura “biodisponibile” per svolgere la sua preziosa attività!
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Conclusioni pratiche: è necessario rinunciare all’olio di cocco?
La risposta è no. Se da una parte la scienza sconsiglia l'olio di cocco come fonte di grassi a uso quotidiano e non lo considera un'alternativa sostituibile all’olio EVO, è possibile optare per un suo uso occasionale, da limitare alle preparazione di piatti più esotici, per ungere le padelle, o in piccole quantità, senza eccedere il 10% dell'introito calorico giornaliero (paramenti che si riferiscono a un individuo adulto in stato di salute e normopeso). Via libera, invece, al suo uso in cosmesi.
Quanto all'olio extra vergine, è raccomandato un utilizzo quotidiano pari a 30 g al giorno, equivalenti a 3 cucchiai.