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La Scienza della Performance

Pubblicato 6 anni fa

Leggi il prologo di "Oltre Sè Stessi" libro di Giorgio Nardone

Solo chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano si può andare.
Thomas Stearns Eliot

Il desiderio dell'uomo di spingersi oltre i propri limiti non è certo un fenomeno moderno, bensì un movente antico fondamentale del progresso e dell'evoluzione, che ci ha portato dalle caverne alle navicelle spaziali.

Sin dalla più remota antichità, tuttavia, lo stimolo a confrontarsi con l'ignoto e a superare le proprie limitazioni ha esercitato fascino quanto timore. Si pensi alla vicenda di Icaro e alla sua tragica fine, proprio a causa del desiderio di varcare i confini umani.

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Per millenni solo pochi eletti o prescelti hanno potuto coltivare il desiderio di avventura, l'evoluzione di sé, il confronto con ostacoli apparentemente insormontabili.

Oggi, nella cosiddetta «società liquida» (Bauman, 2000) della comunicazione di massa, le cose sembrano ben diverse: si pensa che qualunque obiettivo sia facile da realizzare e non richieda, oltre al talento naturale, fatica, lacrime e sangue come in passato.

Ma questa è solo un'illusione. Per quanto oggi i progressi della scienza e della tecnologia promettano di realizzare ciò che prima sembrava fantascienza, nel caso dell'evoluzione di sé e del tentativo di spingersi oltre i propri limiti le cose non sono molto cambiate.

Anche se l'asticella delle prestazioni personali si è alzata, ciò che permette al singolo individuo di andare oltre sé stesso rimane ancora un percorso in cui il talento si sposa con l'esercizio e la dedizione, a loro volta sostenuti dal sacrificio, da una forte motivazione e dall'accettazione del rischio del fallimento.

Lo scienziato, l'artista, l'atleta, il manager di successo che vogliano superare i propri limiti devono sempre fare i conti con sé stessi.

Spesso, però, i conti non tornano e, come sosteneva Catone, «quello che ti manca devi chiederlo in prestito a te stesso». Infatti, durante la prestazione personale sei solo, la lotta per andare oltre il limite è tua e di nessun altro.

Significa che, per quanti ausili straordinari possiamo avere oggi, quando ci applichiamo in vista di un certo risultato, nel momento in cui giungiamo al limite e intendiamo superarlo possiamo e dobbiamo fare ricorso alle nostre capacità di tirare fuori da noi stessi ulteriori risorse rispetto a quelle già messe in campo. Questo rende l'uomo moderno simile a quello antico.

Dunque parlare di scienza della performance ci riconduce allo studio delle pratiche antiche e moderne, per ottenere prestazioni straordinarie.

In che modo i grandi inventori sono stati in grado di andare oltre i limiti della loro immaginazione? Attraverso quali esercizi i monaci shaolin sviluppano capacità sovrumane nel combattimento? Mediante quali condizionamenti mentali i maestri tibetani imparano a resistere al gelo? In quale maniera gli yogin riescono a rimanere vivi in condizioni proibitive? In che modo il grande scienziato elabora una teoria in grado di superare quelle precedenti?

Questi sono alcuni esempi di esperienze dell'andare oltre sé stessi a cui faremo riferimento per esplorare i metodi elaborati dall'uomo nella storia e nelle diverse tradizioni culturali, e per elaborare modelli avanzati di scienza della performance.

Cos'hanno in comune le persone che hanno travalicato, ognuna nel proprio campo, i limiti dell'umano? Cosa accomuna Edison e Alessandro Magno, Leonardo da Vinci e Mozart, Albert Einstein e Charlie Chaplin, Picasso e Alexander Fleming, Marco Aurelio e Agostino d'Ippona, Pascal e Archimede, Alessia Zecchini e Bill Gates, Michael Phelps e Steve Jobs?

Tutti loro appartengono a una categoria di persone che José Ortega y Gasset ha definito «cercatori», ovvero soggetti condannati dalla loro natura ed esperienza a cercare oltre i limiti del noto e del funzionale. Così il filosofo spagnolo parla di loro: «Cerca, cercatore il tuo destino è cercare».

Plutarco, grande biografo e autore dei primi «best seller» della storia, nelle Vite parallele mise in risalto caratteristiche e prerogative dei grandi uomini confrontandone la vita e le gesta.

Ciò che emerge è che le capacità straordinarie molto spesso si associano a personalità fortemente squilibrate: in quest'ottica, genio e sregolatezza, coraggio e crudeltà, arte e follia, sono la regola e non l'eccezione.

Friedrich Nietzsche ha trattato la filosofia dell'andare oltre proponendo un'interpretazione dionisiaca della vita nel senso del superamento dei vincoli imposti dalla scienza e dalla morale quando questi si irrigidiscono in sistemi di regole prescrittive. Tuttavia, questo va ribadito, se è vero che il genio, come dice il grande psicologo William James, «è colui che riesce a percepire le cose da prospettive non ordinarie», non significa che debba essere per forza mentalmente squilibrato.

L'atleta estremo che nella sua prestazione supera il limite umano - pensiamo per esempio a Angelo D'Arrigo, Mike Horn o Alessia Zecchini - non è affatto un malato di dipendenza da adrenalina, bensì una sorta di scienziato-performer che unisce conoscenze elevate a un addestramento di altissimo livello.

È un punto che va sottolineato con forza: una moderna scienza della performance deve basarsi anche su un'etica della prestazione, per esempio rifiutando il ricorso a sostanze o a pratiche nocive per la salute fisica e mentale dell'atleta.

Così alla visione «romantica e decadente» del genio come soggetto squilibrato o sofferente si sostituisce una prospettiva che considera il grande performer una persona sana ed equilibrata che, in virtù di un talento coltivato attraverso l'esercizio reiterato e una conoscenza elevata, si spinge oltre i limiti fissati in precedenza nel proprio campo.

Del resto, le biografie dei grandi performer della storia mostrano che alcuni erano senza dubbio folli o tormentati, ma altri erano persone straordinariamente resilienti ed equilibrate: questi ultimi sono i modelli da imitare.

Un buon «maestro» si riconosce, oltre che dalla sua opera, anche dalla vita personale, che sarà in armonia con la qualità delle sue prestazioni. Se il livello della performance e la vita personale non sono in equilibrio, si va incontro a un'inesorabile caduta, sul piano sia privato che professionale.

Purtroppo, oggi esercita ancora un grande fascino l'immagine del «maledetto» e del «genio ribelle». Il mito del gifted, cioè di colui che si affida solo al suo talento, è amato e ricercato per la sua carica romantica ed eroica.

Questo testo non intende essere una raccolta di ricette magiche, ma una sorta di guida e mappa «alla ricerca del tesoro» che ognuno ha dentro di sé.

Verrà esposto un metodo rigoroso, frutto di studio, ricerca applicata e di un'esperienza trentennale nel settore della performance: si tratta di un percorso che implica fatica e frustrazioni, in cui è necessario saper resistere senza mollare, ma che, se seguito con cura, riserverà grandi soddisfazioni personali e professionali.

Non bisogna mai dimenticare due regole auree: «Niente viene con niente» ed «È sconfitto solo chi si arrende».


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Recensioni dei clienti

Luca M.

Recensione del 10/04/2019

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 10/04/2019

Ho letto il libro tutto di un fiato.... non sono uno psicologo ma uno sportivo ed ho interpretato, quindi, ricordando il mio percorso olimpico ..... quello che mi ha portato sul podio di Barcellona '92. Vincere una medaglia importante o raggiungere un qualunque altro grande obiettivo richiede davvero una scienza .... che è fatta di sacrifici, resilienza, tecnica e cuore ... ma anche di consapevolezza, profonda autostima e coscienza delle scelte. Ecco, in questo libro ho trovato davvero una miscela esplosiva di tutto questo. Gli autori in poche e chiare lucide parole hanno raffigurato dei percorsi che io ho conosciuto solo attraverso anni di pratica. Mi sarebbero stati, forse, ancor più utili allora quando cercavo disperatamente un podio mondiale per la qualificazione olimpica...... quindi ....aver la possibilità di leggere, meditare e capire quanto mente e corpo possano essere in sintonia se incastrati consapevolmente l'uno nell'altro da sicuramente una marcia in più al performer. Consiglio a tutti !!

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