La luce di quella stella è solo un'illusione
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4 anni fa
L'unico potere che ha è quello che vuoi concedere tu
Marù era giunta a Oaxaca in piena maturità, dopo un lungo periplo che da Città del Messico l'aveva condotta per vie, campi e sentieri, attraverso un'intera adolescenza e mille patimenti.
Il figlio Santiago, che la madre aveva messo al mondo in una stanzetta fatiscente con l'aiuto di una cuoca corpulenta e battezzato con quel nome in ricordo del luogo in cui la sua vita aveva preso una svolta decisiva, l'aveva abbandonata all'età di tredici anni - ancora tredici, una cifra decisiva, a quanto pareva, nell'esistenza di Marù. Il ragazzo aveva scelto una vita non buona e perso ogni contatto con la madre, che non sapeva neppure dove vivesse.
Nei ricordi della donna, il figlio era sempre stato una cattiva persona, ma non lo biasimava. Dopotutto, cosa avrebbe potuto insegnargli lei, una ragazzina sola al mondo?
Un mattino, l'anziana Marù era intenta a preparare alfajores sulla soglia della baracca costruita anni addietro con le sue stesse mani. Da quando era arrivata a Oaxaca, si era guadagnata da vivere vendendo quei dolci porta a porta, dapprima percorrendo grandi distanze a piedi, poi in sella alla sua bicicletta. Aveva appreso la ricetta dalle monache dell'orfanotrofio, aiutandole a prepararli.
A un tratto vide apparire un'auto in lontananza. Questa giunse davanti alla casa e si fermò, sollevando uno spesso polverone. Marù interruppe il lavoro e si portò la mano destra alla fronte, a mo' di visiera.
Dall'auto, con grande travaglio, scese una donna anziana. Era una vecchia amica di Marù. La sua unica amica. La stessa donna che, anni prima, decisa a tentare la sorte trasferendosi con la famiglia a Città del Messico, le aveva regalato la bicicletta.
«Julia!» esclamò Marù traboccante di gioia, al vederla.
«Ciao, Marù», la salutò l'amica.
Alla guida dell'auto c'era il figlio, che Marù riconobbe a dispetto dei tanti anni trascorsi. «Guillermo...», disse quasi fra sé e sé. «Com'è cresciuto!»
«Lo credo bene, Marù. È passato un sacco di tempo. Guarda noi, quanto siamo invecchiate!»
Le due donne scoppiarono a ridere, poi si abbracciarono.
Guillermo scese dall'auto e diede un bacio alla cilena. «Come sta, Marù? Quanto tempo!» «Sei diventato un uomo fatto e finito.» Un uomo adulto, un padre di famiglia, che aveva comunque deciso di accompagnare la madre in un ultimo lungo viaggio.
«Non eravamo sicuri che vivessi ancora qui» disse la donna. «Ma di una cosa eravamo sicuri, ed era che non avresti mai fatto installare uno di quei telefoni moderni.»
«Si vede che mi conosci bene.» Le due anziane donne si sorrisero di nuovo.
«Mi sa che vi lascerò per conto vostro, così potrete recuperare un po' del tempo perduto» suggerì Guillermo con grande dolcezza. «Io intanto mi farò un giretto fra i ricordi.»
La madre fece un cenno di assenso. Marù la prese sottobraccio e la condusse fino a una specie di panca di legno, la sua panca, che aveva inchiodato lei stessa al muro esterno della baracca.
«Sono molto contenta di vederti. Cosa ti porta fin qui? Dev'essere qualcosa di importante. È un lungo viaggio quello che avete fatto.»
L'amica osservò l'auto allontanarsi lungo la strada sterrata. Nei suoi occhi si percepiva una vaga tristezza.
«Sempre lo stesso Sole, non è vero?» Marù annuì in silenzio. «Amica mia, c'è una cosa che devo dirti. E sì, è importante. Per questo ho fatto tanta strada.»
Marù sentì una fitta al cuore. Ebbe l'impressione di sapere cosa stava per ascoltare, esattamente come aveva intuito cosa sarebbe successo quando don Humberto era entrato in camera sua, settantasei anni prima.
«Abbiamo vissuto a sufficienza, amica mia. Non c'è più nulla che possa spaventarci.»
«Non è questo, Marù. Io sto bene. Sono vecchia, ma sto bene. Non devi preoccuparti per me.» Marù già lo sapeva e, in realtà, non alludeva all'amica, ma a se stessa. «È di tuo figlio Santiago che volevo parlarti. Qualche giorno fa ho saputo che alla fine si era stabilito a Città del Messico e... che è morto.»
Marù chiuse le palpebre lentamente, senza la forza per serrarle, e così rimase, per qualche istante. Il Sole batteva con grande forza. Julia la prese per l'avambraccio e strinse dolcemente.
«Com'è successo?» domandò alla fine Marù.
L'amica, prima di rispondere, trasse un lungo sospiro. Aveva temuto quella domanda per l'intero tragitto, incapace di decidere se avrebbe risposto con sincerità oppure no. Ma non voleva mentire a una vecchia amica.
«L'hanno trovato in casa. Era morto da quattro giorni. Marù... È stato il figlio a uscire in cerca di aiuto, perché il papà era muto e immobile da troppo tempo, e cominciava ad avere un cattivo odore.»
«Aveva un figlio?» domandò Marù con voce rotta.
«Sì, Marù, così pare... Hai un nipote.»
«E dove si trova?»
L'anziana Julia trasse un altro, profondo sospiro. «Non lo so. Mi hanno detto che, da quel giorno, sono passati molti anni. Quindici, all'incirca.»
Forse era stato anche per quella ragione che Marù non aveva più saputo nulla di Santiago per tanto tempo. La stessa ragione per cui, poi, aveva cominciato a lavorare come volontaria all'orfanotrofio. Non tanto nella speranza di ritrovare il nipote, di cui non poteva conoscere né il nome né l'aspetto, ma per onorarne la memoria ed espiare gli errori commessi dal figlio scomparso.
Quasi che aiutando gli orfani, come lo erano stati a loro volta lei e il figlio di suo figlio, lo potesse aiutare direttamente, e potesse dire a entrambi, pur senza conoscerne uno, che non aveva mai smesso di voler loro bene. Che non passava un solo giorno senza che lei non pensasse all'uno e all'altro, e senza perdonarne uno, Santiago, e senza voler bene a entrambi, figlio e nipote.
Così, da allora, aveva trascorso giorno dopo giorno, sognando di poter offrire, prima o poi, un alfajor al nipote.
Ma non poteva sapere che quel mattino, mentre come ogni giorno si approntava ad affrontare in sella alla bici malconcia i dieci chilometri che la separavano dall'orfanotrofio, qualcosa stava per deviare in una nuova direzione il corso degli eventi.
Erano trascorsi quasi due mesi da quando Julia era tornata a Città del Messico con il figlio Guillermo e il resto della famiglia. Si erano accomiatate fra abbracci, lacrime e risate, ben sapendo che non si sarebbero mai più riviste. Per entrambe il ciclo della vita era vicino al termine, ma restava la meraviglia di aver condiviso momenti stupendi su questa Terra. Perché rovinarli, angustiandosi?
***
Quando la vegliarda giunse all'orfanotrofio, la signora Arriaga, la direttrice del centro, la sua nuova amica, le andò incontro in preda a un'evidente agitazione. Conosceva la storia di Marù, del figlio e del nipote.
«Marù, devo dirle una cosa! È urgente!»
L'anziana donna non sembrò reagire con la stessa concitazione della direttrice. «Ah, signora Arriaga», esclamò con fare scherzoso e sottilmente teatrale, «sono lontani i giorni in cui potevo correre!»
«Su, su, venga in ufficio con me. Ho ottime notizie.»
Tranne per pochi, fugaci turbamenti come quello provocatole alcune settimane prima dalla visita dell'amica Julia e da quello che le aveva detto, le buone notizie, oppure le cattive, smuovevano appena l'animo di Marù. Nella sua testa le distinzioni di questo tipo erano svanite, anche se talvolta qualche lacrima ancora la versava.
«Ebbene, di che si tratta? Certo che le piace creare suspense...»
Quando parlava, Marù emetteva le sillabe finali dell'ultima parola al rallentatore, come a lasciare ogni frase in sospeso...
La signora Arriaga la invitò a sedersi.
«Hanno chiuso l'orfanotrofio di Santa Lucia del Camino. Lo sapeva?»
«No, signora.» Marù aveva l'abitudine di trattare tutti con rispetto, anche le persone molto più giovani di lei.
«Stanno ricollocando i bambini in altri centri. Anche noi ne accoglieremo alcuni. E il caso ha voluto che ci consegnassero anche parte dei vecchi archivi. Per curiosità li ho consultati, ed eccola lì, in mezzo agli altri documenti: la scheda di Elmer.» L'anziana donna guardò l'amica senza capire. «Elmer, signora Marù, suo nipote.»
«Elmer» sussurrò.
Mani si risollevò le calze lentamente, mentre la signora Arriaga la scrutava per calibrare le proprie mosse.
«Ha cambiato un paio di centri prima di essere mandato al Santa Lucia.» Trasse un profondo respiro. «E fra i documenti che ho esaminato, ho scoperto un allegato in cui si spiegava che il bambino era stato trovato mentre vagabondava in strada. Ed era indicato l'indirizzo del nucleo famigliare, a Città del Messico. Ho sentito un tuffo al cuore, ho cercato il telefono corrispondente, e ho chiamato.»
«Chi ha risposto?» domandò Mani con voce tremante.
«Una signora. Non aveva idea di chi fossero Santiago o il bambino, ma mi ha fornito i contatti del proprietario dell'immobile da cui affittavano la casa. Gli ho telefonato. Sulle prime sosteneva di non ricordare nulla. E come biasimarlo? Erano passati tanti anni.»
«A nessuno piace ricordare i morti», commentò Marù, «e meno che mai i morti altrui.»
«Ho insistito un po'. Gli ho detto che la polizia aveva intenzione di riaprire le indagini su un caso in cui era coinvolto Santiago, e che volevano assolutamente sapere se aveva affittato quell'appartamento. Ancora non so come se la sia bevuta. 'Ah sì', mi ha detto, 'ora ricordo. Sono passati un mucchio di anni e sto perdendo un po' la memoria, temo. Santiago, ma certo! Che brutto odore ha lasciato in casa dopo che se lo sono portati via! È passato tanto tempo, mi ero dimenticato.' Questo è quanto mi ha riferito. Era abbastanza evidente che non volesse problemi con le autorità, o che andassero a mettere il naso nei suoi affari.»
Un istante dopo aver riferito la vicenda, la signora Arriaga si rese conto che forse non avrebbe dovuto farlo. Ricordare all'anziana la maniera in cui era morto il figlio poteva non farle piacere.
Marù rimase in silenzio. Quella morte orribile era stato il dettaglio grazie al quale la signora Arriaga aveva localizzato Elmer, suo nipote. Senza di esso, non sarebbe mai riuscita a venire a conoscenza del ragazzo. Persino nella disgrazia era possibile trovare un raggio di speranza.
«E così è riuscita a rintracciarlo?» domandò.
«No, non ancora. Però, so da dove iniziare le ricerche. Il bambino era senza nome, perciò gli hanno dato quello di Expósito. Ed è così che compare nella documentazione.»
L'anziana donna la fissava attenta, con le lacrime agli occhi. Era evidente che Santiago non aveva mai registrato il figlio all'anagrafe, quindi erano stati costretti a dargli il nome che di solito si dà a figli e figlie di genitori ignoti.
«Ho telefonato alla persona responsabile dell'orfanotrofio di Santa Lucia del Camino. Si ricordava del piccolo. Mi ha detto che era scappato a tredici anni.»
Marù rabbrividì. Ancora una volta quel numero fatidico.
«E ora dove si trova?»
«Anche questo, non lo so. Però abbiamo un punto di partenza, non le pare?»
«Lei è una persona davvero gentile», disse Marù con un velo di rassegnazione.
«Marù», insistette la signora Arriaga prendendole le mani fra le sue, «troveremo suo nipote.»
«Grazie», mormorò l'anziana donna, «grazie davvero.»