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La forza dell'abitudine

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto da "Micro Abitudini" di Matthias Hammer e scopri come dare una svolta alla tua vita sostituendo le cattive abitudini con quelle sane

Johan non si capacita del proprio comportamento alimentare. Di sera, o di notte, si ritrova spesso davanti al frigorifero e si abbuffa di yoghurt e fiocchi di latte. Sta molto attento che i familiari non lo vedano e a volte dopo sta male.

Quando si domanda perché non riesca nemmeno a gustarlo, gli vengono in mente alcune scene della sua infanzia.

I suoi genitori avevano pochi soldi e, quando compravano cose buone, Johan doveva sbrigarsi a mangiarle e doveva farlo di nascosto per non restare senza e per non essere sgridato. Un giorno sua madre gli diede un ceffone, dopo averlo sorpreso a svuotare il frigorifero.

Oggi Johan ha cinquantaquattro anni, un buon lavoro e può permettersi di comprare quello che vuole. Ma non ha abbandonato la vecchia abitudine: prende lo yoghurt e lo mangia di nascosto.

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"Perché lo faccio?"

Le abitudini hanno sempre una storia. Da piccolo, Johan avrebbe mangiato yoghurt in quantità, gli piaceva un sacco, ne associava il sapore alla ricchezza e a una bella vita. Lo desiderava più di qualsiasi altra cosa.

Ecco un presupposto fondamentale per la formazione di un'abitudine: vuole un obiettivo, un bisogno da soddisfare.

Anche se non ne siamo più consapevoli, continuiamo a perseguirlo e costruiamo la nostra vita su questo. Compiamo le azioni che ci permettono di appagarlo, a prescindere che in quel modo ci riusciamo o meno.

Le abitudini hanno molto a che fare con i comportamenti appresi in passato. Frank Stàbler, grande sportivo tedesco e 3 volte campione mondiale di lotta, cominciò a praticare la lotta a quattro anni. Sua madre voleva iscriverlo a ginnastica, ma non c'era più posto. Così si dedicò a un altro sport e acquisì rapidamente delle abitudini che lo portarono a migliorare sempre di più.

Anche Johan sviluppò un'abitudine, che però nel suo caso prese una direzione negativa. Dentro di sé si era detto: "quando in casa trovi un cibo prelibato, mangialo subito e di nascosto, prima che finisca".

Questo comportamento non dipende soltanto dalla sua esperienza infantile, ma anche da bisogni arcaici, che probabilmente risalgono ai nostri antenati.

L'uomo delle caverne non sapeva quando avrebbero cacciato un altro animale o quando avrebbero trovato un cespuglio di bacche mature. Perciò doveva fare scorta di calorie in breve tempo.

Ormai avrete intuito che il tema delle abitudini è molto vasto, abbraccia tutti gli ambiti della vita e affonda le proprie radici nella storia dell'umanità.

In realtà, che cosa sono le abitudini?

William James, uno dei padri fondatori della psicologia, ha dedicato alle abitudini - in inglese habits - un intero capitolo del suo libro sui principi di questa scienza.

Egli afferma che le abitudini sono una caratteristica fondamentale delle cose e degli organismi. Sono interazioni fra di loro e reazioni all'ambiente.

Come una serratura funziona meglio se usata spesso, come il letto del fiume si allarga se vi scorre più acqua, come l'abito si adatta al corpo se indossato frequentemente (in passato non esisteva l'elastan), così i comportamenti diventano più "fluidi" se ripetuti molte volte, fino a non accorgercene più.

Le abitudini, in effetti, si ripetono in modo automatico e inconsapevole.

Come ho già detto, il 43 percento delle nostre azioni è da esse determinato, le informazioni non cambiano sostanzialmente le cose. Questo è quanto sostiene Bas Verplanken, professore di psicologia sociale a Bath, in Inghilterra. Verplanken, che studia le abitudini da più di vent'anni, sa che se coincidono con i nostri obiettivi sono utili, talvolta persino fondamentali per la nostra sopravvivenza. Ma se invece differiscono o addirittura ostacolano i nostri obiettivi, ci tolgono tempo ed energia e non di rado ci rovinano la salute.

Le abitudini, come le definisce Bas Verplanken, sono comportamenti che mettiamo in atto regolarmente in un contesto stabile, senza pensarci o rifletterci troppo. Si basano per lo più su decisioni che in passato abbiamo preso consapevolmente.

Quando incontro la mia vicina mi viene spontaneo dirle "ciao!". Per questo non devo prendere decisioni, né effettuare valutazioni. Il suo cane, quando mi vede, mi fa le feste, io lo saluto e gli accarezzo la testa. Anche questa è un'abitudine.

Già in passato le abitudini furono descritte come la tendenza ad agire in un certo modo. Quando vedo il semaforo rosso, schiaccio automaticamente freno e frizione. La mia collega Carla si accende una sigaretta a ogni pausa. Sono due reazioni automatiche.

Il nostro cervello ha creato una via preferenziale veloce per simili comportamenti: le informazioni e gli impulsi scorrono veloci e sicuri, non devono prendere scorciatoie o strade alternative.

Questo principio vale per la maggior parte delle azioni quotidiane più semplici, come lavarsi i denti, per operazioni complesse come le routine lavorative, ma anche per processi mentali come rimuginare e criticarsi.

Se le abitudini sono automatizzate e ben assimilate, saranno indotte più dall'ambiente che dalla nostra volontà: quando è ora di una pausa, la mia collega fuma, quando nel frigorifero c'è dello yoghurt, Johan si abbuffa, quando il semaforo è rosso, premo il freno.

L'ambiente ha in un certo senso assunto il controllo dell'abitudine. Un input è sufficiente per scatenare la stessa reazione.

In questi casi, il vantaggio è che non dobbiamo più pensare a come comportarci. Quando il cellulare vibra, attira in automatico la nostra attenzione e noi sentiamo l'impulso di controllare il nuovo messaggio. Che un'abitudine ci sia utile o dannosa nel lungo termine è un'altra storia. Parleremo anche di questo.

Abitudini e salute

Le abitudini sono le numerose piccole azioni che compiamo ogni giorno: sono i mattoncini della nostra vita e quindi della nostra salute. Influenzano soprattutto il nostro benessere e la nostra vitalità. O viceversa li "compromettono"?

Molte abitudini non ci fanno per niente bene. Probabilmente lo sapete perché lo sperimentate su voi stessi o sugli altri.

L'Istituto Robert Koch ha elencato in una relazione i sette principali fattori di rischio per la salute: fumo, eccesso di alcol, scarso consumo di frutta e verdura, mancanza di movimento, elevati livelli di colesterolo nel sangue e ipertensione. I primi quattro fattori sono abitudini, gli ultimi tre loro conseguenze. Sono considerati importanti elementi di rischio per l'incremento delle cosiddette malattie del benessere: diabete mellito, disturbi cardiovascolari, tumore, patologie respiratorie croniche, stress psichico.

Le abitudini alimentari giocano in questo un ruolo chiave: incidono sulle nostre capacità fisiche, sul nostro benessere e sulla nostra salute.

L'Istituto Robert Koch ha stabilito che sia i bambini, sia gli adulti consumano molta più carne di quanta farebbe bene alla salute e all'ambiente. Inoltre la maggioranza delle persone assume troppi zuccheri e grassi, non resiste alle tentazioni della pubblicità, del supermercato e delle catene di fast-food e rischia l'obesità, con seri effetti sul proprio stato fisico.

Secondo un rapporto del 2019 dell'assicurazione medico-sanitaria tedesca DAK, i congedi per malattia sono principalmente dovuti a patologie dell'apparato locomotore, ovvero del sistema muscolo-scheletrico. Le cause possono essere molteplici: sovraffaticamento, sovrappeso ma anche mancanza di movimento e abitudini posturali scorrette. Il mal di schiena dipende per lo più dal fatto che la gente sta troppo seduta - in ufficio, davanti al televisore o al computer, in auto - e si muove poco. Sono sempre abitudini.

Al secondo posto vi sono le patologie dell'apparato respiratorio e al terzo posto i disturbi psichici, per i quali il numero di giorni di assenza si è triplicato dal 1997. Fra le diagnosi si annoverano depressione, ansia, disturbi dell'adattamento e dipendenza.

Anche questi problemi hanno diverse cause e anch'essi hanno a che fare con azioni reiterate nel tempo. L'ansia è rafforzata da comportamenti di evitamento e le dipendenze si basano su reazioni eccessive e perdita del controllo. Le nostre abitudini prestazionali e lavorative e le richieste eccessive verso noi stessi spesso portano a una pressione enorme e all'esaurimento, con l'aumento del rischio di burnout o depressione.

Non conosco le ragioni che vi hanno spinti a comprare questo libro, ma posso intuirle.

Forse siete stufi di certe routine e vorreste sbarazzarvene. O forse desiderate una vita scandita da abitudini che finora non siete riusciti a instaurare. O forse volete stare bene.

Per essere sani o guarire, per sentirsi in forma e in armonia con il proprio corpo e guardare alla vita con gioia e fiducia, le buone abitudini sono indispensabili.

Come nascono?

Le abitudini sono come i fiumi che solcano un Paese. Più lungo e ampio è l'alveo, più il fiume segnerà il paesaggio e modificherà l'ambiente circostante. Le nostre abitudini funzionano nello stesso modo.

Se osserviamo un volto con un minimo di attenzione, capiremo se una persona, nella propria vita, ha riso, rimuginato o fumato molto. Le abitudini scolpiscono i lineamenti, disegnano il paesaggio del nostro volto.

Nel Talmud si legge: Stai attento ai tuoi pensieri, perché diventeranno le tue parole, Stai attento alle tue parole, perché diventeranno le tue azioni. Stai attento alle tue azioni, perché diventeranno le tue abitudini. Stai attento alle tue abitudini, perché diventeranno il tuo carattere. Stai attento al tuo carattere, perché diventerà il tuo destino.

L'idea è di partire dalle piccole cose - le micro abitudini, le microscopiche, invisibili routine quotidiane - e alla fine di dare forma a tutta la nostra vita.

William Jones, il già citato padre della psicologia, usò all'epoca il concetto di plasticità. Lo fece in riferimento alla caratteristica specifica dei materiali modellabili e del cervello umano, plasmabile dalle azioni e dall'esercizio. Più volte eseguiamo un'azione, più spesso attiviamo gli stessi fasci nervosi, più modifichiamo nel corso del tempo determinati canali e aree del cervello. I neuroscienziati parlano di plasticità neuronale o sinaptica. Il nostro cervello è modellabile come il pongo e si lascia forgiare soprattutto dalle ripetizioni, ovvero dalle routine.

Nel 1949, lo psicologo canadese Donald Hebb formulò una regola che prese il suo nome, secondo la quale: "What fires together, wires together", ovvero quanto più spesso due neuroni, A e B, si eccitano uno con l'altro, tanto più spesso reagiscono seguendo una corsia preferenziale e veloce e creando una conduzione nervosa via via più stabile.

Grazie alla moderna diagnostica per immagini possiamo osservare con estrema precisione come si sviluppano le connessioni neurali. Con la frequente ripetizione di un'azione, i neuroni sono continuamente attivati e i collegamenti diventano più solidi e forti. Funziona come per i collegamenti stradali: le strade poco battute diventano autostrade quando il traffico aumenta e vi circolano molti individui.

Un noto studio compiuto sui tassisti londinesi conferma questa ipotesi. Osservando il cervello dei tassisti, il neuropsicologo Chris Frith notò un'area particolarmente sviluppata: l'ippocampo, responsabile della memorizzazione dei ricordi spaziali. Di fatto, i tassisti devono ricordare molto bene i diversi percorsi possibili in una città enorme e complicata come Londra. Perciò attivano spesso questa regione cerebrale. Lo studio inoltre dimostrò che chi svolgeva da più tempo questo lavoro aveva l'ippocampo più voluminoso.

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