Fermentare le verdure con il Koji: come iniziare
Pubblicato
2 anni fa
Flavio Sacco
Biologo, fermentatore, autore e divulgatore
Grazie alla fermentazione con l’Aspergillus è possibile trasformare anche una rapa in un salume vegetale dall’inaspettato gusto umami, per una cucina veramente sostenibile e accessibile a tutti
La fermentazione lattica delle verdure è una tecnica ormai sdoganata che abbiamo affrontato in molteplici occasioni (anche su Vivi Consapevole, nei numeri 67 e 68) e che sta diventando parte della quotidianità di un numero crescente di persone. Tuttavia, esistono molte altre strade nelle fermentazioni che ci consentono di esplorare orizzonti gustativi nuovi e sorprendenti.
La fermentazione come elevatore sociale e gustativo
La cucina gourmet, stellata, è a tutti gli effetti una cucina esclusiva. Si tratta di un’esperienza che richiede un importante impegno economico e questo rappresenta un ostacolo all’ingresso per la maggior parte delle persone. Questo genere di cucina ha l’obiettivo di farci assaggiare preparazioni molto buone e magari sperimentare sapori mai sentiti prima. Spesso, il rovescio di questo approccio è che si usano materie prime molto costose e ricercate, che sono poi alla base dei prezzi alti. La fermentazione può essere un veicolo per raggiungere le stesse esperienze gustative, ma senza passare dall’uso di materie prime introvabili e tecniche da laboratorio scientifico. La fermentazione è una trasformazione dell’alimento che usa i microrganismi (solitamente già presenti sugli alimenti stessi) e non ha bisogno di strumenti complicati: una verdura fermentata non necessita di altro se non un vasetto.
In questo senso quindi, la fermentazione può essere vista come inclusiva. Ci permette di fare esperienze gourmet utilizzando materie prime povere e senza acquistare improbabili strumenti da cucina/laboratorio.
Il gusto umami e la fermentazione
Umami significa “saporito”, è il nostro quinto gusto insieme a dolce, salato, acido e amaro. Tutto quello che associamo all’umami è per il palato umano il più delle volte delizioso. Il gusto umami è legato alle proteine e in particolare alla loro scomposizione nei singoli aminoacidi e peptidi (insieme di aminoacidi) che le compongono. Troviamo gli alimenti di origine animale particolarmente saporiti e gustosi proprio perché sono in gran parte costituiti da proteine (e grassi, che danno il loro contributo). La cottura e altre tecniche di trasformazione rompono e scompongono le proteine, liberando peptidi e aminoacidi che si legano alle nostre papille gustative e veicolano il sapore.
Quindi, alla base di un alimento molto “umami”, quindi saporito, c’è una buona percentuale di proteine e un processo che le demolisca e trasformi. L’esempio per eccellenza dell’umami per un palato italiano è il parmigiano: una grande quantità di proteine di partenza (il latte) che vengono smantellate durante il processo di produzione e stagionatura.
Koji, legumi e verdure: l’umami vegetale
Esiste un ingrediente molto particolare, il koji, che è un cereale sul quale viene fatta crescere una muffa buona, “nobile”, che si chiama Aspergillus oryzae (e altre simili). Questo fungo, mentre cresce su un cereale (tipicamente il riso) precedentemente cotto al vapore, sviluppa un’enorme quantità di enzimi proteasi e amilasi. Questi enzimi sono in grado di scomporre i carboidrati complessi in zuccheri semplici e le proteine in peptidi e aminoacidi. In pratica sprigionano il sapore dagli alimenti. Sarà sufficiente mettere a contatto il koji con un altro alimento e questo verrà trasformato. Se unite koji e soia, per esempio, ottenete miso e salsa di soia. Questi due ingredienti sono l’emblema del saporito, dell’umami vegetale. La soia agevola molto l’umami perché, come tutti i legumi, è molto proteica.
Allo stesso modo, possiamo giocare con il koji e le verdure e creare delle vere e proprie preparazioni saporite e deliziose, ma a base vegetale.
L’umami vegetale è inclusivo e sostenibile
Non c’è dubbio che stiamo attraversando un periodo storico particolare. Il tema “sostenibilità” è molto spesso inserito, anche a forza, in qualunque argomento. Il binomio alimentazione-sostenibilità è forse uno di quelli più trattati e attuali.
In questo senso, per dare una spinta verso una dieta maggiormente vegetale, senza perdere il piacere del saporito, il koji diventa l’innovazione, proprio grazie alla fermentazione. Inoltre, riesce a essere anche economico poiché rende interessante e gourmet un alimento vegetale “povero”, innalzando l’esperienza gastronomica di chi ha poco potere di acquisto, portandolo al tempo stesso ad interessarsi maggiormente a una dieta vegetale.
Alcuni esempi di verdure trattare con il koji sono marinate nello shio koji (una miscela di koji, acqua e sale) o i “misozuke”, verdure marinate nel miso.
Per i più esperti, si arriva a far crescere l’Aspergillus direttamente sulla verdura, creando una sorta di salume vegetale.
Un domani, una “bresaola” di rapa rossa, potrebbe non essere più una novità e rappresentare una preparazione inclusiva e maggiormente sostenibile, grazie alla fermentazione.