Introduzione di "Mangia, Muoviti, Ama" libro di Giorgio Nardone e Luca Speciani
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10 anni fa
Leggi in anteprima un brano estratto dal libro di Giorgio Nardone e Luca Speciani "Mangia, Muoviti, Ama"
Abbiamo scelto il titolo di questo libro parafrasando quello di un libro e di un film di successo Mangia Prega Ama, perché, come la protagonista va a ricercare l'essenza della vita, noi abbiamo cercato di individuare gli aspetti fondamentali di una vita sana ed equilibrata.
Le nostre professioni ovviamente ci inducono a parlare di quello di cui siamo competenti e dunque escluderemo la parte spirituale e ci occuperemo di evidenziare come il nutrirsi e la relazione con l'alimentazione siano uno di questi aspetti; l'essere attivi, artefici del proprio destino invece che vittime passive rappresenta l'altro aspetto cruciale. Amare, nel senso di vivere con passione e slancio la propria esistenza, infine, completa la triade.
Per evitare confusioni con visioni new age o teorie orientaleggianti sulla «pienezza» del vivere, è bene chiarire una a una le tre esortazioni del titolo del libro.
Mangia
A distanza di 2500 anni dalle parole di Ippocrate, il primo grande medico ufficiale della storia, «che il cibo sia la tua medicina», abbiamo le prove scientifiche di quanto questa sentenza fosse profondamente vera.
Oggi le ricerche mostrano come il nutrirsi, se ben calibrato alle esigenze della persona, possa essere, per alcune patologie, un importante se non fondamentale presidio terapeutico: di questo tratteremo per esteso nei successivi capitoli, mostrando come a differenza dell'uso massiccio di farmaci, il cibo vada a mobilitare principi di autoguarigione o meglio, in termini più rigorosi, di autoregolazione delle funzioni dell'organismo nel suo insieme.
Mangiare non è soltanto un atto meccanico, finalizzato all'effetto nutritivo e chimico, bensì rappresenta un modo fondamentale di comunicare con noi stessi, gli altri e il mondo.
Il cibo col quale mi nutro, sia per i suoi aspetti prettamente chimici, sia per le sensazioni che mi arreca è la forma più arcaica, ma al tempo stesso attuale, di comunicazione con noi stessi. Nei fatti, quando mangiamo qualcosa inviamo dei segnali ai distretti paloencefalici del cervello che sono il direttore d'orchestra del funzionamento del nostro organismo a livello sia psicologico sia fisiologico. Pertanto i cibi che abbiamo la fortuna di poter scegliere di mangiare e il modo in cui mangiamo hanno un'enorme influenza sul nostro equilibrio biopsicologico.
Inoltre la modalità di preparazione dei cibi, l'allestimento dei pasti, la gestione del tempo dell'alimentazione rappresentano un'altra maniera di comunicare con noi stessi e gli altri: un prendersi cura di sé attraverso il modo in cui mangiamo, un prendersi cura degli altri vicini a noi per come predisponiamo e poi consumiamo insieme i cibi preparati. A questo livello l'alimentazione diventa qualcosa di relazionale oltre che di personale.
Infine il piacere della tavola condiviso con persone care ma anche con persone incontrate per la prima volta è un potente mediatore di comunicazione interpersonale. Non è un caso che i pranzi e le cene facciano parte di tutte le ritualità istituzionali e professionali, proprio in virtù del fatto che sedersi insieme a tavola, consumare un buon pasto è già di per sé un incontro.
Il lettore può ben capire quanto l'esortazione «mangia» sia qualcosa che vada ben oltre il semplice nutrimento in senso organico.
Muoviti
La seconda esortazione del titolo non fa riferimento al solo muoversi in senso motorio e sportivo ma abbraccia il concetto del «darsi da fare», nel senso di essere attivi nel raggiungere i propri scopi, migliorare costantemente se stessi e il mondo che ci circonda.
Qualunque filosofia si adotti, si deve considerare che ognuno di noi costruisce quello che poi subisce (Watzlawick, Nardone, 1997; Nardone, 1998; Nardone, Salvini, 2004; Nardone, 2013): anche il non agire è un atto di responsabilità che ci si ritorce contro comunque, pertanto come ci indica il premio Nobel Ortega Y Gas-set: «Si è comunque condannati alla libertà di scegliere».
Dal nostro punto di vista la posizione esistenziale non può che essere quella di assumersi la responsabilità del nostro agire costruttivamente invece che adagiarsi a un subire passivamente.
Si badi bene questa non è una posizione basata solo su una sorta di «filosofia eroica», bensì un'indicazione che viene dalla ricerca sul come gli esseri umani possono mantenersi in salute fisica, equilibrio psicologico e persino allungare la propria esistenza. Difatti tutti gli studi clinici su questo argomento concordano nel mostrare che sia l'attività fisica in quanto tale sia un atteggiamento propositivo nei confronti della realtà mobilitano risorse psicobiologiche che rafforzano il nostro sistema immunitario e le nostre capacità come sistema vivente.
Ancora una volta i nostri lontani predecessori lo sapevano già: siamo quello che facciamo ripetutamente.
Queste sono le parole di Aristotele, il quale continuava anche affermando che «l'eccellenza è un'attitudine» che si sviluppa attraverso l'impegno. Queste considerazioni sono ancora più importanti oggi nel nostro mondo in cui il cedimento, l'arrendevolezza, la noia e la demotivazione sono divenuti una sorta di epidemia sociale.
Di nuovo, il lettore potrà comprendere come la seconda esortazione del titolo vada ben oltre il primo significato: muoversi è infatti inteso come agire nel mondo.
Ama
La terza parte del titolo fa riferimento all'amare nel senso di passionalità con la quale noi pensiamo debbano essere vissute non solo le cose più importanti della nostra esistenza ma un po' tutto quello che facciamo; come ha detto Fernando Pessoa «Metti tutto quello che sei in tutto ciò che fai».
Questo implica il mettere in gioco costantemente noi stessi anche a livello emotivo, affettivo e sentimentale, «evitando di evitare» le sofferenze che vivere con passione ci farà incontrare, poiché queste sono il rovescio della medaglia costante della gioia, del piacere e dell'amore profondamente vissuto.
Amare significa essere spinti dallo «slancio vitale», così ben descritto nella sua opera dal filosofo Bergson, o dal concetto di «sfida al caso» del poeta Stephane Mallarmé e dalle «passioni vitali» così ben descritte dallo psicologo William James. Amare è il rischio più grande del nostro esistere ma è anche ciò che più ci rende vivi e ci dà quei brividi senza i quali vivremmo, con le parole di E. Cioran, «al culmine della disperazione» in un deserto di sensazioni.
A livello medico-psicologico lo slancio passionale col quale si vivono le cose innesca circuiti biochimici ed elettrici nel nostro organismo che sono alla base del suo benessere sia organico sia psicologico. A questo si deve aggiungere che senza passionalità tutte le nostre abilità e capacità vengono a deprimersi e anche la nostra possibilità di esprimerci con successo nella vita.
Credo che anche in questo caso l'esortazione del titolo indichi qualcosa che va ben oltre il semplice amare in senso erotico- sentimentale.
Mangiare, muoversi, amare sono ciò che noi definiamo medicina dello stile di vita, un approccio alla salute e al benessere individuale che poi diviene anche interpersonale e sociale, che non vuole opporsi a tutte quelle pratiche mediche e psicologiche di accertata efficacia, al contrario vuol utilizzarle al meglio all'interno di un progetto sistemico biopsicologico che consideri l'essere umano come una «qualità emergente» di componenti organiche, psicologiche e relazionali.