In Europa c'è trasparenza o convenienza?
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3 anni fa
Leggi un estratto da "Lobbying" di Pietro Ratto e scopri perché questa tematica ti riguarda più da vicino di quanto pensi...
L'Europa, già! Com'è gestita la questione del Lobbying, in Europa? Male, sembrerebbe. Per lo meno da quel che abbiamo visto.
Perché, come detto, gli Stati Uniti hanno un Pubblico Registro. Funziona poco, certo, ma c'è. Anche il Canada ha predisposto un elenco pubblico a cui i lobbisti sono obbligati ad iscriversi. Ma in Europa?
Qualcosa esiste, in effetti. Si tratta di un documento istituito nel 2011 che si chiama Registro della Trasparenza. Ma, naturalmente, le relative iscrizioni a quest'albo sono previste soltanto su base volontaria.
Le riflessioni che hanno portato a questo elenco sono partite nel 2006. Il 3 maggio, per la precisione. Quando la Commissione Europea ha aperto una consultazione pubblica sulla questione nelle pagine del suo Libro verde. Un compendio di studi e proposte su temi politici collegati a questo problema e pubblicati dalle varie amministrazioni regionali e nazionali dell'Unione. In realtà, già dal 1984 era nato un precedente Libro bianco. Poi, dal 1994, era sorta ad Atene l'esigenza di un Libro verde incentrato su problematiche attinenti soprattutto al turismo.
Ma alla fin fine, colori a parte, il risultato è che, a tutt'oggi, il fenomeno del lobbismo, in Europa, regna incontrastato.
Le riflessioni del Libro verde del 2006 erano sfociate in una prima adozione del suddetto Registro già nel 2007. Ma soltanto da parte della Commissione Europea e, di conseguenza, in relazione alle pressioni esercitate sulla stessa. E per giungere all'estensione del suddetto elenco di lobbisti anche all'istituzione del Parlamento Europeo, si è dovuto attendere, appunto, il 2011. Tre anni dopo, si è poi proceduto ad un'ulteriore riforma dello stesso.
C'è però un'altra clamorosa differenza tra il Pubblico Registro americano e il Registro della Trasparenza europeo. Ed è questa: il primo nasce con il preciso intento di favorir la trasparenza; mentre il secondo, nonostante il nome, è soprattutto orientato a facilitare la connessione tra gli organi dell'UE e i rappresentanti degli interessi privati.
In pratica, iscriversi al Registro dei lobbisti americani è un impegno. Mentre comparire in quello europeo è, semmai, un'ottima opportunità.
E in Italia? A differenza della Francia, che ha adottato un Elenco Pubblico a cui è obbligatorio registrarsi, qui da noi regna il caos. E ogni istituzione fa un po' come le gira.
La Camera dei Deputati, il 10 marzo 2017, ha attivato il Registro dell'attività di rappresentanza di interessi, un elenco di operatori del lobbying con tanto di obbligo di presentazione di relazioni periodiche sulle loro attività. Ma il Senato no. E, a dirla proprio tutta, il suddetto registro risulta ben poco autorevole, a giudicar dalla discrezionalità con cui, i suoi iscritti, decidono di inserire o meno i dati richiesti.
Anche il Ministero per lo sviluppo economico, nel 2018, ha attivato un Registro dei Portatori d'Interesse. Ma, anche in questo caso, si tratta di iscrizioni su base volontaria e di inserimento dati a completa discrezione degli stessi "registrati". Al punto che nella presentazione del Registro così si legge: "L'Amministrazione non effettua controlli sulla veridicità dei dati immessi sulla piattaforma informatica, né può ritenersi responsabile di usi informativi distorti presso terzi.''
A livello locale, poi, alcune regioni sembrano aver fatto passi concreti nella direzione di una regolamentazione. Mentre altre se ne sono praticamente disinteressate.
Negli ultimi anni, poi, il nostro Paese è tutto un pullular di associazioni e professionisti che hanno insistito nel cercar di convincere l'opinione pubblica circa la democraticità e la legittimità del fenomeno del lobbying. Dichiarando a gran voce quanto sia raccomandabile, per un giovane del nostro tempo, tuffarsi anima e corpo in questo remunerativo campo. Per non parlar di veri e propri esperti del settore come Piero De Lorenzo, Presidente e Amministratore Delegato di IRBM (la società farmaceutica di Pomezia che ha elaborato, insieme ad AstraZeneca, il famoso vaccino anti Covid 19), che con il giornalista Mino Fuccillo, nel 2002 ci ha scritto su perfino un libro. Intitolato Lezioni di Lobby.
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