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Il silenzio è prezioso

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto dal libro "Il Piccolo Monaco e il Segreto del Silenzio" di Zacharias Heyes

Dalla finestra della minuscola cucina del monastero filtravano i primi caldi raggi di sole estivo, nei quali danzavano granelli di polvere che il piccolo monaco cercava di catturare. In quel momento era intento a sciacquare nell’acquaio gli ultimi resti del pranzo incrostati sulla grossa pentola.

Il pesante manico sbatteva a destra e a sinistra e, seguendo il ritmo, il piccolo monaco si mise a cantare allegramente. Si dondolava da una gamba all’altra — così lo sorprese l’abate, quando si affacciò sulla soglia della cucina.

Stai leggendo un estratto da questo libro:

“Padre abate!”, gridò esultante il piccolo monaco. “Padre abate, che bello che oggi siate venuto a trovarmi! Se lo avessi saputo, vi avrei preparato una torta alla frutta e il caffè! Avete sete? Volete un bicchiere di latte? Sono avanzate delle noci come dessert, o preferite una mela?”.

L’abate si avvicinò, annuì, si sedette al tavolino di legno e afferrò una noce. “Sono venuto a vedere come va con il silenzio”, disse lentamente.

“Oh”, esclamò il piccolo monaco. “Il silenzio, naturalmente”. Si vergognò un po’ per aver cantato a squarciagola fino a un attimo prima.

“Il silenzio è prezioso”, continuò l’abate. “Dovresti custodirlo!”.

Mentre il piccolo monaco rifletteva sulle parole del suo superiore, quest’ultimo prese un’altra noce, si alzò, gli rivolse un breve cenno di saluto e si diresse verso la porta per uscire nel chiostro.

Il piccolo monaco si scrollò, gli corse dietro e lo raggiunse presso l’olivo, dove si era fermato per qualche istante.

“Grazie infinite, padre abate, per la vostra visita!”, disse il piccolo monaco. Fece un profondo inchino mentre l’abate girava l’angolo dell’alto muro del giardino, verso il campo di fragole.

La ricerca

Da molti anni vivo in un monastero insieme ad altri monaci. Giorno dopo giorno, la mia vita è scandita dalle stesse azioni: alzarsi, pregare, fare colazione, lavorare, pregare, pranzare, di nuovo lavorare, pregare, cenare, e poi ancora pregare e dormire.

Da qualche tempo ho la sensazione che la mia vita sia stressante: è diventata troppo caotica. Forse perché sono circondato da molti rumori, che, mi sembra, stiano aumentando. Cellulare, televisione, musica — una volta, in convento, tutto questo non esisteva. Senza contare le innumerevoli e-mail che ricevo ogni giorno da persone che chiedono di visitare il monastero o di essere ospitate o di fissare urgentemente un colloquio.

Anche se non sento la loro voce, resto comunque il destinatario di richieste che mi vengono sottoposte e delle quali devo occuparmi. Inoltre, spesso, queste richieste non mi rilassano, ma mi preoccupano.

In tutto questo dove va a finire il mio amato silenzio? Ho sempre saputo che in esso si può trovare Dio e questo è il bene più grande nella vita di un monaco. La domanda che mi assilla è: come posso ritrovarlo?

I giovani che visitano il monastero e che si trattengono per qualche giorno, o che addirittura meditano di prendere i voti, manifestano spesso questo desiderio di silenzio, senza saper spiegare con esattezza che cosa sperano di trovarvi. Come se in esso vi fosse qualcosa di straordinario. Qualcuno immagina che, a un tratto, nella quiete del monastero, il cielo si apra, scenda un fascio di luce, si diffonda una profonda pace, tutto vada bene e rimanga perfetto. Questa, però, è un’illusione e non ha nulla a che vedere con la vita monastica.

Da novizio mi è stato di grande aiuto dover sbrigare delle attività pratiche, come fare le pulizie e prendermi cura dell’orto. La fede - mi dissero - va integrata nella quotidianità. Il silenzio più autentico si trova anche accanto a un secchio d’acqua o tra le pentole, nella vita quotidiana, non soltanto durante la preghiera e la meditazione.

Anche il piccolo monaco lo pensa, mentre è all’opera in cucina, lava le stoviglie e canta allegramente.

Lo fa però in modo inconsapevole, se ne rende conto soltanto perché glielo ricorda l’abate: “Il silenzio è prezioso”. Resta la questione di che cosa sia veramente: è l’assenza di rumori o qualcos’altro? Il piccolo monaco può trovarlo anche nel chiasso che produce - in uno spazio dove può scoprire e cogliere un’entità superiore, standole vicino?

Non soltanto i giovani che vogliono prendere i voti provano questo desiderio di silenzio. Durante i colloqui, anche gli altri ospiti del monastero manifestano la volontà di avere più tempo per stare tranquilli ed entrare in contatto con se stessi.

In monastero, le persone vogliono iniziare il proprio percorso da qui. Ho l’impressione che negli ultimi tempi l’esigenza di silenzio sia diventata più forte e che sempre più persone ambiscano alla calma. La vita moderna è incalzata da continue richieste esterne, da cose da fare: vestire i bambini, preparare la merenda, andare al lavoro, tornare a casa, fare la spesa, cucinare, aiutare i figli nello svolgimento dei compiti. Il giorno dopo tutto ricomincia daccapo. Non resta molto tempo per altro, men che meno per il silenzio. E poi siamo costretti a comunicare dalla mattina alla sera, se non vogliamo che la nostra fragile routine vada in pezzi e sia travolta dal caos.

Molti si chiedono se questa monotona quotidianità sia davvero vita.

Ciò che noto nei nostri ospiti è che non sopportano le risposte superficiali, standardizzate. Desiderano trovare le proprie. In questa ricerca posso rivestire il ruolo di consigliere, ascoltatore, specchio, ma non posso imporre dogmi o soluzioni preconfezionate, dire come dev’essere e cosa devono pensare. Sempre più spesso, questo mi porta a riflettere su quale potrebbe essere per me il primo passo nella ricerca del silenzio, che io stesso desidero.

Anche in questo caso sono stato aiutato dalla lunga tradizione della comunità in cui vivo, che ci incoraggia a guardare alle nostre radici: la tradizione monastica e gli scritti del fondatore del nostro ordine, san Benedetto da Norcia.


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