Il segreto degli sciamani
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3 anni fa
Leggi alcune pagine del quarto capitolo del libro Melatonina - L'Ormone degli Dei di Giancarlo Rosati
Nei paesi meno progrediti, là dove la tecnologia ancora non ha mietuto le sue vittime, esistono individui che affidano il loro destino a sostanze psicotrope derivate da piante che crescono nelle foreste dell'Amazzonia e dell'Himalaya o nelle pianure della Siberia se non addirittura sui letamai. Alcune di queste piante sono ben conosciute dalla farmacologia occidentale, mentre altre restano inaccessibili alla scienza.
Coloro che hanno scoperto le piante che lanciano la mente oltre i confini della realtà mondana non desiderano divulgarle e fanno di tutto per celare il loro segreto. Poche persone sono riuscite a penetrare i segreti custoditi nelle capanne degli sciamani che si tramandano di generazione in generazione la chiave di accesso al Supercosciente. E quando ci sono riusciti hanno speso anni di corteggiamento per ingraziarsi gli stregoni, spesso giungendo essi stessi a quel livello coscienziale che trasforma il peccatore in un dio.
Gli stregoni non sono così sprovveduti da rivelare il loro segreto a chicchessia. La loro saggezza è grande e gli anni che il ricercatore passa al loro fianco in attesa di carpirne il segreto trasformano la sua mentalità e il suo cuore. Molti, partiti con l'intento di riportare nei loro laboratori la mitica sostanza, hanno riflettuto sull'effettivo valore della scoperta e sulla reale necessità di divulgarla. Dopo tale riflessione hanno rinunciato a consegnare la loro scoperta alla scienza in attesa di tempi migliori.
Ma quando giungeranno i tempi migliori?
L'epoca in cui viviamo è veramente tenebrosa e dovranno trascorrere molti secoli prima di ritrovarci in una condizione ideale per sfruttare, come facevano gli ariani, i poteri nascosti nelle foglie o nei rami di un arbusto.
Una biologa riuscì a strappare il segreto degli sciamani amazzonici soltanto dopo avere vissuto con gli indios per circa 25 anni. Gli sciamani la iniziarono all'uso di sostanze estatiche soltanto dopo essersi accertati che la donna aveva acquisito la giusta saggezza.
Il tempo non conta; ciò che conta è avere la garanzia che chi si impossessa di un segreto ne faccia poi buon uso.
Se Ramakrishna trasferì in punto di morte i suoi poteri a Vivekananda, è perché era sicuro della saggezza del suo discepolo prediletto. E pensare che inizialmente Vivekananda osteggiava le pratiche devozionali esercitate da Ramakrishna, rifiutava ciò che non era intellettualmente ragionevole ed esercitava la ricerca sul filo della speculazione intellettuale anziché sulla devozione ritualistica come il maestro. Ma aveva la giusta saggezza per diventare l'erede del maestro. Il mistico non concederà il suo segreto a chi non è pronto.
Oggi abbiamo la possibilità di vedere in diretta come avviene l'iniziazione seguendo la vita di un mistico del calibro di Sai Baba. Quanti sono coloro che hanno ricevuto dal Maestro indiano la rivelazione di certe verità metafisiche? E quando quei pochi gli riferivano di avere vissuto esperienze mistiche senza riuscire a stabilizzarsi in una dimensione superiore, che cosa ha fatto Sai Baba? Ha preso forse in disparte il discepolo e gli ha conferito questo potere con il tocco o lo ha invece invitato ad aspettare facendogli incontrare subito dopo eventi tali da smorzargli l'ego?
L'ego impedisce l'accesso o la stabilizzazione nel samadhi e la via più semplice per aprire la porta sulle nebbiose pianure dell'inconoscibile è quella di spegnerlo. Certi eventi possono esaltare l'ego, altri annullarlo.
Spesso i risultati dipendono dalla saggezza di chi vive le esperienze della vita. Se l'individuo reagisce malamente ad una situazione negativa, il suo ego si esalterà; se invece saprà tenere a freno le reazioni e accoglierà ogni evento con equanimità l'ego si smorzerà gradualmente aprendo il canale della percezione ultima.
Sai Baba non suggerisce l'uso di sostanze di alcun genere ma tende a trasformare il cuore della gente insegnandole a misurare la gioia e il dolore con lo stesso metro, quindi, a reagire nella stessa maniera di fronte al bene e al male.
La saggezza sta infatti nel valutare con equanimità ogni evento della vita. La cosa è facile a dirsi ma non è facile da mettere in pratica. Quando il nostro equilibrio viene messo a dura prova, è facile reagire. E la reazione, più che l'azione, è l'elemento negativo della ricerca spirituale. Secondo le rivelazioni di Sai Baba l'uomo uscirà dall'attuale era tenebrosa soltanto tra cinquemila anni. Allora l'umanità entrerà in una situazione psicologica e intellettuale tale da sfiorare la divinità. E nel frattempo?
Dobbiamo rassegnarci a vivere nella sofferenza e nell'ignoranza, lasciando che il destino compia il suo percorso? Il destino, per quanto impietoso, lascia sempre degli spiragli per dare la possibilità all'uomo di respirare una boccata d'aria fresca, così consente delle pause che possono durare anche un millennio durante il quale gli uomini dotati di buona volontà possono uscire dalle catene dell'ignoranza per immergersi nella conoscenza pura.
Chi sono gli uomini di buona volontà? Semplicemente coloro che si sforzano di discriminare tra ciò che è reale e quello che è irreale. Il tempo della pausa non è lontano. Mancano infatti pochi anni all'inizio di quel millennio d'oro durante il quale una buona fetta di umanità riuscirà a realizzare il Nirvana. Secondo Sai Baba e le profezie annunciate all'interno delle religioni e dei circoli iniziatici, il millennio d'oro inizierà nel 2015 per divampare verso il 2050. Il lettore che oggi ha vent'anni farà in tempo a vedere il compimento di queste profezie e ad assaporare le delizie di uno stato coscienziale che lo toglierà dalle catene della sofferenza, dell'ignoranza e della limitazione.
Durante il millennio d'oro gli uomini raggiungeranno una consapevolezza tale da modificare completamente il modo di vedere il mondo, di connotare la vita e la divinità; e, come conseguenza di questa presa di coscienza, nascerà un nuovo ordine di cose che reggerà fino al 2800.
Ecco che a questo punto è lecita la domanda: considerata la gravità della situazione spirituale planetaria, come verrà raggiunta questa consapevolezza? Attraverso una crescita spirituale spontaneamente indotta da qualche evento soprannaturale oppure dall'utilizzo di certi neurotrasmettitori che si stanno affacciando ora nella bottega del farmacologo? Se da una parte abbiamo le profezie che annunciano l'imminenza del millennio d'oro e del raggiungimento collettivo di una certa consapevolezza, dall'altra stanno spuntando sul mercato dei medicinali che ci consentono di avanzare delle ipotesi ragionevoli sulla possibilità di accendere nel cervello di ognuno i neuroni che sono attualmente quiescenti.
Sappiamo che buona parte delle cellule cerebrali non sono attive se non in momenti del tutto particolari e per periodi brevissimi. Se è dunque vero che soltanto il 10-15% dei neuroni del cervello dell'uomo medio sono attivi, è altrettanto vero che quelli del mistico realizzato raggiungono una percentuale molto elevata, quasi vicina a 100. Se il mistico si realizza perché riesce ad attivare in qualche modo i neuroni del suo cervello, è ragionevole pensare che ogni uomo può fare altrettanto. Si tratta di scovare il modo più rapido e diretto per farlo. Quello del mistico non è un cervello diverso dal nostro: ha lo stesso numero di neuroni. L'unica differenza è nel numero di quelli attivi rispetto a quelli quiescenti.
Le sostanze psicotrope usate dagli stregoni o dai mistici accendono i neuroni quiescenti oppure agiscono in un altro modo misterioso?
Nel nostro cervello esistono sostanze normalmente prodotte dalle sue cellule per garantirci un certo benessere. Si tratta - lo abbiamo visto - di neurotrasmettitori ben conosciuti dalla scienza che regolano la nostra vita, la nostra affettività, i momenti felici, che intervengono per lenire la sofferenza, per elevare la soglia del dolore, per allertarci, per consentirci la difesa o la fuga: insomma per consentirci di sopravvivere in un mondo che non ci è favorevole.
Se il benessere viene indotto dai neurotrasmettitori cerebrali normalmente e spontaneamente evocati come risposta ad uno stimolo considerato comune si parla di condizione psicologica naturale, se invece i neurotrasmettitori vengono evocati attraverso stimoli esterni appositamente predisposti o sono sostituiti con sostanze immesse ad arte nell'organismo, si parla di stato psicologico indotto o artificiale.
Si comprende subito che la distinzione è arbitraria in quanto se è vero che lo stimolo può essere comune perché normalmente dosato dalla vita e dall'ambiente, è anche vero che questo stimolo, per quanto esaltato, rimane sempre "naturale". La risposta del cervello sarà proporzionata all'intensità dello stimolo e alle sue capacità di rispondere.
Lo stimolo sonoro di una cascata è simile a quello provocato da un evento felice e la risposta del cervello è, nell'uno e nell'altro caso, naturale. Si riesce facilmente a capire che è illegittimo indicare certe situazioni psicologiche con i termini di artificiale o di indotto. Perché?
Esistono sostanze che stimolano la produzione di alcune sostanze cerebrali come le endorfine o la melatonina. Basta che nel cibo che consumiamo sia presente una sostanza piuttosto che un'altra che il cervello si attiva per accelerare o aumentare la produzione di un suo neurotrasmettitore. Come dobbiamo considerare lo stato di benessere che deriva dall'assunzione dell'alimento: naturale o artificiale?
Un giorno durante una seduta ipnotica ebbi la netta impressione di comunicare con Dio. Fantasia? Il soggetto in trance ipnotica stuporosa mi rivelava verità metafisiche che in stato di veglia non conosceva. Che cosa stava succedendo?
Durante la trance il soggetto aveva aperto i canali di comunicazione con il proprio Sé interiore, con il Dio che è dentro di noi, lo stesso Dio che si risveglia nell'estasi mistica. Io parlavo con il Sé superiore e da questo ricevevo le stesse informazioni che potevo ricevere dal maestro illuminato. Fu un'esperienza esaltante: ero in diretta con la Divinità. Ma devo confessare che è più facile accedere alla Divinità guidando gli altri che facendo l'esperienza diretta. Gli altri possono essere indotti e pilotati nell'esperienza.
Quando invece il processo ci riguarda personalmente, dobbiamo aspettare che arrivi spontaneamente. Non possiamo pilotarlo e tanto meno accelerarlo. Per quanto lo si desideri, non arriva. Anzi più lo si cerca e meno facilmente compare. Per quanto sia dunque più facile accedere alla divinità utilizzando tecniche facili come l'ipnosi, l'esperienza degli altri non ha alcuna utilità per l'operatore esterno perché egli resta fuori dal processo e, per quante informazioni e nozioni possa trarre dall'esperimento, resterà quello che era.
È soltanto l'esperienza diretta personale che ci trasforma in un Buddha. L'esperimento ipnotico, tuttavia, dimostra come il processo sia fisiologico e dipenda dai neurotrasmettitori cerebrali che entrano in gioco nei cambiamenti degli stati coscienziali. Ma questo non è l'unico esperimento che ci autorizza a dichiarare che l'esperienza mistica che ci fa incontrare Dio, è un processo fisiologico. Il Nirvana raggiunto con la meditazione è un'altra prova concreta del fatto che il processo sia del tutto naturale, fisiologico, alla portata di tutti.
Che cosa succede durante la trance ipnotica? Vengono evocati dei neurotrasmettitori come le endorfine capaci di creare uno stato tale di benessere da consentire l'accesso a piani coscienziali superiori? L'accesso ad un piano superiore è una realtà (sperimentata) che talvolta il soggetto ipnotizzato acquisisce e diventa così capace di viaggiare nel tempo e nello spazio come fanno i curandero e gli sciamani.
Dunque, anche le endorfine entrano in gioco quando si entra nell'estasi mistica? Ritengo che almeno due ormoni cerebrali siano coinvolti nell'illuminazione del Buddha: la melatonina e l'endorfina, ma chissà quante altre sostanze cerebrali non ancora scoperte vengono evocate dalla meditazione o nell'ipnosi!