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Il Diluvio: in Mesopotamia o vicino a Oslo?

Pubblicato 3 anni fa

Leggi l'analisi delle vicende di Noè rilette da Mauro Biglino e Cinzia Mele nel loro libro "La Bibbia: il Regno del Nord?"

Il male dilaga nel mondo e Dio, pentito della sua stessa creazione, decide di cancellare dalla faccia della terra l'uomo che ha fatto, il bestiame, i rettili e gli uccelli; solo Noè trova grazia ai suoi occhi e al biondissimo patriarca è affidata la costruzione dell'arca.

La Genesi descrive con dovizia di particolari le istruzioni tecniche per la costruzione:

«Fatti un'arca di legno di cipresso; dividerai l'arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l'arca avrà trecento cubiti di lunghezza (equivalenti a 133,35 m se utilizziamo il cubito ebraico di 44,45 cm), cinquanta di larghezza (22,225 m) e trenta di altezza (13,335 m). Farai nell'arca un tetto e, a un cubito più sopra, la terminerai; da un lato metterai la porta dell'arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore»

Le dettagliate specifiche tecniche non prevedono un sistema di propulsione, né l'arca è munita di uno scafo idrodinamico che agevoli la navigazione: il nome stesso indica di fatto un grande contenitore il cui unico scopo sembra essere quello di galleggiare e di essere impermeabile, grazie al bitume spalmato dentro e fuori dalla immensa struttura di legno: il termine ebraico tevah indica infatti propriamente una cassa, un baule.

Se paragoniamo le dimensioni dell'arca alle navi dell'Antichità che non superavano i trenta metri ci accorgiamo di quanto essa sia gigantesca, equiparabile solo alle imbarcazioni costruite in tempi recenti.

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Il bitume

Il bitume è un composto naturale che affiora in modo spontaneo da particolari tipi di terreno; in alternativa, può essere prodotto dall'uomo utilizzando petrolio come materia prima; nel nord Europa il bitume è ricavato dal legno resinoso delle conifere, decomposto mediante combustione in speciali forni; il materiale così prodotto si presta a molteplici usi anche in campo medico e alimentare.

Recenti studi sull'impiego del bitume hanno messo in evidenza come i Vichinghi, grandi navigatori, ne facessero un uso smodato, dieci volte superiore rispetto alla media dell'epoca. Secondo il professor Andreas Hennius, direttore della sezione Archeologia dell'Università di Uppsala, «Senza i passi avanti, per l'epoca rivoluzionari, compiuti dai Vichinghi nella tecnica e tecnologia di produzione del catrame, le loro spedizioni transoceaniche non sarebbero state possibili, né le loro spesso sanguinarie scorribande di pirati e saccheggiatori». Il prezzo da pagare per tale produzione fu la selvaggia deforestazione di ampie aree della Scandinavia e del Nord Europa.

Il diluvio

Il diluvio è imminente: Noè entra nell'arca con i figli, le rispettive mogli e gli animali a coppie di maschi e femmine, una di animali impuri e sette di quelli puri.

«Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra; nell'anno seicento della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. [...] In quello stesso giorno entrarono nell'arca Noè, con i figli Sem, Cam e Jafet, la moglie di Noè, le tre mogli dei suoi figli; [...] il Signore chiuse la porta dietro di lui»

Il 19 aprile del 2348 a.C. cade la data di inizio del diluvio, secondo parte dell'esegesi biblica mentre secondo altri il diluvio biblico sarebbe da identificare con la grande alluvione che avrebbe colpito la Mesopotamia intorno al 3400-3200 a.C, messa in evidenza dagli scavi dell'archeologo Léonard Woolley.

I flutti crescono sollevando l'arca, travolgono la terra e i monti più alti coprendoli per oltre sette metri, ogni essere vivente perì e sopravvissero solo coloro che stavano nell'arca.  Le acque permangono sulla terra per centocinquanta giorni, poi Dio manda un vento che fa calare l'inondazione, chiude le fonti dell'abisso e le cateratte del cielo e l'Arca si posa sull'Ararat.

La celebre montagna, dislocata in Turchia e ritenuta dalla tradizione il monte biblico, si eleva per oltre 5000 metri; il racconto della Genesi afferma che i monti furono sovrastati dall'inondazione e riteniamo di dover escludere che il racconto del diluvio possa essersi concretizzato sul monte anatolico poiché tale eventualità richiederebbe una massa d'acqua incompatibile con la realtà.

Nel testo originale l'arca approda sui monti dell'Urartu: esaminiamo il possibile significato del nome.

Urartu

In tedesco antico e moderno ur significa primordiale, primitivo, originale, primo; art indica kind, sort, species (genere, tipo, gruppo, specie, razza): i monti dell'Urartu possono quindi essere intesi come i monti della stirpe primordiale intesi come gli Elohim che abbiamo collocato nella parte occidentale della Scandinavia; in alternativa artu può alludere in modo diretto alla terra, da erde in tedesco, eordhe, in AS., earth in inglese e in questo caso ur-artu indicherebbe antica-terra con riferimento all'insediamento primordiale degli Elohim presso Setesdal.

In tale area si trova il monte Bære, segnalato in banche dati diverse con un'altezza compresa tra i 67 e 91 m, a circa 150 km da Setesdal, presunta sede degli Elhoim; la modesta altura giace a ridosso della costa marina che delimita l'ampia e profonda insenatura naturale che conduce alla capitale norvegese, Oslo.

Il nome Bære richiama il racconto che è stato trasmesso dallo storico giudeo-romano Giuseppe Flavio, che parlando del diluvio, cita lo storico greco Nicola di Damasco il quale narra che l'arca si arenò nell'Armenia «sopra Miiade, dove c'è un grande monte chiamato Bari ove si dice che al tempo del diluvio si rifugiarono molti e furono salvati e che un tale, condotto da un'arca, vi approdò sulla cima e che per lungo tempo si conservarono i resti di quel legno. Forse costui può essere quello stesso di cui scrisse Mose, il legislatore dei giudei».

Giuseppe Flavio prosegue rilevando che Noè e i suoi tre figli «furono i primi a discendere dai monti al piano e stabilirono quivi la loro dimora; gli altri a motivo del diluvio avevano paura ed erano dispiaciuti nello scendere in pianura, a loro rincresceva discendere dalle altitudini in quel luogo, ma quelli li incoraggiavano a seguire il loro esempio».

Secondo questo racconto dunque la famiglia di Noè non fu la sola a sopravvivere alla catastrofe ma incontrò molti altri che si erano salvati sulle stesse alture su cui si era arenata l'arca. Nell'area occidentale della Norvegia, presso l'Ur-artu (antica terra) e il monte Bære ricomincia lo sviluppo della seconda stirpe umana, come sembrano suggerire i toponimi connessi alle vicende di Nimrod.

Archeologia sommersa

Nel 2010 gli archeologi del Museum of Cultural History presso l'Università di Oslo hanno rinvenuto nei pressi di Kristiansand, nella Norvegia occidentale, manufatti di ceramica quasi intatti datati al 4000-3600 a.C, una scoperta ritenuta sensazionale.

Il sito archeologico è stato definito una "mini-Pompei", poiché costituito da un insediamento umano ricoperto in poche ore da una tempesta di sabbia quando, affermano gli studiosi, il clima della Norvegia era più arido e le tempeste di sabbia tutt'altro che rare.

L'archeologo Glerstad afferma: «Visto che il livello del mare era ancora più basso in tempi precedenti a questo, possiamo aspettarci di trovare siti molto più antichi sotto l'acqua della stessa area».


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