Il Digiuno secondo Ildegarda di Bingen
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3 anni fa
Nel Medioevo il digiuno era un cammino mistico che le monache e i monaci intraprendevano con lo scopo di avvicinarsi alla presenza del Creatore ed entrare più intimamente in contatto con Lui. Questo cammino era praticato regolarmente, alla stregua di un esercizio benefico e sacro.
Quale digiuno?
Il digiuno praticato da Ildegarda segue un metodo tradizionale e collaudato nel tempo, e dona al corpo un tipo di purificazione leggera e delicata.
Ildegarda di Bingen suggerisce un periodo di digiuno da sei a dieci giorni. Durante questo periodo, il cibo solido viene completamente evitato a favore di quello liquido, con una particolare predilezione per l’utilizzo della tisana al finocchio.
Per dare sostegno all’organismo durante il digiuno viene suggerita una minestra due volte al giorno (vedi p. 103), a cui si associano preparati a base di varie erbe medicinali come la galanga in compresse, il granulato di zenzero o una bevanda a base di vino e prezzemolo.
Il periodo di digiuno viene preceduto e seguito da tre giorni dedicati alla sua preparazione e alla sua fase conclusiva. Ne consegue che, in totale, questo periodo dura dai dodici ai sedici giorni.
Per la preparazione della minestra Ildegarda usa il suo cereale preferito, il farro, a cui aggiunge varie verdure stagionali, erbe medicinali e spezie. Si tratta di una minestra priva di proteine animali o di grassi, dannosi per il metabolismo.
Grazie a una sapiente combinazione di ingredienti, il corpo riceve alimenti che lo riscaldano e attivano il metabolismo, stimolando così le sue funzioni e fornendogli la forza necessaria per la purificazione.
Gli organi preposti alla disintossicazione, e quindi l’intestino, il fegato, la cistifellea, il sistema linfatico e i reni, ricevono così un sostegno adeguato ed efficace. Grazie a questa purificazione degli organi escretori e alla ottimizzazione delle loro funzioni, l’efficacia terapeutica del digiuno va ben oltre i giorni di digiuno effettivi.
Inoltre è da escludere il cosiddetto effetto yo-yo, in quanto il digiuno terapeutico di Ildegarda non ha a che fare con le diete in cui si soffre la fame o quelle indicate per la perdita di peso, ma è volto a stimolare la pulizia, la purificazione e il miglioramento delle funzioni escretorie naturali.
Va anche sottolineato che quello suggerito da Ildegarda non è così stressante come altri tipi di digiuno. Grazie all’apporto di cibi liquidi, alla minestra e alle erbe medicinali, si percepisce raramente lo stimolo della fame. Viene inoltre mantenuto l’equilibrio elettrolitico, poiché il corpo riceve sempre una dose sufficiente di oligoelementi.
Per Ildegarda, tuttavia, il digiuno va ben oltre una semplice purificazione e disintossicazione del corpo, in quanto assume il significato più alto di una pulizia spirituale dell’anima.
Riducendo tutte le necessità fisiche esterne e concentrandosi sull’essenziale, questo tipo di digiuno conduce, insieme alla riflessione meditativa, a una più profonda coscienza di sé e a uno stretto contatto con l’energia che ci sostiene.
Solo se si favorisce un’interazione della dimensione fisica e quella spirituale il digiuno può dispiegare pienamente il suo effetto terapeutico. L’essere umano si riappropria della sua “interezza” a tutti i livelli.
Meditazione
Il cammino mistico intrapreso da Ildegarda consiste nella devozione intima alla natura. L’approfondimento consapevole che ha seguito nella sua pratica era basato sulla connessione tra la natura e l’eterno, come, ad esempio, tramite la contemplazione serena e la sintonia con una pianta, un ruscello, o un luogo specifico, oppure sedendosi o sdraiandosi su un prato e sentire come l’energia vitale che scaturisce dalle radici delle varie erbe inondava e rinvigoriva il suo corpo.
Quando ci immergiamo nel profondo mettiamo da parte ogni pensiero per poterci abbandonare interamente alla percezione interiore.
Intraprendere questo percorso dei sensi significa armarsi di pazienza, umiltà, fiducia e apertura mentale.
Il fine è quello di lasciarsi andare, arrendersi e abbandonarsi alla “visione di Dio”, seguendo la linea della mistica spagnola del XVI secolo Teresa d’Avila racchiusa nel suo detto “Mira que te mira” (Guarda che ti guarda).
Questa connessione con la natura è insita in ognuno di noi, almeno come esperienza risalente ai tempi dell’infanzia. Nel prendere coscienza di questa connessione ci interfacciamo con l’indissolubile legame del nostro essere, del nostro pensare, sentire e agire con il tutto.
Le nostre forze dell’anima sono intrecciate con la terra intera. Nascoste all’occhio esterno, queste forze sono tuttavia in costante scambio con tutto ciò che ci circonda.
Grazie a questa coscienza, l’uomo trascende la sua mera esistenza fisica. Non è più sottomesso alla struttura del mondo, ma è chiamato e invitato a partecipare al grande gioco dell’essere.
Un esercizio che può avvicinarci a questa esperienza è meditare consapevolmente sul nostro respiro. Concentriamoci su un pensiero particolare durante l’inspirazione e l’espirazione. Così, inspirando, si può pensare: “Tu in me”, e quando si espira: “Io in te”.
Nell’andare e venire del respiro possiamo percepire la nostra intima connessione con la natura. Quando inspiriamo, riempiamo i nostri polmoni con l’aria dell’oceano, l’ossigeno, la sostanza che le piante producono rendendo così possibile la nostra vita. Quando espiriamo, restituiamo alle piante anidride carbonica e acqua, anch’esse alla base della vita.
Qualunque sia il vostro approccio al mondo, quando si cammina a piedi nudi in un prato o in una foresta, quando si arriva a vedere, gustare, odorare, udire, avvertire, o intuire attraverso la percezione dei sensi, partecipate consapevolmente al Tutto che vi muove, e che a sua volta è mosso da voi.
Nel riconoscimento della bellezza del ciclo eterno del divenire e del lasciare andare – senza un inizio o una fine – si apre nel mezzo di questo ciclo la propria anima, la propria vera identità, che sopravvive alla vita stessa. Il ciclo del giorno e il ciclo dell’anno, entrambi mossi dal sole, si fondono con il ciclo della vita.
Questo insieme circolare, la totalità del cosmo e dell’anima, del creato e del Divino, e dello stesso essere, sono governati dalla saggezza e racchiusi nell’amore divino.
Ora, come l’eternità prima dell’inizio del mondo non aveva origine, così, anche dopo la fine del mondo sarà senza fine: inizio e fine del mondo saranno racchiuse, assieme, in un unico ciclo di conoscenza.
La percezione profonda non nasce da sola. È un’arte, e in quanto tale deve essere praticata con pazienza, umiltà, pace e serenità.