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Idolatrare il mondo esterno

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto da "Io sono il Padrone della mia Anima" di Salvatore Brizzi e scopri parte dei suoi primi dialoghi con Victoria Ignis

«Credo che chiunque risponderebbe di voler essere un creatore, ma la vita a volte ci ridimensiona, la società ci tarpa le ali, uccide i nostri sogni, le nostre aspirazioni più elevate. Io sono sempre stato un attivista, un contestatore, lotto contro un governo che ci opprime e ci deruba, lotto contro una religione che ci crea sensi di colpa, lotto contro una medicina che ci fa ammalare invece di guarirci, lotto contro le famiglie di banchieri che affamano il mondo e decidono le guerre...» risposi, cercando di resistere al suo attacco, un attacco che era rivolto direttamente alla mia essenza.

«Ancora una volta cerchi all'esterno la giustificazione del tuo fallimento, della tua mancanza di volontà, della pochezza delle tue idee e dei tuoi sogni. Ti sei creato un mondo cattivo dove realizzare i tuoi obiettivi è impossibile, a causa di qualcosa o di qualcuno che trama contro di te. Ma l'unico artefice delle tue vittorie e delle tue sconfitte sei tu. Non delegare il tuo POTERE all'esterno. Mai!

Stai leggendo un estratto da...

«Tu stai idolatrando un mondo esterno a te, che credi abbia un potere infinito su di te. Lo Stato, la religione, la medicina, la scienza, i banchieri, il datore di lavoro... per te sono come forze della natura, come gli uragani e i terremoti; forze che alcune volte accetti e altre volte rifiuti e combatti con tutte le tue forze, ma che in ogni caso consideri più potenti di te. Con il solo atto di combatterle assegni loro un potere che non hanno. Quando l'operaio lotta contro il padrone, il padrone ha già vinto, perché è stato riconosciuto come tale.

«Ricorda: solo uno SCHIAVO lotta per liberarsi da un PADRONE, che si parli di un'azienda o di uno Stato.

«L'opinione pubblica crede che un popolo possa essere dominato da un dittatore o da una élite di oppressori (come accade in questi tempi). Come conseguenza odiagli oppressori, teme il ritorno d'un dittatore e insegna ai propri figli a individuare e ostacolare chiunque dimostri di possedere il "carattere del comando". Ma, come di consueto, la folla si sbaglia e, come un arciere cieco, dirige la sua paura e talvolta la sua rabbia verso gli obiettivi sbagliati.

«Comprendi che una élite finanziaria può asservire intere nazioni solo perché la maggior parte dei cittadini possiede la psicologia della schiavitù. Anche chi si rivolta, in verità sta attestando d'essere schiavo, poiché solo chi ammette l'esistenza d'un padrone, lotta per la libertà. Per cui è dagli schiavi che devi guardarti, non dai padroni. È la psicologia dei sottomessi che va combattuta, attraverso un'educazione totalmente nuova, dove a insegnare non sono più altri schiavi, mentre è inutile accanirsi contro quei pochi che comandano. La soluzione sta nella liberazione verticale, non in quella orizzontale. Se sarai riuscito a educare un popolo a contattare la sua anima, questo scoprirà la sua dignità di essere invincibile. Se non ci saranno più piegati, gli oppressori saranno costretti a farsi la guerra tra loro.

«Ogni vittoria dello schiavo/suddito/dipendente non può che essere parziale e provvisoria. La storia lo dimostra in maniera chiara: come conseguenza di certe lotte, apparentemente sembra che lo schiavo abbia conquistato qualcosa, ma se non c'è stata anche una trasmutazione della sua anima, una liberazione sul piano psicologico, prima o poi perderà ciò che pensava di aver conquistato... e anche di più. Che un operaio abbia vinto una battaglia non ha importanza, perché ha perso la sua guerra: è rimasto un operaio. Chi lo sfrutta è contento anche quando viene temporaneamente sconfitto, perché sa che in questo modo ha comunque rafforzato nell'operaio la convinzione di essere un operaio, ed è questo che conta, non il fatto che vinca o perda. In questo modo, i rispettivi ruoli restano sempre tali. Il padrone può concedersi di perdere una battaglia di tanto in tanto, perché sa che così sta vincendo la guerra... che è sempre una guerra psicologica, una guerra di ruoli.

«D'altra parte, anche il padrone può restare prigioniero del suo ruolo. Può illudersi che operai e impiegati siano realmente esistenti al di fuori di lui, quando invece essi sono le parti di sé che deve riuscire a governare affinché lo aiutino nel suo scopo. Se entra in conflitto con queste parti di sé, diventa anch'egli succube del suo ruolo, della sua classe sociale. Si sentirà un padrone che deve difendersi contro dipendenti che vogliono defraudarlo del suo potere, che ostacolano il suo sogno pretendendo stipendi più alti. Ma non è mai così: i dipendenti si trovano DENTRO l'imprenditore e aspettano di essere accettati, compresi, integrati, amati».

Mi girava la testa, e non solo a causa delle sostanze psicotrope che ancora disegnavano mandala tibetani utilizzando i miei neuroni, ma perché quelle parole stavano mandando in crisi tutte le mie convinzioni, tutte quelle certezze che avevano impiegato anni a cristallizzarsi dentro di me. Infatti, non le accettavo, resistevo, non vedevo l'ora che quella donna si allontanasse da me, ma allo stesso tempo non avevo il coraggio di andarmene io per primo. Se lo avessi fatto subito, oggi sarei un uomo tranquillo... come tanti. Invece mi lasciai investire da altri concetti assurdi, paradossali, improponibili.

«Se l'operaio/dipendente/suddito vuole realmente vincere, deve smettere di recitare il suo ruolo subordinato, deve smettere di incolpare qualcuno e iniziare a trasformare sé stesso. Deve guardare all'interno, non all'esterno».

Mi puntò un dito contro la faccia: «Ascoltami bene: non focalizzarti sulla tua condizione esteriore; devi far emergere la tua anima, la tua essenza interiore. La nuova condizione esteriore sarà frutto della tua trasformazione interiore, esattamente come l'attuale stato della tua psiche viene rispecchiato nel mestiere che stai svolgendo adesso e nella misera paga che ne ricavi.

«Un creatore, un imprenditore, un leader... costruiscono giorno dopo giorno la loro realtà, seguendo un obiettivo che li coinvolge e li riempie totalmente a ogni istante e a ogni respiro. Non danno la colpa delle loro sconfitte alle istituzioni o ai poteri economici. Il leader non ha padroni, non ha idoli, non crede a un mondo fuori di sé che gli impedisce di creare ciò che LUI vuole.

«Tu sei superstizioso, continui a idolatrare un mondo dove ci sono personaggi cattivi che ti impediscono di ottenere risultati. Ma il mondo è DENTRO di te, il mondo è totalmente creato da te in ogni più piccolo e apparentemente insignificante particolare. Non c'è nessuno là fuori che possa muovere un solo muscolo se tu, inconsciamente, non glielo permetti. L'universo abita in te, si colloca dentro la tua coscienza. Questo è sempre stato un fatto inconfutabile, sia dalla filosofia che dalla scienza. Quando lo SENTIRAI interiormente, allora sarai libero, sarai un visionario, sarai inarrestabile».

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