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I nostri difetti di fabbrica

Pubblicato 4 anni fa

Leggi un estratto da "Forte come l'Acqua" di Filippo Ongaro

Ogni essere umano ha un desiderio innato di semplificare. Vorremmo che le cose fossero o bianche o nere ma di fatto nulla di noi e della vita è così.

La natura umana è complessa, contorta, fatta di tanti livelli che non sempre cooperano tra loro. E alla fine siamo, in ogni momento della nostra esistenza, il prodotto di ciò che ci è accaduto fino ad allora: sia delle cose belle sia di quelle brutte che avremmo voluto evitare. E non solo: siamo anche il prodotto, il risultato tangibile di ciò che è accaduto a ogni individuo nella storia della nostra evoluzione.

Tutti i dolori e le gioie, tutte le fatiche e le ricompense che ogni rappresentante della nostra specie ha vissuto lungo la storia dell'evoluzione hanno lasciato una qualche traccia dentro di noi, nel nostro DNA. L'evoluzione non cancella il passato ma, via via, unisce pezzi che forniscono funzionalità aggiuntive.

La corteccia cerebrale ci ha permesso di sviluppare il ragionamento complesso, la consapevolezza e il linguaggio, ma non per questo è stata in grado di eliminare la reazione di rabbia del cervello antico che scatta quando qualcuno ci fa un torto.

Ecco perché si distingue il cervello in rettile, paleomammifero e corticale a indicare che rimangono vivi in noi i meccanismi del passato: il cervello rettile è dedicato agli istinti di sopravvivenza, quello paleomammifero alle emozioni e all'affettività e quello corticale al ragionamento razionale, al linguaggio e alla pianificazione.

Oggi molti preferiscono parlare di sistema 1 e sistema 2, dove il primo è quello rapido, intuitivo, economico ma impreciso e impulsivo e il 2 invece è razionale, lento ma dispendioso dal punto di vista energetico.

Indipendentemente dalla tipologia di suddivisione dobbiamo ricordarci che non abbiamo il controllo su tutto, anche se ci piacerebbe averlo. E non sono solo le risposte istintive quelle che non controlliamo completamente, ci sono anche numerosi altri comportamenti che incidono sulla riuscita della nostra vita. Paradossalmente uno di questi «difetti» è che ci crediamo molto razionali, anche se non lo siamo affatto.

Mi spiego meglio: se alla fine di un ragionamento giungiamo a una conclusione, tendiamo a credere che ci siamo arrivati razionalmente e andiamo inconsapevolmente (ossia irrazionalmente) in cerca di conferme. Così ci convinciamo di avere ragione anche quando è palese che non ce l'abbiamo. Tale meccanismo spesso ci espone a dei rischi evitabili se solo fossimo capaci di avere una visione più obiettiva.

La nostra società si basa su questo «difetto di fabbrica» e infatti si tende a dare credito a chi si dimostra più convinto e non a chi è più saggio anche nel riconoscere i propri dubbi.

Il dubbio, invece di essere apprezzato come una posizione intelligente di fronte ai tanti misteri della vita, viene visto come un segno di debolezza. «Se ci crede così tanto deve essere vero», ci diciamo, ma spesso non lo è. Nella maggior parte dei casi siamo solo di fronte all'ennesimo personaggio borioso convinto di avere sempre ragione.

La storia è piena di disastri causati da persone assolutamente convinte di essere nel giusto.

Anche se ci secca ammetterlo, anche se pensiamo di essere razionali nei nostri giudizi nei confronti del mondo e degli altri, a volte non è così. Più spesso di quanto crediamo ci facciamo ingannare dalle apparenze e dall'aspetto esteriore delle persone e delle cose.

In psicologia viene definito «effetto alone» quel pattern cognitivo per cui la percezione di un tratto viene influenzata dalla percezione di altre caratteristiche della persona. Per esempio, tendiamo a giudicare perbene una persona vestita in modo elegante anche se non lo è.

Un altro fenomeno a cui siamo esposti in modi che fatichiamo a credere possibili è il condizionamento del gruppo. Da una parte c'è il desiderio di appartenenza e la paura del rifiuto, dall'altra c'è il contagio sociale che avviene a nostra insaputa. Ci facciamo condizionare nei comportamenti, nei gusti e nelle scelte da chi ci circonda. E ovviamente, cambiare strada ed esprimere se stessi e la propria originalità risulta assai più difficile che uniformarsi.

Un ulteriore aspetto che limita la nostra interazione con la realtà è il senso di fastidio che ci provocano gli insuccessi. Ogni fallimento così come ciascun piccolo o grande errore potrebbero essere usati come lezioni per apprendere come migliorarci in futuro. Ma riflettere su di essi ci dà fastidio e quindi tendiamo a dimenticarcene il più rapidamente possibile.

Insomma, troppo spesso crediamo di avere ragione, ci sentiamo meglio degli altri, critichiamo, giudichiamo e ci lamentiamo, ma non abbiamo alcun reale diritto di farlo.

L'esempio tipico è la persona che, imbottigliata nel traffico, si spazientisce senza considerare che è tanto vittima quanto causa del traffico stesso.

Ci piace sentirci diversi, più razionali e migliori ma proprio questo compiacimento è un freno a progredire, non tanto rispetto agli altri, quanto a come eravamo ieri.


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