Guarire con i miti
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3 anni fa
Leggi un’anteprima del libro “Daimon. Scopri il tuo spirito guida e guarisci con i miti” di Selene Calloni Williams
È possibile guarire leggendo una storia? SI, se questa è un mito e se è raccontato in chiave immaginale.
In verità ci è possibile cambiare qualsiasi esperienza o comportamento, a patto di essere capaci di risalire alla prima volta in cui quell'esperienza si è prodotta.
La conoscenza del mito può guarire le ferite della psiche e del corpo perché dà la possibilità di immaginare.
La differenza tra chi è vittima delle proprie paure e chi non lo è sta nella capacità di immaginare queste stesse paure. Entrambe le tipologie di persone sentono risuonare dentro di sé la voce degli dèi, la voce dell'invisibile. La divinità parla dall'ombra, dall'invisibile e lo fa in modo poetico, per metafore.
Quando non si è capaci di immaginare si intende la voce del divino in senso letterale e se ne viene atterriti; quando invece ci si concede di immaginare la si intende in senso metaforico e non se ne viene travolti, ma potenziati.
Quando l'ombra parla, se non siamo in grado di immaginarla e viverla metaforicamente, la sentiamo in noi come un impulso ad agire, perciò ci spaventa al punto da bloccarci, come, per esempio, accade negli attacchi di panico. Non a caso si dice che l'ansia sia un'«eccitazione repressa», ovvero un potenziale che l'ansioso non è in grado di interpretare e, quindi, di utilizzare. La conoscenza del mito ci aiuta molto poiché ci fornisce strumenti per immaginare le nostre paure.
La capacità di immaginare ci aiuta anche a risvegliare alcuni «superpoteri». In verità si tratta di doti che appartengono da sempre all'essere umano in quanto tale, ma che nel corso della sua storia egli ha trascurato, rimosso e, infine, dimenticato di possedere.
L'uomo, per esempio, è l'unica creatura che se è in grado di immaginare qualcosa allora può realizzarla, se non riesce a immaginarla, invece non può realizzarla.
L'importanza del mito
Il mito ci aiuta a immaginare. Quando leggiamo di Perseo che trova il coraggio di affrontare la Notte o di Arianna che resiste alla «grande notte dell'anima», cioè l'abissale disperazione di essere stata abbandonata dall'uomo che amava, allora ci rendiamo conto che si può fare, possiamo immaginarci dotati della stessa forza, del medesimo coraggio, di analoghi poteri. E in effetti noi siamo dotati di quei poteri, dobbiamo solo ricordare di averli.
Il progresso ci ha sicuramente reso la vita più comoda, ma ci ha anche portati a dimenticare doti e talenti primitivi.
Quando è stata inventata la scrittura, il dio egizio Thot ammonì gli uomini, dicendo che avrebbero perso la memoria. Oggi, a causa di internet, gli individui hanno ridotto notevolmente la loro capacità di concentrazione: si calcola che abbiamo una soglia di attenzione di circa nove secondi, pari a quella di un pesce rosso. Insomma, ci siamo persi per strada tanti poteri, ma li possiamo recuperare se riusciamo a immaginarli. Il mito ci spinge a immaginare oltre ai normali stimoli della quotidianità.
Non dobbiamo però aspettarci che il mito ci offra una morale. L'interpretazione moralistica del mito appartiene a un'epoca posteriore alla mitopoiesi. Il mito è un'espressione estetica, emotiva, è poesia e la poesia è un'azione demiurgica, capace, cioè, di dare vita a una realtà.
Quando vengono fornite spiegazioni del mito in chiave moralistica (per esempio, Icaro è stato punito con la morte perché non ha dato retta al padre, oppure Circe è una strega cattiva perché trasforma gli uomini in porci) tale interpretazione non appartiene al mito stesso.
Il racconto mitologico deve farci vivere emozioni, non darci insegnamenti moralistici. L'emozione, semmai, è la porta che ci conduce oltre la mente dualistica, al di là del bene e del male e ci consente, in uno spazio sovra-mentale, di dialogare direttamente con il divino. In questo modo, attraverso la narrazione mitologica possiamo trasformare noi stessi, elevarci al punto da poter co-creare il nostro destino, in un continuo dialogo con gli èidola - che sono le «immagini-simulacro degli dèi», ma sono anche le «idee».
Arianna, Antigone, Prometeo, tutti i personaggi del mito rappresentano con le loro storie la grande rinuncia che l'uomo deve compiere per diventare creatura sociale, per entrare in una polis e riunirsi in una civiltà, ma simultaneamente ci forniscono gli strumenti per non essere schiavi di questa nostra condizione e superarla riconquistando, pur nella civiltà, la piena libertà delle origini, che è anche felicità e piena realizzazione della missione della nostra anima (eudaimonia).
Si entra nel mondo civile rinunciando alla libertà primordiale, che è anche felicità e immortalità. Ma l'immenso tesoro delle origini è recuperabile senza bisogno di lasciare il mondo.
È quello che i buddisti chiamano il Nirvana nel Samsara, la libertà all'interno della ruota dei condizionamenti e delle illusioni che è generata dalla mente umana e dalle sue credenze.
Essere nel mondo senza avere le credenze del mondo, essere nella civiltà senza essere condizionati dai suoi valori, essere nella società senza farsi trascinare dai suoi conflitti, rimanendo equanimi, sereni, forti, liberi: il mito ci dà la possibilità di vivere all'insegna della consapevolezza e dell'amore.
Non esiste poeta in questo mondo che non abbia un ciclo mitico di riferimento e non esiste sciamano che non rinvìi al mito per le sue pratiche rituali.
Ovviamente ciascuno attinge alla propria tradizione mitologica, così mentre, per esempio, gli sciamani turco-mongoli che vivono in Mongolia, Siberia e nella fascia himalayana si rivolgono all'epica di Re Cesar, noi, che siamo eredi della tradizione immaginale occidentale, siamo più ricettivi nei confronti dei miti di origine greco-egiziana ed è a quelli che dobbiamo rifarci per le nostre operazioni mito-poietiche attraverso le quali modifichiamo il nostro vissuto e la nostra realtà, cambiando i valori e i simboli delle nostre narrazioni.
La visione immaginale
Il cambiamento mitopoietico passa attraverso l'amore e la passione per il divino. Dio è un'idea dell'uomo, la sua idea centrale, e parte integrante di sé, perciò l'amore per il divino coincide con l'amore per l'umanità.
Liberare l'idea di dio dal suo ruolo sociale e ricongiungerla all'immagine della natura, come espressione del sacro: questo è il percorso attraverso il quale l'individuo umano giunge a liberare se stesso. Quando ci sentiamo vittime del dio è perché lo stiamo guardando attraverso il filtro delle credenze; quando invece percepiamo il dio come alleato è perché ci rivolgiamo a lui con l'istinto.
Per vedere il mito con occhi mitologici è necessaria una visione immaginale. Il pensiero immaginale, infatti, include il pensiero mitico-poetico. La visione immaginale scaturisce dalla consapevolezza che non esiste un'oggettività delle cose, poiché tutto, in verità, è ingannevole, è sogno, illusione, immagine. Questa prospettiva è riscontrabile in tutte le maggiori religioni e non solo: dal buddismo esoterico all'induismo, nel quale l'esistenza è coscienza (Sat è Chit), ma anche dalla fisica moderna alla meccanica quantistica, con il concetto di vuoto e il principio di indeterminazione.
È da tale prospettiva che si comprende meglio il potere creativo del mito. Se partiamo dal concetto di oggettività, infatti, un mito non può che essere la descrizione di una certa realtà, magari narrata in toni poetici o metaforici, ma pur sempre oggettiva. Accettando, invece, il presupposto della non oggettività universale, una narrazione diviene qualcosa che ha il potere di forgiare la realtà e non ha solo il ruolo di descriverla. Da questa considerazione discende una visione del mito diversa da quella a cui gli studi fondati sul pensiero oggettivista e dualistico conducono.
Conoscere il mito diventa il punto di partenza per un'alchimia trasformativa che può mutare non solo lo stato della coscienza, ma persino i principi fisici dell'esistenza.
La magia più grande è quella che plasma la materia e la conoscenza del mito possiede tutta la forza per compiere questa magica trasmutazione. Il racconto del mito, evocando gli archetipi, le immagini originarie delle nostre esperienze, ci consente di fare una terapia della cultura, passando da una visione moralistica degli eventi - che, come abbiamo detto, è propria della cultura sociale piramidale - a una visione estetica e naturale degli eventi.
Oggi è proprio di una terapia della cultura che abbiamo bisogno per poter affrancare l'uomo dal suo dramma di prigioniero della sua stessa mente e consentire un passo evolutivo della specie attraverso ogni individuo.
A ciascuno il suo mito
Quando l'aedo racconta il mito i suoi uditori sentono una storia diversa. Tale è la potenza del mito che ciascuno è destinato a cogliervi esattamente ciò di cui ha bisogno nel preciso momento in cui l'ascolta. Se la stessa persona riascoltasse la narrazione del medesimo mito a distanza di tempo vi coglierebbe qualcosa di nuovo e inatteso.
Ho raccolto in questo libro i racconti più significativi dei miei clienti con i quali ho fatto un percorso di psicologia immaginale. Le loro storie sono solo degli esempi del processo che la conoscenza immaginale del mito può scatenare nella tua psiche e nella tua vita, non intendono spiegare come il processo avvenga. In effetti si tratta di un processo del tutto emozionale, estetico, che non può essere reso attraverso una teoria razionale, in altre parole è qualcosa che va vissuto, non può essere capito.
Il mito ci porta a un cambiamento positivo e a un ampliamento della prospettiva con la quale guardiamo noi stessi e il mondo, ma voler comprendere i meccanismi psicologici con i quali ciò avviene sarebbe come pretendere di conoscere il sapore del cappuccino per via teorica. L'unico modo che hai di sperimentare questo sapore è quello di assaggiarlo.
Ti consiglio di leggere in uno stato di rilassamento il mito e l'esempio che poi segue ma di evitare connessioni analitico-razionali tra quest'ultimo e gli eventi della tua vita. Lascia piuttosto che ciò che hai letto scateni in te emozioni e passioni. Cerca di essere consapevole di queste ultime e di come si muovono dentro di te e nella tua esistenza.
Non c'è bisogno che tu capisca, devi piuttosto lasciare lavorare i tuoi sentimenti, confidando in loro, nella loro capacità di plasmare eventi e di convincere la materia e il tuo corpo a reagire in un determinato modo.
Di sicuro ritroverai un po' di te in ciascun mito narrato. Non sforzarti di individuare quale personaggio mitologico interpreti sulla scena della vita, ma cerca di cogliere la coralità del tuo essere. Sei «uno, nessuno e centomila», sei il giorno e la notte, il maschile e il femminile. Concediti di attraversare la molteplicità dei tuoi personaggi psichici e lascia che tutti, ma proprio tutti, anche i più nascosti, quelli che sino a oggi non hanno mai fatto sentire la loro voce, possano essere guariti, nobilitati e liberati dalla potenza emotiva del mito.
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