Girolomoni e la sua agricoltura a misura d'uomo
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3 anni fa
Leggi un estratto dal libro "Adonai, ti aspetto sulla Collina" di Gino Girolomoni
In questi ultimi anni (1986) si è parlato molto di aree emarginate, di quale agricoltura per l'alta collina e la montagna, ma soltanto perché ci si è accorti che le montagne franano, che i boschi, che servono per le gite domenicali per gli abitanti delle città, sono spariti, che l'agricoltura, per i cacciatori, è meglio che non ci sia, così non avvelenano la selvaggina e si può andare dappertutto senza il fastidio delle colture.
E allora a qualcuno viene fuori magari l'idea di trasformare gli ultimi agricoltori rimasti in guardiani del museo che deve essere sempre a disposizione per il tempo libero degli abitanti delle pianure.
Prima ancora di questi anni il problema agricolo era stato l'ultima spiaggia per i negrieri moderni: alle industrie nascenti della città serviva mano d'opera e la sinistra benediceva l'esodo, così questi bifolchi un po' conservatori sarebbero diventati bifolchi completamente proletari.
Non solo la campagna ha dato i suoi figli per abitare la città, magari le periferie della città e ha dato i suoi spazi per le strade, per gli svincoli delle strade, per le fabbriche di cui un terzo vuote, per i verdi cittadini, per i verdi attrezzati, per i poli di sviluppo, per le zone di rispetto, per i PEEP, per le aree di servizio sociale, per gli stadi, per le palestre, ma, convinta dalla malavita laureata cittadina (per usare una frase di Guido Ceronetti), si è data completamente alla prostituzione dei nuovi metodi agronomici pieni di monocolture, antiparassitari, pesticidi, che hanno già distrutto la fertilità e avvelenato le falde acquifere.
E poi c'è chi ha ancora il coraggio di sghignazzare sull'agricoltura biologica, anche dopo l'atrazina, il temik, l'agonia dell'Adriatico, che non sono l'antipasto di un pranzo da imperatori romani.
Ma come si è arrivati a questa situazione dell'ambiente, degli agricoltori, della salute, degli alimenti da film dell'orrore?
Ho dedicato molti anni a riflettere su questa domanda, prima di mettermi a fare l'agricoltore biologico, in diversi dei quali mi sono lasciato coinvolgere anche quale sindaco di uno degli ottomila comuni della Repubblica.
E il tentativo di dare una risposta mi ha portato molto lontano, verso la fine del '700, con l'Illuminismo, la nascita dell'industria, il trionfo della Ragione, ovvero il potere della verità di moda e il disprezzo per i contadini, gli artigiani, i pastori, di tutti cioè i mestieri manuali autonomi.
Questo disprezzo, manifestato in tanti modi, non colpiva però i lavoratori manuali dipendenti, che in seguito sarebbero stati chiamati operai (da costruttore di opere) e per i quali si sarebbe inventata l'ideologia scientifica, con le sue leggi di tutela, i suoi codici di comportamento, i posti di lavoro in abbondanza solo per loro, un po' inquadrati, un po' troppo in serie, forse sì, ma senza più l'odore del letame del bestiame, senza più il sudore dei campi, senza più il fango in inverno nelle strade e la polvere d'estate.
E via a diffondere il nuovo verbo con le bande musicali, con gli eserciti, con la monarchia, con il fascismo, con la repubblica, con la pubblica istruzione, con lo spettacolo, con la televisione.
Ci vorranno due secoli per capire che siamo stati fregati tutti, sia noi contadini lavoratori autonomi e manuali rimasti senza campagna pulita, sia loro cittadini lavoratori manuali dipendenti che sono gli unici a pagare le tasse, per mantenere i partiti, i comuni, la sanità, il Parlamento che non fa più neanche le leggi e quando fa quelle che riguardano l'economia non tiene mai conto di quello che non è multinazionale, legato ad ambienti e realtà ben precise, a fini di sviluppo effettivo e reale, e non teorico, delle aree emarginate, delle più modeste produzioni.
In genere si obietta con il luogo comune che essendo il Parlamento la rappresentanza diretta del popolo non può non essere sensibile alle esigenze che vengono dal basso. Ma, se fosse vero, chi è allora che ha fatto la legge 580 del 1967 che stabilisce come deve essere trasformato il grano duro e tenero, chi è che ha inventato il tappo fiscale per il vino con i registri di carico e scarico, chi è che ha stabilito che le uova messe in vendita debbono essere confezionate ed avere tutte lo stesso peso, chi è che ha stabilito che il pane deve essere confezionato?
Con queste norme e leggi sono spariti tutti i mulini a pietra e pastifici del Mezzogiorno e delle isole ad essi collegate perché in base a questa famigerata legge 580 con essi non si può assolutamente ottenere una farina per fare la pasta avente le caratteristiche previste dalla legge.
Chi è che aveva messo in giro la brillante idea che le fibre fossero dannose alla salute, addirittura cancerogene? Tra l'altro questa idea rappresenta la documentazione scientifica a supporto dei legislatori.
Adesso i sostenitori di quei cibi "bianchi" mangiano tutti la crusca, che la disprezzata cultura contadina aveva sempre dato soltanto al bestiame. L'idea della raffinazione degli alimenti è stato un bel gioco per impadronirsi, in quegli anni '60, delle materie prime agricole da parte della nascente agro-industria.
Con il tappo fiscale del vino sono spariti dalla circolazione tutti i piccoli produttori, che in genere erano coltivatori diretti, perché è impensabile per loro tutta quella burocrazia casalinga di libri e registri da cenere aggiornati.
La storia delle uova tutte uguali e confezionate ha fatto sparire invece nei mercati locali quelle donne, più o meno anziane, che vendevano le uova dei propri pollai, il pane da confezionare farà sparire tutti i piccoli forni della collina e della montagna italiana per i quali è impensabile, dopo l'acquisto del registratore di cassa, anche l'acquisto della confezionatrice.
Non c'è in questa società spazio per ciò che è modesto e semplice: perfino il latte fresco intero e crudo, che sarebbe l'alimento più semplice del mondo, è proibito.
Nella legge 580 del 1967 che nacque con il sostegno scientifico della dannosità delle fibre, adesso che hanno capito tutti l'utilità di queste (soprattutto se vengono lasciate negli alimenti in cui si trovano senza aggiungerle da parte), è ancora in vigore e vieta ad un libero cittadino di uno stato libero democratico laico e progressista di mangiare la pasta con I'orzo e con la segale, o con il grano saraceno e con la soia o con quello che ad ognuno piace.
Negli ultimi 10-15 anni nel nostro paese un milione di italiani si è posto il problema di come e cosa mangiare e soprattutto hanno scelto di mangiare cibi che provengono da una cultura ecologica e che nella trasformazione non vengono separati dal proprio contenuto e ai quali non venga aggiunto nessun additivo, nessun conservante, nessun colorante.
Questo dato di fatto non interessa ai burocrati romani sulle sedie a rotelle del ministero. Per loro quel milione di italiani è solo una "fibra grezza" trascurabile, anarchica del cibo integrale vero, terrorista dell'alimentazione, vegetariana e macrobiotica.
No, qui non si traccia solo della morte dell'agricoltura e dell'ambiente, delle modeste attività economiche dei contadini e degli artigiani, qui si tratta di qualcosa di ben più grande e profondo: la fine dell'intelligenza e della dignità umana.
(da Quaderni Valtellinesi, n. 21, ottobre 1986, pag. 41)