«Etichette e ricette» ed esseri umani
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4 anni fa
Leggi un estratto dal libro "Le Verdure in Quindici Passi" di Stefano Erzegovesi e impara a cucinare le verdure per mangiare e vivere meglio
Gruppi terapeutici
Tutti i martedì pomeriggio, nel Centro per i disturbi alimentari del San Raffaele (l'ospedale in cui lavoro), conduco una terapia dal nome un po' strano: «Etichette e ricette».
È un gruppo dedicato ai pazienti che soffrono di obesità resistente e disturbo da alimentazione incontrollata: si tratta di persone in grande sofferenza, che hanno provato tutte le diete del mondo ma non riescono a dimagrire e che, soprattutto, più cercano di aderire a un regime dietetico rigoroso e più sentono, dentro di sé, la voglia irresistibile di perdere il controllo ed esagerare con i cibi «proibiti».
Si tratta di uno spazio aperto, in cui i pazienti portano etichette di alimenti («saranno sani e adatti a me?»), ricette più o meno complesse («buono questo piatto, ma sarà anche sano?») e, più in generale, esprimono dubbi e richieste di chiarimento sulle qualità, sensoriali o nutrizionali, di vari ingredienti.
Vi confesso che, ogni volta che faccio il mio ingresso nella sala gruppi del martedì, mi sento un po' come un gladiatore che entra nell'arena. Scordatevi lo stereotipo del paziente obeso, stereotipo che provoca così spesso dolore e vergogna ai malati che ne soffrono.
Altro che «ciccioni pigri, passivi» solo alla ricerca dell'ennesima «pillola miracolosa» per dimagrire, vi troverete di fronte persone attente, preparate e documentatissime su tutte le notizie più recenti provenienti dal mondo della nutrizione:
«... Dottore, fanno davvero così bene le antocianine dei frutti viola di cui parla Marco Bianchi?».
«... E gli spaghetti al pomodoro di Carlo Cracco, perché lei non ci ha mai detto di mettere gli spaghetti direttamente dentro al sugo per due minuti?»
«... Ma la vignarola di Pietro Leemann e Sauro Ricci, senza il guanciale e il vino bianco sarà buona lo stesso?»
«... E la cottura delle carote? Ci spiega la cottura col bicarbonato di cui parla Dario Bressanini?»
«... Il gomasio del professor Berrino, possiamo usarlo per condire la pasta?»
Il gruppo diventa così un'opportunità preziosa di crescita e confronto per tutti, me compreso. Per il paziente, in particolare, diventa un'occasione a tutti gli effetti terapeutica: un paziente ben informato sarà un paziente più consapevole di quello che mangia e, soprattutto, più cosciente dello stretto legame tra ciò che mette nel piatto e la propria salute, fisica e psichica.
Però...
Però, c'è un però: è un fatto riconosciuto, a livello mondiale, che l'uso di strumenti d'informazione e controllo sull'alimentazione - il conteggio delle calorie (kcal), le etichette nutrizionali, la bilancia pesa-alimenti e pesa-persone o l'ultimo modernissimo braccialetto conta-calorie - non ha neppure minimamente scalfito l'incremento quasi epidemico del sovrappeso e dell'obesità nella popolazione.
Vi dirò di più. Il fatto di «sapere tutto quello che mi farebbe bene mangiare, ma di non riuscire a farlo» spesso fa sentire ancora più in colpa i nostri pazienti: «Dovrei mangiare tanta verdura, perché so che è piena di nutrienti eccezionali ma, alla fine, la lascio andare a male nel frigorifero. Allora è proprio vero, come mi dicono in tanti, che sono io che non ho la volontà di cambiare».
Perché questo libro
Ecco perché è nato Le verdure in quindici passi: per capire da vicino che le verdure «fanno benissimo alla salute» ma, per la loro stessa natura, non sono nate per essere attraenti per i nostri sensi, anzi il contrario.
Per evitare di estinguersi, divorate da migliaia di piccoli e grandi predatori, le verdure si sono evolute per rendersi, diciamo così, un po' antipatiche nei confronti dei loro concorrenti - esseri umani compresi - nella lotta per la sopravvivenza.
Il tema di fondo delle pagine che seguono sarà, allora: «Mettiamoci nei panni delle verdure e cerchiamo di conoscerle e capirle». Può sembrare, a prima vista, lo slogan buono per un hippy degli anni Sessanta, ma vedremo insieme, già dal prossimo capitolo, che l'empatia per le verdure è una questione molto seria, con solide basi scientifiche.