Estratto dal libro “50 modi per vincere la fame nervosa”
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9 anni fa
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Teorie di autoconforto
Self-soothing, letteralmente “autoconforto”, è un termine coniato da quei rami della psicologia chiamati psicologia del sé e teoria dell’attaccamento. Secondo queste discipline, la capacità di regolare i propri sentimenti è alla base del benessere personale. Regolare i sentimenti significa semplicemente saper temperare le emozioni forti come la rabbia e la tristezza, essere in grado di tollerare cose che infastidiscono e stressano profondamente senza crollare. Probabilmente vi è capitato di vedere persone con ottime capacità di autoconforto, che riescono a lasciar andare. A volte queste persone vedono il lato positivo di una situazione difficile, affrontano lo stress senza adottare metodi che potrebbero peggiorarlo o risultare nocivi, confidano nel fatto che le cose andranno bene a prescindere da tutto.
Conoscete anche persone con scarsa, o nessuna, capacità di autoconforto. Quando si trovano di fronte a un problema, crollano in mille pezzi e non sono in grado di ricomporre la situazione. Per loro il problema può essere causa di irritabilità o esaurimento; possono faticare a superare l’ostacolo che hanno di fronte. A volte, in casi estremi, le persone prive di capacità di autoconforto non riescono nemmeno a essere attive: fanno fatica ad alzarsi al mattino, ad andare a lavorare o a prendersi cura di se stesse.
Secondo la teoria dell’attaccamento, le principali figure che si prendono cura del bambino (dette caregivers) sono quelle che per prime gli insegnano la capacità di autoconforto. Nella prima infanzia, quando cadete e vi sbucciate un ginocchio, iniziate a interiorizzare le parole affettuose e rassicuranti che i vostri genitori vi rivolgono mentre vi aiutano a rialzarvi. I vostri genitori vi aiutano anche cullandovi e parlandovi lentamente, con voce rassicurante. Magari uno di loro, o entrambi, vi dà anche un bacio sul ginocchio.
Da adulti, quando vivete una profonda crisi o una difficoltà emotiva, probabilmente avete nei vostri ricordi un repertorio di parole che vi calmano e confortano, che potete utilizzare e dire a voi stessi per affrontare il problema.
I motivi per cui mangiare è confortante
In mancanza di solide capacità interiori di autoconforto, mangiare diventa una comune alternativa (Freeman e Gil 2004; Macht 2008; Spoor et al. 2007). Ci sono varie ragioni per cui il cibo assume un ruolo rassicurante; non possiamo ignorare il fatto che le persone non lo utilizzerebbero se non le facesse veramente sentire meglio. Ecco alcune delle ragioni psicologiche e fisiologiche che spiegano perché mangiare fa sentire così bene.
- Cambiamenti biochimici nel corpo. Alcuni cibi aumentano la quantità di neurotrasmettitori nel cervello inducono altri cambiamenti biochimici che danno conforto. Spesso questo è il motivo per cui le persone sono così attratte dal cioccolato: esso aumenta i livelli di serotonina e di altre sostanze chimiche che hanno la proprietà di migliorare l’umore (Parker, Parker e Brotchie 2006). Per esempio, il cioccolato può farvi sentire più attivi e vigili perché alza il livello di zuccheri nel sangue, inoltre contiene tracce di caffeina. Quindi, mangiare può innescare reazioni fisiologiche e biochimiche in tutto il corpo che hanno un effetto psicologicamente gradevole.
- Condizionamento delle emozioni. Alcuni cibi vengono mentalmente collegati alle emozioni. Pensate per un momento a ciò che provate dicendo la parola “cioccolato”. Trepidazione? Gioia? Estasi? Colpa? Potreste provare questi sentimenti perché sono ciò che secondo voi dovreste provare. Questo avviene perché avete visto o sentito la parola associata a queste emozioni nelle pubblicità e nelle conversazioni quotidiane.
- Festeggiamento. Mangiare è fortemente collegato al concetto di festeggiamento e di vacanze; quando festeggiamo ci sentiamo bene.
- Comportamento innato. Non siamo le uniche creature che mangiano per trovare conforto: anche alcuni animali cercano il cibo per regolare i propri livelli di stress. Per esempio, quando nei topi vengono iniettati ormoni dello stress essi consumano più zuccheri. Una ricerca indica che, come i topi, anche noi cerchiamo cibo consolatorio per equilibrare gli ormoni dello stress (Dallman et al. 2003).