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Estratto da "Il Compasso, il Fascio e la Mitra" libro di Giovanni Francesco Carpeoro

Pubblicato 7 anni fa

Leggi l'introduzione e la premessa del libro di Giovanni Francesco Carpeoro "Il Compasso, il Fascio e la Mitra"

Indice dei contenuti:

Introduzione

La storia dell’Italia postrisorgimentale è argomento spesso trascurato dalla ricerca rispetto alle gloriose (o almeno così dai più presentate e interpretate) vicende relative all’unità d’Italia. Ovviamente ciò è dovuto alla retorica nazionalista che tutt’ora pervade la storiografia ufficiale.

E rispetto alla retorica suddetta le vicende successive sono scomode.

Ben due strettissimi collaboratori di Giuseppe Garibaldi ascendono alle massime cariche del potere, Mazzoni e Lemmi, e rimangono coinvolti nel più grosso scandalo economico che coinvolge un istituto bancario di primaria importanza, per non parlare del coinvolgimento di un’altra ex camicia rossa, Francesco Crispi, divenuto premier nel generoso, quanto infruttuoso, tentativo di dare una identità di Stato al novello Stato italico.

Tutto mentre un generale, Bava Beccaris, si macchia di una strage di operai inermi in sciopero, venendo dal monarca sabaudo del momento, Umberto I, insignito della Gran Croce dell’Ordine militare di Savoia e poi finanche eletto senatore! Non è comodo per i nostri genuini storici dover anche sottolineare che fu proprio Bava Beccaris, ormai novantenne, a consigliare – insieme ad altri generali – al re Vittorio Emanuele III di affidare il governo dell’Italia a Benito Mussolini.

Ma così è la storia, almeno quella dei libri che si studiano a scuola. La scrivono i vincitori. O coloro che pensano di esserlo…

Premessa

In queste pagine cercheremo di spiegare come dietro molti degli avvenimenti storici che hanno segnato la prima metà del ‘900 nel nostro Paese ci sia stata un’attività “diplomatica” – anche se definirla tale è evidentemente un eufemismo – dettata dalle gerarchie ecclesiastiche cattoliche e tutta conseguente alla breccia di Porta Pia.

La presa di Roma − nota anche come breccia di Porta Pia – fu infatti l’episodio del Risorgimento che sancì l’annessione di Roma, e di ciò che era rimasto dello Stato vaticano, al Regno d’Italia.

Avvenuta il 20 settembre 1870, decretò la fine dello Stato Pontificio quale entità storico-politica e un momento di profonda rivoluzione nella gestione del potere temporale da parte dei papi. L’anno successivo la capitale d’Italia fu trasferita da Firenze a Roma (legge 3 febbraio 1871, n. 33). L’anniversario del 20 settembre è stato festività nazionale fino alla sua abolizione dopo i Patti Lateranensi nel 1929.

E dal 20 settembre 1870 all’11 febbraio 1929 la diplomazia vaticana maturò le sue strategie di convivenza all’interno del neonato Stato unitario italiano che sorgeva nel segno, e sotto l’auspicio, del suo peggior nemico, la massoneria.

La strategia che venne decisa si compì in tre fasi:

  1. dividere la massoneria fino ad allora unificata;
  2. assumere il patronato del regime monarchico e rivolgerlo in senso autoritario;
  3. preparare il futuro in base alla creazione di un proprio soggetto politico.

Perché all’epoca la gerarchia ecclesiastica non intendeva assolutamente rinunziare alla gestione del potere temporale…

 


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