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Dermatite da contatto: quali tessuti evitare e quali preferire

Pubblicato 1 anno fa

A contatto con la nostra pelle, i tessuti naturali sono quelli meglio tollerati, a patto di non subire troppi trattamenti con sostanze chimiche sensibilizzanti

Il bisogno di coprirsi è stata una delle prime necessità dell’essere umano. Nel libro della Genesi, Adamo ed Eva sentirono l’esigenza di coprirsi dopo aver mangiato il frutto proibito: «[…] così cucirono delle foglie di fico e fecero delle cinture per coprirsi» [Gen 3,7]. Per milioni di anni il genere umano ha indossato indumenti di ogni materiale: dal cuoio dei primi ominidi, agli attuali tessuti hi-tech in tecnofibra. Per coprirsi, l’umanità ha utilizzato per secoli tessuti naturali di origine vegetale (cotone, lana, seta, canapa, ricino, bamboo, soja, lino) e animale (pelliccia, cuoio, cashmere, lana, pelo di cammello), fino a quando nel 1855 fu prodotta la prima fibra sintetica: il rayon, come alternativa economica alla seta. Da allora nell’industria tessile furono introdotte ulteriori fibre sintetiche (per esempio acrilico, neoprene, nylon, poliammidi, polietilene, poliestere, poliuretano, viscosa) che favorirono la produzione di capi di abbigliamento in serie, alimentando un mercato sempre più competitivo e globale. Oltre il 70% dei vestiti attualmente utilizzati nel mondo è fatto di materiale sintetico. 

Rispetto ai tessuti naturali, le fibre artificiali costano meno, sono semplici da lavare, si sgualciscono poco, e sono facili da tinteggiare. I materiali sintetici non sono però biodegradabili, e dopo essere stati usati, possono restare come agenti inquinanti nell’ambiente per tempi indefiniti. A ogni lavaggio, le fibre sintetiche liberano microplastiche che possono finire nell’ambiente. A contatto con la nostra pelle, i tessuti naturali sono quelli meglio tollerati, a patto di non subire troppi trattamenti con sostanze chimiche sensibilizzanti. Di contro, i tessuti sintetici non assorbono il sudore, e sulla cute esercitano un’azione occlusiva (nel gergo popolare si dice che non lasciano traspirare la pelle). 

Indice dei contenuti:

Dermatiti da contatto con "abiti tossici"

Le fibre sintetiche sono spesso trattate con sostanze chimiche (coloranti, antimuffa, antitarme, antipiega) che nelle persone predisposte possono talora generare una fastidiosa dermatite da contatto che si manifesta con chiazze rosse, desquamanti e pruriginose. Il sudore può ulteriormente favorire la liberazione di tali sostanze dai tessuti e mantenerle a contatto con la pelle fino a scatenare, a seconda dei casi, una dermatite da contatto agli indumenti di tipo allergico (DAC) o di tipo irritativo (DIC). Certi capi di abbigliamento possono talora causare una vera e propria orticaria da contatto o una dermatite lichenoide, con pomfi o papule intensamente pruriginose. Alcune fibre sintetiche possono favorire la macerazione cutanea, soprattutto nelle persone con malattie della pelle o con abbondante sudorazione, poiché non assorbono il sudore.

Tra le principali cause di dermatite allergica da contatto agli indumenti vi sono i coloranti dispersi utilizzati per tinteggiare i tessuti in fibra sintetica (per esempio disperso rosso, disperso giallo, disperso blu). Su ogni capo di abbigliamento vi è un cartellino che riporta le fibre di cui è composto, ma in caso di sospetta dermatite da indumenti, con il proprio dermatologo si può ricercare o escludere una dermatite allergica da contatto a una o più sostanze. 

A seconda del distretto corporeo interessato occorrerà ricercare eventuali sensibilizzazioni non solo al materiale degli indumenti, ma anche ai coloranti, e a eventuali accessori in gomma (per esempio elastici) o in metallo (bottoni, cerniere, occhielli, ganci). I patch test con apteni della serie coloranti e tessili sono speciali test allergometrici che consentono al medico di testare le più comuni sostanze presenti nei capi di abbigliamento. 

Quali tessuti preferire in caso di dermatite da contatto

Nei pazienti con cute particolarmente infiammata, sensibile o reattiva (per esempio nelle persone con dermatite atopica o con psoriasi) i tessuti naturali sono meglio tollerati rispetto a quelli sintetici. Il cotone bianco, ad esempio, è ben tollerato anche a contatto con una pelle molto irritata. Questo perché si ricava dalla peluria dei semi della pianta, e quello puro non è sensibilizzante, mentre può esserlo quello sintetico. Lo stesso vale per il lino, di per sé non allergizzante, se non subisce troppi passaggi chimici. Anche la lana è solitamente ben tollerata, e i casi di dermatite sono legati a determinati processi industriali di lavorazione (finissaggio tessile). 

Nell’ambito dei tessuti naturali, quelli composti da fibre vegetali sono meglio tollerati rispetto ai derivati animali, come ad esempio il cuoio. Da quando gli allevamenti di animali da pelliccia sono stati finalmente vietati, le pellicce animali sono state rimpiazzate da quelle sintetiche e da quelle in fibra vegetale (cruelty free). Il cashmere vegetale, ad esempio, è una fibra tessile ottenuta dalla lavorazione degli scarti della pianta di soia. In questo ambito, esistono tessuti naturali certificati GOTS (Global Organic Textile Standard) uno standard internazionale per la produzione di indumenti realizzati con fibre naturali provenienti da agricoltura biologica. 

Infine, va ricordato che non sempre il termine “naturale” è sinonimo di innocuo. Il cuoio, ad esempio, pur essendo di origine animale, viene conciato al cromo, e può scatenare fastidiosi eczemi da contatto nelle persone allergiche ai cromati. Per evitare problemi è preferibile indossare abiti fatti di un unico materiale: «Non ti vestirai con un tessuto misto, fatto di lana e di lino insieme» [De 22,11]. 

Vestirsi per necessità e non per moda

Rispetto agli altri mammiferi, gli esseri umani hanno avuto la necessità di vestirsi per proteggersi dal freddo, non solo per l’assenza del manto peloso (l’etologo inglese Desmond Morris definì l’uomo “una scimmia nuda”) ma anche per la scarsissima quantità di grasso bruno. In principio ci fu la vergogna della propria nudità. Dal bisogno primario di proteggersi dal freddo e dagli sguardi altrui, l’abbigliamento sta oggi diventando sempre più un’esibizione del sé da ostentare in tempo reale sui social. Nella lunga scalata evolutiva dal carbonio (tessuti tradizionali) al silicio (tecnofibre artificiali) si è man mano passati dalla paura di essere osservati nella propria nudità, al timore di morire di freddo, all’incubo di non essere all’altezza, fino all’attuale terrore di restare inosservati. I tessuti intelligenti di ultima generazione (smart textiles) sono in grado di ricaricare i dispositivi elettronici indossabili sfruttando la luce solare (sensori fotovoltaici) o il calore corporeo (power felt). Alcuni di questi materiali hi-tech possono incorporare al loro interno uno o più microsensori (GPS, NFC, bluetooth, WiFi, barometro, termometro, igrometro, accelerometro, giroscopio, bussola, sensori di prossimità, power bank, sensore IR, videocamera, fibre ottiche, LED) grazie ai quali si adattano in tempo reale alle condizioni ambientali. Questi futuristici tessuti “smart” offrono tanti servizi tecnologici, ma un abbigliamento “al naturale” è molto più fisiologico per la pelle, e per la salute in generale, e inoltre ci fa vivere più in armonia con la natura. Tra i tessuti naturali ci sono anche ottimi materiali in fibra di eucalipto o di faggio, ma nelle nostre scelte occorre sempre far prevalere il buon senso ed evitare estremismi, in quanto anche termini alla moda come naturale, sostenibile, eco-friendly, carbon free, ecobìo, inclusivo, impatto zero e green, possono a volte alimentare propaganda e speculazione di un finto ambientalismo (greenwashing), ennesimo modello di business ancor più aggressivo dei precedenti, perché fa leva sui sensi di colpa dell’essere umano, offrendo una finta sicurezza in cambio del più grande dono concesso all’essere umano: il libero arbitrio.


Ultimi commenti su Dermatite da contatto: quali tessuti evitare e quali preferire

Recensioni dei clienti

Gilia M.

Recensione del 01/08/2025

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 01/08/2025

Concordo pienamente su quanto detto dal dottor Del Sorbo perché purtroppo quel che indossiamo resta a contatto della nostra pelle per ore e ore e se non sono naturali o tollerati possono creare dei veri e propri disturbi.

Barbara T.

Recensione del 09/07/2025

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 09/07/2025

In effetti se si pensasse meno alle mode e più al bene comune forse ci sarebbero meno problemi su tutta la filiera fino ad arrivare appunto a chi soffre di dermatite da contatto. Grazie per tutte le spiegazioni.

Lia M.

Recensione del 21/01/2025

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 21/01/2025

Alle volte verificare che un tessuto sia davvero bio è difficile per un occhio inesperto, e impossibile per i consumatori non consapevoli. Consigli utili per la dermatite da contatto, che ho avuto con alcuni tessuti sintetici

Andrea M.

Recensione del 01/08/2024

Valutazione: 5 / 5

Data di acquisto: 01/08/2024

il greenwashing è un grosso problema che si riscontra in tante altre industrie, oltre a quella degli indumenti. Sarebbe utile non fermarsi alle apparenze dei soliti marchi "bio" che spesso si trovano nei prodotti della grande distribuzione, informarsi più a fondo, e riflettere sul fatto che dobbiamo vestirci innanzitutto per necessità, più che per moda. La consapevolezza è fondamentale.

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