COVID-19, la malattia causata dal nuovo coronavirus
Pubblicato
4 anni fa
Leggi un estratto da "Finalmente ho capito come funzionano i Virus" di Gilda Fanti
SARS-CoV-2 non è il primo virus arrivato all'uomo dopo il salto di specie: la stessa sorte hanno avuto anche altri patogeni molto pericolosi, tra cui i due coronavirus che causano la SARS e la MERS (Middle East Respiratory Syndrome), provenienti rispettivamente da pipistrelli e cammelli, l'HIV che, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, arriva dalle scimmie, e l'Ebola, anch'esso introdotto da un pipistrello.
In tutti questi casi, il virus era presente nella specie originaria senza causare particolari problemi di salute, e solo dopo il salto di specie si è rivelato molto pericoloso per il nuovo ospite.
Dallo studio di un gran numero di interazioni virus-ospite è emerso che molto spesso i due sistemi evolvono insieme nella direzione della tolleranza: il patogeno diventa sempre meno pericoloso e l'ospite «impara» a non ammalarsi troppo gravemente e a non attivare una risposta immunitaria eccessiva nei suoi confronti.
Detta così sembra una soluzione studiata a tavolino tra ospite e patogeno; in realtà è tutta una questione di mutazioni, casuali, e selezione naturale, che avvantaggia con la sopravvivenza gli individui capaci di ammalarsi meno gravemente e i virus che infettano il loro ospite senza causare troppi danni. E così nel giro di un numero sufficiente di generazioni il virus e il suo ospite coevolvono in una direzione che avvantaggia entrambi.
Quando avviene il salto di specie, però, questo adattamento non c'è stato, quindi, almeno per le prime generazioni, è molto probabile che il virus abbia una virulenza, ovvero la capacità di provocare danni nell'ospite, molto alta.
È importante precisare, però, che, nonostante la coevoluzione verso la tolleranza sia molto comune, questa non è una regola fissa. Ci sono casi in cui, anche dopo numerose generazioni, il virus continua a essere molto «cattivo» o anche casi di salti di specie non pericolosi.
Per quanto riguarda SARS-CoV-2, non sappiamo ancora come evolverà la convivenza con la specie umana, ma possiamo certamente affermare che la sua virulenza è superiore rispetto ai coronavirus trovati nei pangolini e nei pipistrelli di Wuhan.
La malattia causata da SARS-CoV-2 si chiama COVID-19. È un acronimo e deriva da CO (corona) + VI (virus) + D (disease, cioè «malattia») + 19 (2019, cioè l'anno in cui è comparsa la prima volta).
Che peculiarità ha COVlD-19 rispetto ad altre infezioni? I due parametri che utilizzano gli esperti per valutare le caratteristiche di un'epidemia infettiva sono il tasso di letalità, cioè la percentuale di decessi per la malattia provocata dal virus sul totale dei soggetti ammalati in un determinato arco temporale, e il numero di riproduzione di base, anche noto come RO, che rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto.
Come abbiamo già visto nei capitoli precedenti, questo parametro misura l'effettiva trasmissibilità della malattia. Maggiore è RO e più elevato è il rischio di diffusione della malattia, mentre quando RO è inferiore a 1 l'epidemia può essere contenuta. Le stime per COVID-19 parlano di valori di RO compresi tra 2,24 e 3,58 in assenza di misure di contenimento.
Facciamo un esempio per capire meglio come funziona RO. Prendiamo il caso di un'infezione che si trasmette con un RO di 3 e ipotizziamo che la malattia compaia 10 giorni dopo il contagio: ciò significa che se al giorno 0 c'è 1 paziente, dopo 10 giorni ce ne sono 3, dopo 50 sono quasi 250 e in 3 mesi siamo arrivati quasi a 20.000 persone.
Lo stesso esempio, ma con un RO pari a 2, porta «solo» a 500 casi in 3 mesi.
È importante ricordare che il valore RO non è fisso e non è una proprietà intrinseca del sistema, ma varia in base alle misure di contenimento adottate. Se, ad esempio, anche in presenza di una malattia ad alta trasmissibilità, tutti i contagiati vengono isolati prima che sviluppino i sintomi, in modo che non possano infettare più nessun altro, allora il valore RO cala drasticamente.
In questo caso il virus non cambia, il suo potenziale di trasmissibilità è identico, ma RO diminuisce perché cala il numero di contagi che ogni individuo infetto può provocare.
In Italia, nel periodo tra il 6 e il 19 agosto 2020, il valore massimo di RO è stato 1,24, mentre il valore minimo, registrato all'inizio del periodo, è stato 0,54.
Il tasso di letalità di COVID-19 è stato stimato tra il 2 e il 3%.
Questo suggerisce che la malattia abbia una mortalità più bassa della febbre emorragica causata da Ebola, in cui il tasso di letalità è del 50%, della MERS e dell'influenza aviaria, che si aggirano intorno al 35%, e della SARS, in cui muoiono il 10% dei contagiati. Al contrario l'influenza stagionale, con tasso di mortalità inferiore allo 0,1%, è meno letale, come anche l'influenza Spagnola del 1918, che ha causato il decesso del 2% circa dei contagiati.
Nonostante ciò, la Spagnola ha provocato almeno 50 milioni di morti nel mondo! Questo perché la pericolosità di una malattia dipende sia dal tasso di letalità, sia dalla trasmissibilità, cioè RO.
Per continuare a leggere, acquista il libro