Cos'è ASIA: Sindrome autoimmune/infiammatoria indotta da adiuvanti
Pubblicato
4 anni fa
Leggi un estratto da "Vaccini e Autoimmunità" di Yehuda Shoenfeld, Nancy Agmon-Levin e Lucija Tomljenovic
Vaccini e Autoimmunità è il risultato di decenni d’esperienza in vaccinologia, immunologia e autoimmunità e di un’analisi della vasta letteratura in questo campo.
Il libro è suddiviso in tre parti:
- la prima parte illustra i meccanismi generali dell’autoimmunità indotta da vaccini e da adiuvanti;
- nella seconda parte abbiamo chiesto ai diversi autori di analizzare i singoli vaccini e quali malattie autoimmuni essi possano scatenare in individui suscettibili, e
- nella terza parte di descrivere le patologie autoimmuni comuni e identificare quali vaccini possano provocarle.
Stai leggendo un estratto da:
I curatori del libro convengono che le vaccinazioni rappresentano una delle maggiori rivoluzioni nella medicina; i vaccini sono usati da trecento anni e sono probabilmente una delle più efficaci strategie per evitare la morbilità e la mortalità associate ad infezioni.
Come gli altri farmaci, i vaccini possono provocare eventi avversi, ma, a differenza dei farmaci convenzionali che sono prescritti a persone ammalate, i vaccini vengono somministrati a persone sane, il che aumenta la preoccupazione di reazioni avverse.
La maggior parte degli effetti collaterali attribuibili ai vaccini sono lievi, acuti e transitori. Tuttavia, si verificano anche reazioni rare quali l’ipersensibilità e l’induzione di autoimmunità, che possono essere gravi o persino mortali.
Per questo motivo desta preoccupazione il fatto che i vaccini vengano inoculati a miliardi di persone senza esami preliminari che evidenzino eventuali suscettibilità (Bijl et al., 2012; Tomljenovic e Shaw, 2012; Soriano et al., 2014).
È ingenuo credere che tutti gli umani siano uguali tra di loro.
In particolare, è sempre più riconosciuto che le patologie autoimmuni abbiano una base genetica, mediata da sottotipi HLA. Ad esempio:
- la celiachia è stata fortemente associata ad aplotipi HLA DR3DQ2 o DR4DQ8 (Liu et al., 2014);
- la sclerosi multipla a HLADRB1 (Yates et al., 2014),
- l’artrite reumatoide a HLADR4 e HLADQ8 (Vassallo et al., 2014),
- il diabete tipo 1 a HLADR3/4 (Steck et al., 2014).
Pertanto, specifici geni HLA determinano una predisposizione allo sviluppo di malattie autoimmuni, le quali tuttavia richiedono un innesco ambientale per evolversi in uno stato patologico conclamato (Luckey et al., 2011).
Uno di questi fattori ambientali che è comunemente associato allo sviluppo di autoimmunità è una infezione virale (virus Epstein Barr, citomegalovirus e virus dell’epatite C) o batterica (Helicobacter pylori) (Rose, 2010; Magen e Delgado, 2014).
Le sfaccettate associazioni tra agenti infettivi e susseguente sviluppo di stati autoimmuni o auto-infiammatori sono state ben stabilite, ed è stato identificato un certo numero di meccanismi con cui gli agenti infettivi possono causare tali risposte (mimetismo molecolare, espansione epitopica, attivazione policlonale ed altri) (Molina e Shoenfeld, 2005; Kivity et al., 2009; Shoenfeld, 2009; Rose, 2010).
Recentemente noi e altri abbiam suggerito un ulteriore meccanismo, che abbiamo definito come l’effetto da adiuvante, tramite il quale le infezioni possono essere ricondotte a fenomeni di autoimmunità in senso più ampio (Rose, 2010; Rosenblum et al., 2011; Shoenfeld e AgmonLevin, 2011; Zivkovic et al., 2012; Perricone et al., 2013).
Gli adiuvanti sono sostanze che accrescono la risposta immunitaria. Per questa ragione, essi vengono normalmente inseriti nelle formulazioni vaccinali, i più comuni sono i composti di alluminio (idrossido e fosfato).
Benché i meccanismi di azione degli adiuvanti non siano pienamente chiariti, sembra che essi modulino un insieme comune di geni, promuovano il reclutamento di cellule presentanti l’antigene e imitino specifiche serie di molecole, come componenti di batteri precedentemente entrate in contatto con l’organismo, in modo tale da intensificare le risposte immunitarie innate e d’adattamento agli antigeni iniettati (AgmonLevin et al., 2009; Israeli et al., 2009; McKee et al., 2009; Exley et al., 2010; Perricone et al.,2013).
Sebbene l’attivazione di meccanismi autoimmuni da agenti infettivi o da sostanze con proprietà adiuvante (come quelle che si trovano nei vaccini), sia comune, la comparsa di una malattia autoimmune non è altrettanto diffusa e apparentemente non è sempre agente-specifica.
L’effetto adiuvante dovuto a particelle microbiche, precisamente l’attivazione nonantigenica dell’immunità innata e regolatoria, così come l’espressione di varie citochine regolatorie, fa sì che la risposta autoimmune rimanga limitata e innocua oppure si evolva in malattia conclamata.
In aggiunta, come già menzionato, il substrato genetico dell’individuo può determinare l’entità delle manifestazioni avverse.
Ad esempio, è stato dimostrato come il vaccino per la malattia di Lyme sia capace di innescare l’artrite in criceti geneticamente suscettibili, e che il 100% dei criceti sviluppi artrite quando al vaccino è aggiunto l’adiuvante idrossido d’alluminio (Croke et al., 2000).
Altri studi hanno mostrato che lo sviluppo di malattia infiammatoria alle articolazioni e di artrite reumatoide in adulti, in risposta rispettivamente ai vaccini dell’epatite A e B, sia correlato al sottotipo HLA dell’individuo vaccinato (Ferrazzi et al., 1997; Pope et al., 1998).
Dato che l’alluminio opera come adiuvante aumentando l’espressione del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) (Ulanova et al., 2001), non dovrebbe forse sorprendere il fatto che, in individui suscettibili a patologia autoimmune sulla base di MHC, un sottotipo HLA possa essere danneggiato dall’uso d’idrossido d’alluminio nei vaccini.
Oltre all’alluminio, è stato provato come anche il conservante vaccinale thimerosal induca una sindrome autoimmune sistemica in topi transgenici HLADR4 (Havarinasab et al., 2004), mentre topi con suscettibilità genetica a malattia autoimmune mostrano profondi disturbi comportamentali e neuropatologici. Questi risultati non si osservano in razze di topi privi di sensibilità autoimmune.
Abbiamo recentemente riferito di una nuova sindrome: sindrome infiammatoria autoimmune indotta da adiuvanti (ASIA), che racchiude uno spettro di patologie immunomediate scatenate dallo stimolo di un adiuvante, come l’esposizione cronica a silicone, tetrametilpentadecano, pristano, alluminio e altri adiuvanti, come pure componenti infettive che possano avere un effetto adiuvante.
È stato dimostrato che tutti questi fattori ambientali inducono da soli autoimmunità e manifestazioni infiammatorie, sia in modelli animali che negli umani (Israeli et al., 2009; Shaw e Petrik, 2009; Shoenfeld e AgmonLevin, 2011; Gherardi e Authier, 2012; Israeli, 2012; CruzTapias et al., 2013; Lujan et al., 2013; Perricone et al., 2013).
La definizione della sindrome ASIA aiuta così a individuare quei soggetti che hanno sviluppato fenomeni autoimmuni per esposizione ad adiuvanti da diverse fonti.
Ad esempio, l’uso di adiuvanti medici è divenuto pratica comune e adiuvanti come l’alluminio vengono aggiunti alla maggior parte dei vaccini umani e animali, mentre l’adiuvante silicone è usato estensivamente per le protesi mammarie e i trattamenti estetici (Kaiser et al., 1990; Molina e Shoenfeld, 2005; Israeli et al., 2009; Shoenfeld e AgmonLevin, 2011; Cohen Tervaert e Kappel, 2013). Inoltre, “adiuvanti nascosti” come i materiali infettivi e le muffe domestiche sono stati associati a diversi stati morbosi immunomediati, assimilabili alla cosiddetta “sindrome dell’edificio malato” (Israeli e Pardo, 2010; Perricone et al., 2013).
Sebbene ASIA possa essere etichettata come nuova sindrome, in realtà essa riflette vecchie realtà cui viene data un’etichetta formale (Meroni, 2010).
In particolare, nel 1982 emersero prove convincenti da ricerche epidemiologiche, cliniche e animali che mostrarono come la sindrome di GuillainBarré e altre neuropatie autoimmuni demielinizzanti (tra cui encefalomielite disseminata acuta e sclerosi multipla) potessero manifestarsi fino a 10 mesi dopo la vaccinazione (Poser e Behan, 1982).
In questi casi la malattia si manifesterebbe dapprima con sintomi vaghi (artralgia, mialgia, parestesia, debolezza, che sono tutti sintomi tipici di ASIA), che vengono perlopiù considerati irrilevanti e quindi ignorati dai medici curanti. Tuttavia, questi sintomi progrediscono lentamente e insidiosamente finché il paziente viene esposto a un secondo stimolo immunitario (in forma o d’infezione o di vaccinazione). Questo allora induce una manifestazione clinica rapida e acuta (Poser e Behan, 1982). In altre parole, è la risposta anamnestica secondaria a portare alla manifestazione acuta evidente di una patologia subclinica già presente che persisteva da lungo tempo.
Era già stato riconosciuto nei primi anni Ottanta del Novecento che le manifestazioni connesse ai vaccini si presentassero spesso come sintomi aspecifici ma clinicamente rilevanti (chiamati “sintomi di collegamento” da Poser e Behan nel 1982, o “sintomi ASIA non specifici” da noi) (Shoenfeld e AgmonLevin, 2011).
Queste espressioni patologiche generiche indicavano una malattia subclinica a lenta evoluzione. Se questa malattia fosse progredita nella forma clinicamente conclamata dipendeva da una ulteriore esposizione a stimoli immunitari nocivi, incluse vaccinazioni successive.
Come esempio emblematico, abbiamo descritto recentemente 6 casi di lupus sistemico post-vaccinazione HPV (Gatto et al., 2013). In tutti e 6 i casi sono state osservate molte caratteristiche comuni: una suscettibilità personale o familiare all’autoimmunità e una risposta avversa a una precedente dose del vaccino, entrambe caratteristiche associate a rischio più alto di autoimmunità conclamata post-vaccinazione.
Similmente, in un’analisi di 93 casi di autoimmunità seguente a vaccinazione contro l’epatite B (Zafrir et al., 2012) abbiamo identificato due fattori principali di suscettibilità:
- esacerbazione di sintomi avversi a seguito di dosi aggiuntive di vaccino (47% di pazienti), e
- storia personale e familiare d’autoimmunità (21%).
Va inoltre notato che alcuni individui colpiti da effetti nocivi dovuti all’esposizione ad adiuvanti non soddisfano tutti i criteri necessari a diagnosticare una patologia autoimmune conclamata e clinicamente visibile (Perricone et al., 2013). Ciononostante, questi individui sono a maggiore rischio di sviluppare autoimmunità conclamata in seguito a successiva esposizione ad adiuvanti, sia tramite infezioni che vaccinazioni (Poser e Behan, 1982; Zafrir et al., 2012; Gatto et al., 2013).
Dando uno sguardo al programma vaccinale per l’infanzia del Centers for Disease Control and prevention (CDC) americano per l’anno 2013, si nota che secondo le linee guida prescritte i bambini ricevono fino a 19 vaccinazioni, molte di cui multivalenti nei primi 6 mesi di vita (Tabella I.1).
I vari vaccini somministrati ai bambini, così come agli adulti, possono contenere o agenti infettivi interi attenuati o peptidi sintetici e antigeni degli agenti infettivi geneticamente ricombinati e adiuvanti (tipicamente alluminio). In aggiunta, essi contengono anche diluenti, conservanti (thimerosal, formaldeide), detergenti (polisorbati), residui di mezzi di coltura di crescita (Saccharomyces cerevisiae, gelatina, estratto bovino, tessuto di rene di scimmia ecc.; Tabella I.2).
La sicurezza di questi prodotti residuali non è stata ben indagata, principalmente perché si presume che siano presenti solo in tracce dopo il processo di purificazione nella produzione del vaccino. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che anche queste quantità in tracce possano non essere sicure come ritenuto in passato (Moghaddam et al., 2006; Rinaldi et al., 2013).
Ciò che è ovvio, comunque, è che la tipica formulazione vaccinale contiene tutte le componenti biochimiche necessarie per indurre manifestazioni autoimmuni.
Tenendo in mente questo, il nostro principale intento è di informare la comunità medica dei rischi di malattie autoimmuni associati ai diversi vaccini. I medici devono essere consapevoli che in certi individui le vaccinazioni possono innescare manifestazioni autoimmunitarie severe e che possono potenzialmente rendere disabili, o perfino portare alla morte.
Ciò non significa che ci opponiamo alla vaccinazione, essendo un consolidato strumento di medicina preventiva, ma, essendo i vaccini somministrati prevalentemente a individui fin a quel momento sani, ci si dovrebbe impegnare a individuare i soggetti a rischio di sviluppare reazioni avverse autoimmunitarie a seguito dell’esposizione a vaccini.
Inoltre, si dovrebbe valutare accuratamente l’opportunità di inoculare nuovamente vaccini nei soggetti con precedente storia di reazione avversa a vaccinazione.
Anche la necessità di vaccinazioni multiple somministrate in brevi periodi di tempo dovrebbe essere considerata, dato che l’intensificato effetto simil-adiuvante delle vaccinazioni multiple aumenta il rischio di reazioni avverse autoimmunitarie e infiammatorie post-vaccinali (Tsumiyama et al., 2009; Lujan et al., 2013).
Infine, desideriamo incoraggiare sforzi diretti a progettare vaccini più sicuri, il che dovrebbe essere lo scopo perseguito dall’industria produttrice dei vaccini.
Per continuare a leggere, acquista il libro: