Come stai?
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3 anni fa
Un nuovo manuale ci introduce al protocollo per esercitare la consapevolezza. Ne parliamo con gli autori
Mindfulness o consapevolezza? Due scuole di pensiero, una più recente, l’altra di tradizione millenaria, si mettono a confronto. Stefano Ventura e Massimo Paradiso, fondatori del Centro Meditazione Roma - Buddhismo secolare (centromeditazioneroma.it), provano a creare un ponte tra i due percorsi nel manuale Meditazione di Consapevolezza. Manuale di Vipassana per sviluppare l’equilibrio del cuore e vivere pienamente.
Meditazione di Consapevolezza non è un altro manuale dedicato, o ispirato, alla Mindfulness, ma alla consapevolezza. Potete chiarire la differenza?
Stefano Ventura: La Mindfulness è l’applicazione in ambito psicologico-clinico della pratica meditativa della consapevolezza. Chi segue un corso di Mindfulness ha un obiettivo preciso: gestire meglio lo stress, prevenire la depressione, cambiare il proprio rapporto con il cibo e così via. La consapevolezza come via meditativa è invece coltivare un nuovo rapporto con ogni aspetto della propria vita, per fiorire integralmente come esseri umani.
Chi pratica la meditazione di consapevolezza la considera uno strumento di ricerca personale e spirituale sui temi di fondo della propria vita: i valori, le relazioni, la vecchiaia, il cambiamento e la morte. Certo, magari nel frattempo impara anche a gestire meglio lo stress.
Abbiamo scritto questo libro come un punto d’incontro. Parla ad entrambi —praticanti di Mindfulness e meditanti — perché attinge alla loro radice comune, alla consapevolezza. Non abbiamo voluto fare una sintesi; piuttosto abbiamo tentato di costruire un ponte che possa stare in piedi tra queste due sponde.
Perché c’è bisogno di consapevolezza?
SV: Secondo un grande psicoterapeuta, Victor Frankl, noi esseri umani abbiamo un insopprimibile bisogno di significato: se non integriamo le nostre azioni in una prospettiva che ci trascenda, percepiamo la nostra vita come limitata e vuota. Coltivare la consapevolezza ci apre alla ricchezza della nostra esperienza, rivelandoci che è fatta di relazioni e rapporti, e risvegliandoci alla cura per essi, cioè all’etica. Questo può aiutarci a soddisfare il nostro bisogno di significato e di infinito.
MP: Tutta la nostra esperienza è fatta di relazioni. Nasciamo e moriamo: mentre viviamo è meglio sostenerci gli uni gli altri in modo gentile, con tenerezza e rispetto. Se pensiamo poi che la consapevolezza è l’antidoto alla reattività (condizione perché l’avversione cresca) possiamo capire quanto in questo periodo la consapevolezza sia
fondamentale, quasi come l’aria o l’acqua.
Qual è stato il metodo per costruire questo percorso in 8 capitoli?
SV: Abbiamo provato a mettere per iscritto la progressione di temi, riflessioni ed esercizi che abbiamo proposto negli anni a chi veniva a praticare con noi. Abbiamo anche riflettuto su quanto abbiamo appreso come istruttori di protocolli Mindfulness, sull’efficacia di sostenere l’apprendimento rendendo esplicite le istruzioni. Poi abbiamo tenuto conto di come viene tradizionalmente insegnata la pratica della meditazione, coltivando prima
la stabilità della mente e il raccoglimento, e poi l’attenzione curiosa, aperta e non giudicante all’esperienza. Soprattutto, però, abbiamo voluto far sentire la presenza, l’amicizia e il sostegno di un gruppo a chi seguirà questo programma.
MP: Sì, abbiamo cercato realmente di trasmettere l’esperienza viva del rapporto tra istruttore e meditante. E tra amici e amiche di pratica.