Come fare la pacciamatura con materiali diversi dalla paglia
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1 anno fa
Un metodo ecologico che protegge le piante e previene diversi problemi nell’orto: scopri quali sono i migliori materiali da utilizzare
La pacciamatura, il metodo più naturale per utilizzare meno acqua e mantenere le coltivazioni protette in caso di forti gelate o siccità, è diventato indispensabile dopo gli ultimi cambiamenti climatici. Ma con qualche novità. Infatti, se per Masanobu Fukuoka la rivoluzione era nel figlio di paglia, cinquant’anni dopo è nei cippati, negli sfalci, nei rametti e... persino nelle sabbie vulcaniche!
Cos’è la pacciamatura naturale
Nell’agricoltura, la pacciamatura è l’operazione con cui si cosparge il terreno di paglia, foglie secche, letame o altra materia organica. Lo scopo dell’operazione è quello di proteggere il terreno e le coltivazioni sia dal caldo eccessivo che comporterebbe secchezza e aridità, sia dall’eccessivo freddo che arresterebbe la crescita della maggior parte dei vegetali coltivati.
Dal punto di vista della natura, la pacciamatura fa parte di un sano ciclo ecologico. Pensiamo per esempio a un bosco: le foglie cadono dagli alberi, si depositano sul terreno insieme a rami secchi, semi, gusci, deiezioni animali, corteccia ecc. Questo strato si decompone nel ciclo di poche stagioni e, grazie a insetti e microrganismi aerobi e anaerobi, forma quel substrato di humus che andrà a nutrire e rigenerare il terreno e di conseguenza le piante che vi dimorano. Questo humus a sua volta è mantenuto umido dall’ultimo strato di foglie e rametti caduti al suolo.
Perché evitare la pacciamatura sintetica
La pacciamatura è impiegata anche nella coltivazione intensiva, ma nella sua accezione peggiore: la plastica. Con orrore, questo tipo di pacciamatura ha iniziato a essere disponibile anche per hobbisti, comparendo negli orti domestici. Si tratta di fogli sottili di polietilene nero o bianco, in cui sono già presenti dei fori di distanziati per diametro e frequenza a seconda della coltivazione da impiantare. Teoricamente - e solo teoricamente! - queste plastiche manterrebbero la giusta temperatura, evitando anche la crescita di erbe infestanti. In realtà, surriscaldano il terreno, lo impoveriscono maggiormente e rendono necessario un maggiore apporto idrico, tanto da essere spesso abbinate a impianti di irrigazione a goccia. Aumentano anche l’inquinamento da microplastiche e sono riciclabili solo in appositi impianti, con ulteriore inquinamento e inutile dispendio energetico.
La pacciamatura naturale classica
La pacciamatura tradizionale di un orto naturale è una copertura in paglia ben essiccata, in genere della stagione precedente. La paglia trattiene il calore ma lascia passare acqua e umidità. Ha il grande vantaggio di essere leggera e non appesantire il terreno. Inoltre limita molto la crescita delle infestanti. Personalmente, in alcune zone particolarmente torride, ho sperimentato la pacciamatura con fieno invece che con paglia ed è andata molto meglio. In zone più umide invece è ideale la paglia, laddove il fieno marcirebbe subito.
Per limitare ancora di più le annaffiature, possiamo utilizzare anche altri tipi di pacciame, come per esempio un misto di paglia e cortecce o solo del cippato (cortecce e avanzi di legno triturati grossolanamente). Si ottiene così una maggiore umidità sottostante e una minore evaporazione dell’acqua dal terreno. Attenzione però nelle zone boschive: questo tipo di pacciamatura sviluppa una quantità di muffe e funghi così alta da non essere proprio adatta.
Il metodo BRF
BRF sta per Bois Rameaux Fragmentés, legno di rametti sminuzzati. Questo metodo impiega infatti un cippato di pezzetti di legno realizzato in proprio, in genere con materiale presente nel medesimo habitat della coltivazione.
Il terreno viene coperto con queste ramaglie fresche sminuzzate che aumentano la sua capacità di trattenere l’acqua e di conseguenza il tasso di umidità, proprio come succede nei boschi. In questo modo si può coltivare utilizzando solo l’acqua piovana o ricorrendo a rarissime annaffiature in caso di stagioni particolarmente secche.
Il metodo NOA Food
NOA sta per Nutriente, Organico e Autentico. È un progetto italiano, un metodo di coltivazione naturale basato sull’orto bio-attivo e le piante micorrizate, ovvero trattate con microrganismi effettivi. Riprende la tecnica dell’orto sinergico rialzato in bancali di Emilia Hazelip, ma con qualche miglioramento.
La terra viene arricchita con sabbie vulcaniche e cippato compostato, mentre per la pacciamatura non viene usata paglia, bensì foglie compostate o altro cippato.
Il metodo tenta in pratica di ricreare quanto avviene realisticamente in un bosco, dove tutto funziona perfettamente da milioni di anni senza l’intervento dell’uomo. L’ultimo strato superficiale, infine, viene arricchito con humus di lombrico più polvere di roccia addizionata di Microrganismi Effettivi (EM) che raggiungeranno lentamente le radici delle piante.